Progetto Chaplin: dossier Florey
Programmazione
Tra il maggio e l’autunno del 1946 Robert Florey lavorò come assistente alla regia di Charlie Chaplin al film Monsieur Verdoux. Di quei mesi conserviamo tra l’altro alcune lettere all’amico e confidente Maurice Bessy (editore della rivista “Cinémonde”, collezionista, collaboratore di Welles e Duvivier, uomo di cinema…) con il quale qualche anno dopo Florey firmerà il libro Monsieur Chaplin ou le rire dans la nuit. Nessuno di esterno ai fedelissimi - Reeves, Bergman, Totheroh e pochi altri - era stato fino a quel momento così vicino a Chaplin da poterne raccontare le zone d’ombra, i malumori e le insicurezze.
Florey era senz’altro consapevole dell’eccezionalità della sua posizione tanto che arrivò a far stenografare le indicazioni (e le imprecazioni) di Chaplin ai suoi collaboratori durante una delle scene girate insieme. Eppure dalla corrispondenza con Bessy dallo scrapbook di disegni, schizzi, appunti, presumibilmente sottratti dal set, trapela ancora l’ammirazione incondizionata di Florey per ‘Charlot’ come lo chiama, o ‘le vieux Maître’.
Siamo nel 1946 e forse per la prima volta Chaplin, che aveva incarnato i suoi tempi come nessun altro prima di lui (“come se il ritmo stesso del suo corpo in movimento fosse quello del mondo” aveva detto Cocteau) avvertiva uno scollamento dal cinema e dal linguaggio del cinema, dalla sua epoca e dal ‘Sistema America’. Verdoux è la metamorfosi di Charlot nel suo contrario” scriverà Bazin. L’occhio di Florey registrò questa metamorfosi.
Florey era senz’altro consapevole dell’eccezionalità della sua posizione tanto che arrivò a far stenografare le indicazioni (e le imprecazioni) di Chaplin ai suoi collaboratori durante una delle scene girate insieme. Eppure dalla corrispondenza con Bessy dallo scrapbook di disegni, schizzi, appunti, presumibilmente sottratti dal set, trapela ancora l’ammirazione incondizionata di Florey per ‘Charlot’ come lo chiama, o ‘le vieux Maître’.
Siamo nel 1946 e forse per la prima volta Chaplin, che aveva incarnato i suoi tempi come nessun altro prima di lui (“come se il ritmo stesso del suo corpo in movimento fosse quello del mondo” aveva detto Cocteau) avvertiva uno scollamento dal cinema e dal linguaggio del cinema, dalla sua epoca e dal ‘Sistema America’. Verdoux è la metamorfosi di Charlot nel suo contrario” scriverà Bazin. L’occhio di Florey registrò questa metamorfosi.