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Franca Faldini intervista Cesare Zavattini

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Dopo una breve introduzione dove si scopre che entrambi hanno radici mantovane, Zavattini racconta dell'inizio del suo sodalizio con De Sica, a Milano nel 1939, dove lui è di passaggio come attore nella compagnia che ha con Giuditta Rissone e Umberto Melnati. Da subito simpatizzano perché Vittorio De Sica gli compra il racconto Diamo a tutti un cavallo a dondolo, che mai viene realizzata ma ispira successivamente Totò il buono e quindi Miracolo a Milano. L'inizio della collaborazione come sceneggiatore con De Sica avviene con I bambini ci guardano. Straordinario il rapporto con il regista: lavorano insieme con memorabile soddisfazione reciproca, anche se hanno caratteri profondamente diversi che, a volte, conducono a contrasti e dissapori. Racconta poi del film La porta del cielo e della difficoltà della lavorazione, avvenuta in tempo di guerra. Evita, invece, il tema del rapporto tra il Neorealismo e le sceneggiature di Sciuscià e Miracolo a Milano.
Parla dei rischi che si corrono in Italia a dire quello che si pensa, e spiega come dal 1943 c'è il suo continuo tentativo di recuperare il tempo perduto ai tempi del fascismo identificando nel Neorealismo la presa di coscienza sua e dell’Italia intera. Spiega qual è per lui la differenza tra racconto scritto a tavolino e quello scritto per immagini, parlando anche del rapporto tra testo e regia. Fondamentale il suo contributo all’ideazione di Miracolo a Milano, ricorda dei timori alla regia di Vittorio De Sica e dei loro sforzi di comprensione reciproca. Infine, il lavoro al soggetto di Bellissima, dove partecipa alla chiacchierate con il gruppo di Visconti: Francesco Rosi, Suso Cecchi D’Amico, Mario Chiari.