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Fondo Vittorio De Seta

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Vittorio De Seta (Palermo, 15 ottobre 1923 - Sellia Marina, 28 novembre 2011) è stato uno dei maggiori registi italiani, soprattutto nel campo del documentario.
Alla fine della guerra, dopo due anni passati in prigionia, s’iscrive a Roma alla facoltà di architettura, prima di scoprire che la sua vera vocazione è il cinema. Tra il 1954 e il 1959 realizza una decina di cortometraggi documentari (tutti autofinanziati), girati tra Sicilia, Sardegna e Calabria che ottengono premi a festival del cinema quali Cannes, Mannheim, Bergamo, Trento e Firenze (Festival dei Popoli). L’attesa per il suo primo lungometraggio non viene tradita: Banditi a Orgosolo (1961) vince il premio come Opera Prima al Festival di Venezia (oltre al Premio Flaherty) e rende il nome di De Seta famoso nel mondo.
Col secondo film, Un uomo a metà (1966), spiazza tutti. Per quanto Banditi era plasmato e strutturato sull’indagine di una realtà esterna, il secondo film è un viaggio nel disagio interiore. Il protagonista, Jacques Perrin, arriva a vincere a Venezia la Coppa Volpi come miglior attore, ma il film non piace a nessuno. Con le eccezioni, va detto, di Moravia e Pasolini. La lucidità nel taglio delle immagini e la nitidezza della fotografia (mai calligrafica, sostiene Pasolini) sono le stesse in entrambi i film, ma l’argomento è così distante da mandare in confusione pubblico e critica.
Il terzo film va peggio. L’invitata (1969), su un soggetto di Tonino Guerra e Lucile Laks, è la prima occasione in cui De Seta si trova a lavorare con una produzione commerciale. Non arriva neanche a montarlo fino alla fine.
Ci vogliono quattro anni prima che riesca a riprendersi dalla delusione e dai suoi fantasmi personali (dalla fine degli anni Sessanta ha iniziato un percorso psicanalitico con Ernst Bernhard, psicanalista junghiano). Il ritorno sulle scene è comunque clamoroso: si tratta di Diario di un maestro (1973), quattro puntate televisive su un’esperienza didattica in una borgata romana, ispirate al libro di Albino Bernardini Un anno a Pietralata. Una miniserie che rimane una pietra miliare nella storia della tv italiana.
Da lì De Seta comincia una carriera saltuaria di autore televisivo, costellata anche da progetti mai realizzati. In particolare passa molto tempo a scrivere una sceneggiatura sulla vita di Paolo di Tarso. Un lavoro monumentale in sei puntate che non vedrà mai la luce.
De Seta comincia progressivamente ad allontanarsi dal mondo del cinema, complice anche il lutto che lo colpisce: la morte della moglie nel 1980.


