THE WANDERING JEW
(GB/1933) di Maurice Elvey (110')
Sog.: dalla pièce The Wandering Jew (1921) di E. Temple Thurston; Scen.: H. Fowler Mear; F.: Sydney Blythe; Mo.: Jack Harris; Scgf.: James A. Carter; Co.: Lady Queensberry; Mu.: Hugo Riesenfeld; Int.: Conrad Veidt (l'ebreo errante), Primo episodio: Maria Ney (Judith), Cicely Oates (Rachel), Basil Gill (Ponzio Pilato), Secondo episodio: Anne Grey (Joanne De Beaudricourt), Bertram Wallis (Principe Boemund), Hector Abras (Issachar), Dennis Hoey (de Beaudricourt), Jack Livesey (Duca Godfrey), [Kenji] Takase (Phirous), Terzo episodio: Joan Maude (Gianella), John Stuart (Pietro Morelli), Arnold Lucy (Andrea Michelotti), Quarto episodio: Peggy Ashcroft (Olalla Quintana), Francis L. Sullivan (Juan de Texada), Felix Aylmer (Ferara), Ivor Barnard (Castro), Abraham Sofaer (Zapportas), Stafford Hilliard (Juan), Robert Gilbert (primo monaco), Conway Dixon (secondo monaco); Prod.: Julius Hagen per Twickenham Film Studios Productions; Pri.pro.: 20 novembre 1933 (Londra)
35mm. L.: 3018 m. D.: 110'. Bn. Versione inglese / English version
Da: BFI National Archive
The Wandering Jew, basato sul popolare testo teatrale di E. Temple Thurston, parla dell'espiazione di un ebreo ma la situa in quattro diversi contesti storici contrassegnati da periodi di crisi nei rapporti tra cristiani ed ebrei, dove l'ebreo errante diventa un rappresentante della sua razza. In passato Elvey aveva realizzato una riuscitissima versione muta dell'opera di Temple Thurston, ma i recenti fatti europei rendevano il tema molto più sensibile rispetto agli anni Venti. Le notizie su ciò che stava accadendo nella Germania di Hitler giungevano grazie al flusso regolare di espatriati, molti dei quali facevano parte dell'ambiente del cinema. Date le tematiche
dell'intolleranza religiosa e dell'odio razziale trattate nel film, l'assenza di qualsiasi riferimento alla loro ricomparsa in una forma particolarmente virulenta non giovò alla credibilità dell'opera. Questa assenza,tuttavia, era indubbiamente dovuta apressioni politiche, anche se passive e indirette. Nel suo libro The Age of the Dream Palace Jeffrey Richards analizza il modo in cui il British Board of Film Censors trattava la Germania prima della Seconda guerra mondiale e dimostra chiaramente che l'organo di censura britannico non
consentiva alcuna allusione alla situazione tedesca contemporanea. A tale proposito cita l'esempio degli Ostrer e di Jew Süss (anch'esso interpretato da Conrad Veidt e girato nel 1933), dove il solo riferimento consentito alla Germania di allora era contenuto nei titoli: "1730-1830-1930. Ci 231 perseguiteranno sempre". E in Jew Süss tutte le allusioni all'antisemitismo si limitavano a precisi contesti storici; la possibilità di mettere in relazione il passato e il presente era lasciata completamente agli spettatori. [...] Le prime tre storie che compongono il film si sviluppano lentamente e mancano di forza narrativa e di tensione drammatica; l'episodio finale è molto toccante, ma giunge troppo tardi per compensare la mediocrità di ciò che lo precede. A tratti il film dà l'impressione di essere un muto cui siano stati aggiunti i dialoghi. Offre comunque a Conrad Veidt l'opportunità di esibire il proprio controllo assoluto dell'arte della recitazione cinematografica e di creare il ritratto convincente di un uomo spiritualmente tormentato.
(Linda Wood, The Commercial Imperative in the British Film Industry; Maurice Elvey, a Case Study, British Film Institute, London 1987)
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