Franca Faldini intervista Carlo ed Enrico Vanzina
Entrambi figli di Steno, Carlo inizia a lavorare nel cinema come assistente alla regia di Monicelli. Pur aiutato nella carriera dall’esperienza e dalle conoscenze del padre, soffre, come molti figli d’arte, per gli inevitabili e continui paragoni. Polemico nei confronti di certa critica che tende a snobbare la commedia, reclama la necessità di una critica costruttiva. Ritiene inoltre che molti produttori siano nocivi alla riuscita di un buon film perché solo alla ricerca della "risata facile" e alla rincorsa delle mode del momento. Per questo, insieme al fratello Enrico, decide di fare il produttore in proprio, con l’appoggio della Titanus come distribuzione. Sente la mancanza dei produttori di una volta, come Ponti e De Laurentiis, che avevano una mentalità più internazionale, sostenendo che la tendenza del momento sia quella di non avere fiducia nel potenziale di esportazione di certi prodotti. Ritiene che, a differenza degli Stati Uniti, in Italia non ci sia fiducia sul futuro del cinema e poca professionalità degli attori. Non ha un regista di riferimento perché i suoi film sono molto disomogenei: vuole divertirsi ed essere libero di fare il verso alle mode cinematografiche (fa l'esempio del suo film I fichissimi che è una West Side Story all’italiana). Parlando di attori che hanno lavorato con lui cita Pozzetto e Calà, e pensa che non vogliano interpretare ruoli drammatici per non tradire il loro pubblico; altri invece come Troisi, Benigni e Nuti cercano di far entrare nei loro film sia il comico che il drammatico. Preferisce la commedia di costume, destinata a rimanere nel tempo, piuttosto che quella attuale destinata a essere buttata; tra i film da buttare mette anche tutti i suoi, tranne Sapore di mare.
Enrico Vanzina ragiona sul perché, dal 1968, non ci sia stato un cambio generazionale tra gli sceneggiatori. Ora però vede una grande rivalutazione della scrittura e, insieme a Pirro, Loy e Benvenuti, fonda la scuola "Cooperativa cinema democratico". Racconta da dove prende ispirazione per le sue sceneggiature: soprattutto osservando le piccole cose del quotidiano, i comportamenti delle persone comuni e stando in mezzo alla gente il più possibile.
Enrico Vanzina ragiona sul perché, dal 1968, non ci sia stato un cambio generazionale tra gli sceneggiatori. Ora però vede una grande rivalutazione della scrittura e, insieme a Pirro, Loy e Benvenuti, fonda la scuola "Cooperativa cinema democratico". Racconta da dove prende ispirazione per le sue sceneggiature: soprattutto osservando le piccole cose del quotidiano, i comportamenti delle persone comuni e stando in mezzo alla gente il più possibile.