Franca Faldini intervista Gian Maria Volonté
Inizia a recitare a 18 anni con una compagnia teatrale itinerante, poi si iscrive all’Accademia di arte drammatica a Roma. Si riconosce di più nella scuola del Piccolo Teatro di Milano piuttosto che in quella di Visconti. Breve ricordo di Strehler e del grande affetto avuto per lui. La prima esperienza di teatro politico (anche se "tutto il teatro è politico") è con Sacco e Vanzetti.
Il debutto nel cinema avviene con Dieci bandiere di Duilio Coletti, a seguire, Il terrorista di Francesco De Bosio e Un uomo da bruciare dei Fratelli Taviani e Valentino Orsini. Racconta di come si prepara a interpretare un personaggio, e della differenza tra personaggi di invenzione e quelli realmente vissuti. La partecipazione a numerosi western di successo aumenta il suo potere contrattuale: si diverte molto a farli e considera Leone un uomo molto simpatico e un regista competente. Un accenno alla vita privata e alla sua relazione con Carla Gravina che suscita scandalo per la mentalità dell’epoca.
Dopo aver citato L'armata Brancaleone, "film straordinariamente esagerato", si sofferma sul suo lavoro con Lizzani, in particolare per Banditi a Milano (sulla banda Cavallero): girato a ridosso dei fatti di cronaca raccontati e per questo privo della "giusta distanza" e con scarso approfondimento dei protagonisti. Parla delle sceneggiature di Il caso Mattei e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto dove lo scambio e la maturazione reciproca attore/regista avviene lavorando insieme nel tempo. "C’è del mistero nel lavoro dell’attore", citando anche Totò, ma conclude dicendo che vuole lasciare tale questo mistero.
Differenti i ritmi dell’attore nel cinema e nel teatro, esemplare il caso di Sacco e Vanzetti, recitato sia sul palcoscenico che dietro la macchina da presa, una volta come Sacco e l’altra come Vanzetti. Breve excursus su altri suoi film fino a citare Il sospetto di Maselli e la sua militanza politica nel PCI. Infine, un accenno ai documentari realizzati nelle fabbriche e nelle scuola occupate e al breve girato con Petri sulle tre versioni della morte di Pinelli.
Il debutto nel cinema avviene con Dieci bandiere di Duilio Coletti, a seguire, Il terrorista di Francesco De Bosio e Un uomo da bruciare dei Fratelli Taviani e Valentino Orsini. Racconta di come si prepara a interpretare un personaggio, e della differenza tra personaggi di invenzione e quelli realmente vissuti. La partecipazione a numerosi western di successo aumenta il suo potere contrattuale: si diverte molto a farli e considera Leone un uomo molto simpatico e un regista competente. Un accenno alla vita privata e alla sua relazione con Carla Gravina che suscita scandalo per la mentalità dell’epoca.
Dopo aver citato L'armata Brancaleone, "film straordinariamente esagerato", si sofferma sul suo lavoro con Lizzani, in particolare per Banditi a Milano (sulla banda Cavallero): girato a ridosso dei fatti di cronaca raccontati e per questo privo della "giusta distanza" e con scarso approfondimento dei protagonisti. Parla delle sceneggiature di Il caso Mattei e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto dove lo scambio e la maturazione reciproca attore/regista avviene lavorando insieme nel tempo. "C’è del mistero nel lavoro dell’attore", citando anche Totò, ma conclude dicendo che vuole lasciare tale questo mistero.
Differenti i ritmi dell’attore nel cinema e nel teatro, esemplare il caso di Sacco e Vanzetti, recitato sia sul palcoscenico che dietro la macchina da presa, una volta come Sacco e l’altra come Vanzetti. Breve excursus su altri suoi film fino a citare Il sospetto di Maselli e la sua militanza politica nel PCI. Infine, un accenno ai documentari realizzati nelle fabbriche e nelle scuola occupate e al breve girato con Petri sulle tre versioni della morte di Pinelli.