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Franca Faldini intervista Mario Monicelli

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Il regista racconta, in un clima assolutamente informale, il suo ingresso nel mondo del cinema fin da giovanissimo: gira, infatti, il suo primo film a soli 19 anni, I ragazzi della via Pal, in 16mm a passo ridotto, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1935. Parla poi della solida amicizia e collaborazione artistica con Pietro Germi (come aiutoregista), dei rapporti con i produttori e, soprattutto dei problemi con la censura, in particolare per Totò e Carolina e Guardie e ladri.
Analizza la relazione tra neorelismo e cinema comico, racconta di Totò, uomo e attore, del bel rapporto con Aldo Fabrizi, condendo le storie con aneddoti sulla realizzazione dei suoi film
, soprattutto I soliti ignoti. Si sofferma sulla nascita dei filoni cinematografici, inventati dagli americani ma adottati anche in Italia per industrializzare il cinema. Poi, Lattuada che, con il suo sguardo dissacratorio sul boom economico degli anni ‘60, tenta di abbattere i tabù legati al sesso e di scoperchiare gli intrallazzi e la corruzione della politica, facendo quindi un uso sociale della commedia.
Considera i suoi film come più acri e corrosivi rispetto a quelli di Comencini o Risi, dispiacendosi per le accuse di qualunquismo rivolte a Un borghese piccolo piccolo. Per la rinascita della commedia nutre molta speranza nei registi giovani (apprezza Nanni Moretti e il suo Ecce Bombo) che dovrebbero occuparsi della realtà contemporanea. Si rammarica di tutte le pressioni economiche esercitate sulla libertà artistica dei registi e ribadisce il suo interesse per le tematiche sociali che la commedia dovrebbe continuare a perseguire. Infine, il suo bellissimo rapporto con De Sica e altri aneddoti su alcuni attori minori con cui ha lavorato.