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La scoperta del Fondo De Sica

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Vedere scorrere sotto i propri occhi le lettere di Soldati, Zavattini, Cocteau, le sceneggiature di Ladri di biciclette, della Ciociara, la rassegna stampa d'epoca, le migliaia di fotografie, i dischi, gli oggetti di scena, i premi che compongono l'archivio di uno degli autori più illustri del cinema italiano, Vittorio De Sica, è stata un'emozione fortissima.

Da questa scoperta, nel 2013 è nata la mostra intitolata Tutti De Sica, curata dalla Cineteca di Bologna; per la prima volta sono stati esposti i tesori di questo archivio al Museo dell'Ara Pacis.

Nel 2016, gli eredi decidono di affidare l'intero fondo alla Cineteca di Bologna. La denominazione esatta è "Archivio Giuditta Rissone - Emi De Sica" perché è grazie alla prima moglie di De Sica, Giuditta Rissone, e successivamente a sua figlia Emi e a suo marito Sergio Nicolai, che si è preservata la memoria di uno dei più grandi artisti del novecento italiano.

Nei giorni scorsi è uscito sulle pagine di Il Sole 24 Ore l'articolo "Albeggiare alla Thomas Mann" dedicato a Vittorio De Sica e firmato da Angelo Varni (nella gallery in basso), da cui estrapoliamo la splendida lettera scritta nel 1948 da Mario Soldati e indirizzata a De Sica, in occasione dell'uscita nelle sale di Ladri di biciclette:

 


"Carissimo,
mi parlarono, come capirai, in modo enorme del tuo film.
Non venni perché avevo paura fosse troppo bello. Ebbi, domenica, molte telefonate. Soffrivo d'invidia. Non volevo andarlo a vedere.
Naturalmente, sono poi stato alla prima al Barberini, sperando che fosse un po' meno bello di quello che mi avevano detto. Invece è più bello ma in altro modo. Ancora ti ripeti, sei come Verdi e Chaplin. Non ragioni: senti.
Anni fa ti dissi che non capivi niente, e dissi che molte volte i geni non capiscono niente, perché sentono, perché vedono. Ora ti dirò una cosa sola. Tu 'albeggi'. Noi (tutti noi registi italiani) 'tramontiamo'. Un po', come te, Einaudi 'albeggia'. Ma meno di te. È ancora un po' sentimentale. Tu no. Un popolo sorge. Un popolo dell'Italia Centro meridionale. E un popolo tramonta: la borghesia dell'Italia settentrionale. Io, che a quella appartengo, capisco, ma soffro, e non ho la forza irriverente di guardare soltanto all'avvenire.
Telefonami. Soffro. Ciao."




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