Nata a Bari il 26 maggio 1928, Vera Gherarducci si trasferisce a Roma nel 1950 per seguire i corsi di recitazione presso la Regia Accademia d’Arte Drammatica di Silvio D’Amico. Inizia così una carriera di attrice che la porta, tra le altre cose, al ruolo di Rosaria Stigliano in Famiglia mia di e con Eduardo De Filippo che esordisce al teatro Eliseo di Roma il 16 gennaio 1955. Tredici giorni dopo sposa Vittorio De Seta, all’epoca un giovane di belle speranze che non ha ancora girato un metro di pellicola o quasi. Da quel momento Vera abbandona il palcoscenico per lavorare col marito. Sarà assistente in diversi documentari, poi co-sceneggiatrice dei suoi primi tre film. Difficile sottovalutare l’apporto intellettuale e umano di Gherarducci all’opera di De Seta. Così come è difficile scacciare il sospetto che abbia sacrificato una promettente carriera d’attrice sull’altare di quella del marito. A parziale smentita di questa ipotesi di “appiattimento” sta il fatto che Gherarducci comunque tra il 1962 e il 1970 pubblica due raccolte di poesie: Le giornate bianche (1962) con la prefazione di Nelo Risi e Giorno unico (1970) con la prefazione di Pier Paolo Pasolini. Quel che è incontestabile è che dalla morte di Vera fino al 1993, De Seta non gira più nulla se non un documentario per la tv intitolato Un carnevale per Venezia (1983).
Ancor più travagliata è la vicenda di Lettere dal Sahara (2006), il suo ultimo lavoro. Girato in digitale tra Italia e Senegal, il film soffre di un problema tipico di chi lavora in digitale: la quantità di ore girate è esorbitante. De Seta ci mette dei mesi per arrivare a un montaggio di durata accettabile, ma nel frattempo la produzione si spazientisce e gli blocca il film. Il caso diventa internazionale. Da Citto Maselli a Martin Scorsese (che scrive addirittura una lettera al Presidente della Repubblica Ciampi), in tanti cercano di risolvere la situazione così che il film possa uscire in tempo per il Festival di Venezia di quell’anno. Anche qui l’accoglienza non è delle migliori. Perfino l’amico Goffredo Fofi, storico e critico cinematografico, salva la prima e la terza parte, ma trova quella di mezzo troppo didascalica.
È l’ennesima delusione per un regista anomalo, che non si è mai piegato alle ragioni del successo commerciale, ma che al contempo non ha mai mancato occasione per rendersi la vita e la carriera invivibili.

Il fondo

Il Fondo De Seta consta di circa 200 fascicoli che coprono l’intera carriera dell’autore, dai primi cortometraggi fino a Lettere dal Sahara. Soggetti, sceneggiature (realizzate o meno), lavori preparatori di documentazione, diari di lavorazione, appunti, articoli dell’autore pubblicati su riviste, rassegne stampa nazionali e internazionali, scambi epistolari ne costituiscono il nucleo.
Francesca, la figlia del regista, ha lasciato alla cineteca di Bologna anche alcuni diari che De Seta ha scritto tra il 1947 e il 1997; in un flusso continuo, si alternano riflessioni personali a considerazioni sui film a cui stava lavorando e sul cinema. Per ragioni di privacy, non sono accessibili al pubblico.
Tra la corrispondenza segnaliamo che per gentile concessione di Vito Catalano della Fondazione Leonardo Sciascia (Racalmuto), l’archivio De Seta si è arricchito di quattro lettere che il regista ha inviato allo scrittore tra il 1967 e il 1978. A questi preziosi materiali si aggiungono le fotocopie delle due raccolte di poesie di Vera Gherarducci e quelle delle raccolte di poesie di Antonino Uccello a cui De Seta ha dedicato un documentario nel 2003.

Info

Il fondo è consultabile su appuntamento, contattando:
michela.zegna@cineteca.bologna.it
Tel. 051 2195318

Per finalità di studio e ricerca è possibile richiedere a pagamento la duplicazione digitale o in fotocopia di 20 pagine di documenti originali. Nel caso di richiesta di riproduzione di originali per altre finalità, la Cineteca fornirà un preventivo dei costi, nel rispetto della legge vigente sulla tutela del diritto d'autore.   

Galleria fotografica

1. Appunti manoscritti di Vittorio De Seta sullo sviluppo della sceneggiatura di Banditi a Orgosolo (1961).
2. Storyboard di alcune scene del film L’invitata (1969).
3. Copertina del giornalino realizzato dai bambini della classe 5°C, protagonisti della serie televisiva in quattro puntate, Diario di un maestro (1973). Nella prima di copertina si legge: “Noi abbiamo deciso di fare questo giornalino per far capire agli altri la situazione del [quartiere] Tiburtino III”. 
4. Dalla raccolta di rassegna stampa su Diario di un maestro, una lunga intervista su “Paese Sera” di Ivano Cipriani a Vittorio De Seta su come è stato concepito e girato questo film televisivo, 11 febbraio 1973.
5/6. Lettera di Martin Scorsese al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, 13 settembre 2005. Scorsese prega il Presidente di intervenire affinché le difficoltà sopravvenute durante la produzione dell’ultimo film di De Seta, Lettere dal Sahara (2006), possano essere al più presto superate.  

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