Biblioteca

Franca Faldini intervista Alfredo Bini

Bookmark and Share
Appena giunto a Roma, da Gorizia, nel 1945, trova subito lavoro come figurante nell'opera per diventare, poco dopo, direttore del teatro dell’Università, dando all’attività un'impronta sperimentale e d’avanguardia. Alcuni anni dopo fonda una cooperativa con Germi, Monicelli, Fellini e Bolognini, germe della sua professione di produttore. Dà vita al Teatro dei Satiri con Castellani in un periodo in cui a Roma c’è un gran fermento culturale (dal 1945 al 1958).
L’esordio vero e proprio nella produzione avviene con Il bell'Antonio di Bolognini, film fortemente osteggiato dalla censura. Tutto il racconto di Bini è punteggiato di aneddoti e fatti spiritosi come quando raggiunge Jean-Paul Belmondo a Parigi, nonostante avesse appena avuto un incidente automobilistico. Grande viaggiatore, Bini si addentra anche nell’analisi sociale e antropologica dei luoghi visitati. Fonda poi un'altra cooperativa, la Film Cinque, con Comencini, Age e Scarpelli. Parlando del suo mestiere di produttore si sofferma anche su alcune realtà internazionali, a lui ben conosciute. Centrale il suo rapporto con Pasolini per La ricotta (che gli costa un processo per vilipendio), Accattone e Uccellacci e uccellini: Bini ammira Pasolini ma non riesce a entrare in sintonia con lui come del resto con Godard, sottolineando un reciproco disinteresse.
Scomunicato per La mandragola, racconta delle due settimane passate a Urbino per girare con Totò, che allora era in decadenza e nessuno voleva più sul set. Lunga è la parentesi su Rosanna Schiaffino (sua ex-moglie) e sui film girati insieme (La mandragola, L'avventuriero, La corruzione, La betìa). Ulteriori problemi con la censura per la produzione dei primi film erotici italiani, Bora Bora e Satyricon.
L'intervista si chiude con l'aneddoto di come riesca a portare i giornalisti alla Mostra del cinema di Venezia, per Pasolini, grazie all’intervento dei pittori Guttuso e Maccari.