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Daria Nicolodi e l'inquietudine della donna moderna

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Con la scomparsa di Daria Nicolodi, se ne va un'idea di donna e di attrice inusuale per la cultura italiana. Musa ispiratrice e attiva collaboratrice di Dario Argento, la Nicolodi si è conquistata il ruolo di diva di culto del genere horror.
In un'intervista apparsa su "L'Ecran Fantastique" del marzo 1985, l'attrice ricorda il suo debutto con Argento in Profondo rosso (1975): «Il mio personaggio era una giornalista, una figura molto mascolina. Non si era mai visto un personaggio simile in Italia, in quegli anni. In questo film il mio personaggio rappresentava Dario così come era quando esercitava la professione del giornalista: di un nervosismo esasperato, quasi frenetico».
Il talento di questa attrice si è rivelato molto presto. Giovanissima entra all'Accademia di arte drammatica di Roma, debuttando nel 1968 in Calendai, del maestro Ronconi. Nel 1970, partecipa al varietà televisivo Babau, diretto da Vito Molinari e scritto da Paolo Poli e Ida Omboni; per i contenuti dissacranti la Rai lo strametterà soltanto sei anni più tardi.
Il cinema italiano engagé e d'autore, non tarda a notare la sua personalità e la sua bellezza "per nulla canonica, pochissimo italiana, di matrice europea, addirittura liberty o preraffaelita" (G. A. Nazzaro,  in "Il Manifesto", 27 novembre 2020). La Nicolodi debutta nel film Uomini contro (1970) di Rosi, poi recita in Salomé (1972) di Carmelo Bene e infine in La proprietà non è più un furto (1973) della coppia Pirro/Petri.
Presentato alle "Giornate" di Venezia – sono gli anni della contestazione e dei "contro Festival" – il film viene accolto gelidamente dalla critica di sinistra – ma la grande prova di attrice della Nicolodi nei panni di Anita, la donna-oggetto, non passa inosservata. Lietta Tornabuoni, sulle pagine di "La Stampa" (5 settembre 1973) riporta lo spietato monologo interpetato brechtianamente dalla Nicolodi; non si discosta neppure di una virgola rispetto alla versione che si trova nella sceneggiatura che precede la realizzazione del film, come si evince dalle pagine estratte dal fondo Ugo Pirro, custodite presso la Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca.
La Tornabuoni evidenzia come questo sia l'unico film che "insieme a tante altre cose offre alcune tra le rare scene d'amore presentate agli spettatori di Venezia. Dilemmi delle donne e grovigli del sesso sono quasi assenti dalla manifestazione, dove è invece possibile identificare quali siano oggi i due 'filoni' principali del cinema impegnato: l'antifascismo vecchio e nuovo (soprattutto vecchio) e i giganti del passato (Campanella, Empedocle e Evariste Galois)".
Dalle pagine di "Il Giorno", Natalia Aspesi fa eco alla Tornabuoni, esortando le donne ad andare a vedere il film di Petri perché "contiene la più triste, umiliante, disperata scena sessuale: la bianca, vinta, consapevole attrice Daria Nicolodi abbracciata a Ugo Tognazzi, omaccione opaco, meccanicamente paga la sua condizione di cosa comprata rispondendo sempre, alle domande di potere di lui: «Chi è il più virile, chi è il più gagliardo, chi è il re?». «Tu, tu, tu!». Fino a quando l'omaccio le chiede «Chi è il più infelice?» e lei gli grida piangendo «Io!». Ma anche sull'infelicità lei non ha diritti: il padrone dei sentimenti, l'unico che può dichiararsi infelice, è ancora lui. Nel  film di Petri, il sesso è sempre un'appropriazione, un mezzo di scambio feroce".


Articolo a cura di Michela Zegna, responsabile archivi cartacei della Cineteca di Bologna

Consigliamo anche la visione del monologo da La proprietà non è più un furto e l'intervista a Daria Nicolodi a proposito di Profondo rosso, realizzata nel 2010 da Stracult.


Nella gallery seguente:

- Monologo di Daria Nicolodi nel ruolo di Anita, estratto dalla sceneggiatura originale di La proprietà non è più un furto (1973) di Pirro/Petri, fondo Ugo Pirro, Cineteca di Bologna
- N. Aspesi, "Il sesso non si vede ma se ne discute", Il Giorno, 9 settembre 1973, fondo Calendoli, Cineteca di Bologna
- L. Tornabuoni, "Quella scandalosa gente del cinema", La Stampa, 5 settembre 1973, fondo Calendoli, Cineteca di Bologna
- C. Cosulich, "Petri alla caccia dell'Orso", Paese Sera, 2 luglio 1973, fondo Calendoli, Cineteca di Bologna

Galleria Fotografica