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‘Ladri di biciclette’, "all'altezza del miglior Chaplin"

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La Cineteca porta al Festival di Cannes il restauro del titolo simbolo del Neorealismo, Oscar come miglior film straniero nel 1950, Ladri di biciclette, per festeggiare i 70 anni dalla sua realizzazione nel 1948.
Il restauro del capolavoro di Vittorio De Sica è stato realizzato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata, promosso da Fondazione Cineteca di Bologna e Compass Film di Stefano Libassi, in collaborazione con Arthur Cohn, Euro Immobilfin, Artedis, e con il sostegno di Istituto Luce-Cinecittà.

Presentiamo qui un’antologia di voci celebri dedicata al film, proveniente dalla rassegna stampa d'epoca conservata presso il Fondo De Sica, patrimonio archivi cartacei della Cineteca di Bologna. Nella gallery che accompagna l'approfondimento, foto e grafica provenienti dall’Archivio Giuditta Rissone - Emi De Sica.


“C'è da dire e subito, che da un punto di vista puramente artistico Ladri di biciclette è cosa assai superiore, più delicata e poetica e, scusate la parola grossa, universale. […]
Non è altro che la storia d'un povero (usiamo la categoria già da tempo cara a Zavattini, cui va tanto merito di quest'opera) cui rubano la bicicletta, essenziale per il suo lavoro d'attacchino nella capitale e della sua ricerca frustrata, in compagnia del bamino, sino al disperato e inutile tentativo di rubarsene una che lo compensi e gli permetta di tornare al lavoro. È una domenica di Roma, con sole e pioggia, cucine economiche e quartieri malfamati, mercati e trattorie (abbiamo riconosciuto il Bottaro) e attraverso essa vanno i due, padre e figlio, in una delle più care e commoventi camminate della storia del cinema.
Degna, senza scherzi, di quel capolavoro che è il Monello, cui del resto è probabile che Zavattini e De Sica si siano ispirati: nulla di male, anzi. Che cosa di questa umile cronaca quotidiana abbia saputo fare De Sica vedrà ogni spettatore: non v'è un'inquadratura convenzionale, ogni gesto e sguardo è vero, ogni ambiente è paesaggio urbano e intenso di luce (o ombra) vera, ogni situazione credibile eppure patetica. Si pensa a certe minime illuminazioni psicologiche (il bambino che scappa un istante e s'accosta al muro perché, anche per l'ansia, non ne può più) alla grande lezione che Ĉechov con i suoi drammi e novelle ci ha dato. E ancora da citare la lite del padre col bambino, forse la cosa più bella del film, e tutto il resto infine: che non c'è nulla da buttare via. […]
Zavattini e De Sica ci hanno dato un film memorabile, che farà bene, speriamo, al pubblico intossicato da tante drogate scemenze. E Oscar o no, per noi il bambino è il più incantevole attore di questi anni”.


Attilio Bertolucci in Gazzetta di Parma, 27 gennaio 1949


"Se io ripenso infatti a certe sequenze di Umberto D. o di Ladri di biciclette non ho nessuna difficoltà a metterle all’altezza del miglior Chaplin. Quel Chaplin al quale per uno strano fenomeno di mimetismo, De Sica aveva finito addirittura per assomigliare fisicamente negli ultimi anni della sua vita".

Alessandro Blasetti


"C'est l'un des plus beaux films que j'ai vu depuis vingt ans!"

René Clair in Roger Régent, "Deux monstre m'obsèdent: Charlie Chaplin e René Clair", L'Ecran français, 19 aprile 1949


"Ladri di biciclette è il suo capolavoro. Ogni volta che ci penso, penso a Gide: quando, a Parigi, dopo la proiezione privata del film, André Gide, con il suo plaid di cachemire intorno alle spalle come un liturgico rocchetto, si alzò e andò ad abbracciare Vittorio, dandogli così la sua letteraria, quasi ecclesiastica benedizione. Ah, come avrei voluto essere io al posto di Vittorio! Come gli ho restituito, per quel momento supremo, l’invidia affettuosa con cui, sedici anni prima, lui soleva fissare me, un giovane letterato espulso dagli USA e disperato transfuga nel mondo del cinema".

Mario Soldati, "Il mio amico De Sica", Epoca, 23 Novembre 1974, Milano (Anno XXV, n. 1259)


"Fu quel grande attore che è stato Renato Cialente a farmi notare quanta energia e quanta determinazione c’erano in quell’attorino brillante che pareva eternamente legato alla sua parte di 'bel giovane' e di 'bon vivant'. E questa forza la si vedeva in quella che, secondo me, resta la qualità più eccezionale e tipica del De Sica regista: riusciva a fare recitare anche i paracarri. Lui fece recitare Lamberto Maggiorani, che era un operaio della Breda, e che ne ebbe un tale 'choc' che, a metà lavorazione, restò a letto per cinque giorni. Lui, in Ladri di biciclette, ha fatto ridere e piangere quel bambino, Staiola, come ha voluto. Ci sono attrici, oggi famose, che nei film di De Sica sono straordinarie e che dopo di lui non hanno più imbroccato una parte. De Sica era uno straordinario maestro di recitazione anche perché veniva dalla scuola del primo cinema, dove i registi erano anche degli attori".

Sergio Amidei da Massimo Fini, "Chi era De Sica", L’Europeo, Milano, 28 Novembre 1974

 

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