Martedì 28 giugno 201116.30
Cinema Lumière - Sala Scorsese

Dossier Agfacolor

Un semplice sistema per i film a colori a cura di Gert Koshofer
I primi film in Agfacolor - Registi, celebrità, tendenze a cura di Friedemann Beyer

Introdotto nel 1939, l'Agfacolor fu il primo processo negativo/positivo con sviluppo cromogeno di pellicole cinematografiche multistrato. Durante la Seconda guerra mondiale il procedimento fu usato per 13 film a colori. Dopo il 1945 dall'Agfacolor furono derivate altre pellicole a colori tra cui la Ferraniacolor. La conferenza di Gert Koshofer riguarda la storia tecnica dell'Agfacolor. Il suo primo uso in un lungometraggio risale al film dell'UFA Frauen sind doch bessere Diplomaten. I precursori dell'Agfacolor erano sistemi a due colori come l'Ufacolor, il processo di stampa tricromatico Gasparcolor e il complicato sistema Agfa Pantachrom. L'Agfacolor ebbe il sopravvento grazie al suo procedimento relativamente semplice. Fu una vera sensazione, soprattutto rispetto al Technicolor. Lo sviluppo e l'introduzione dell'Agfacolor erano stati promossi dal governo tedesco e in particolare dal Ministro della propaganda del Terzo Reich Joseph Goebbels, il quale era convinto che i film a colori tedeschi avrebbero presto potuto competere con le produzioni di Hollywood. Con l'eccezione di Kolberg di Veit Harlan, la maggioranza dei film a colori tedeschi prima del 1945 era costituita da commedie musicali (come Die Fledermaus), favole (come Münchhausen) o melodrammi (come Opfergang). Questi film ebbero un successo commerciale enorme non solo in Germania ma in tutta Europa, compresi i Paesi neutrali. Facendo riferimento alla specifica situazione bellica, Friedemann Beyer presenta i più importanti lungometraggi tedeschi in Agfacolor tra il 1939 e il 1945, soffermandosi su registi, celebrità e tendenze e collocando queste opere nella battaglia per la conquista del predominio sugli schermi europei. In collaborazione con il collezionista Michael Krüger, Gert Koshofer e Friedemann Beyer hanno recentemente pubblicato un libro sull'Agfacolor: UFA in Farbe, Technik, Politik und Starkult zwischen 1936 und 1945 Collection Rolf Heyne, München 2010.
(Gert Koshofer, Friedemann Beyer)

OPFERGANG
(Germania/1944) di Veit Harlan (93')

T. it.: La prigioniera del destino; Sog.: dal romanzo di Rudolf G. Binding; Scen.: Veit Harlan, Hans Radtke; F.: Bruno Mondi; Mo.: Friedrich Karl von Puttkamer; Scgf.: Eric Holder; Mu.: Hans-Otto Borgmann; Su.: Heinz Martin; Int.: Carl Raddatz (Albrecht Froben), Kristina Söderbaum (Äls Flodéen), Irene von Meyendorff (Octavia Froben), Franz Schafheitlin (Matthias), Ernst Stahl-Nachbaur (Terboven), Otto Treßler (Senatore Froben), Annemarie Steinsieck (Sig.ra Froben), Edgar Pauly (domestico), Charlotte Schultz (bambinaia), Ludwig Schmitz, Frida Richard (Sig.ra Steinhamp), Paul Bildt; Prod.: Universus Film (UFA); Pri. pro.: 2 ottobre 1944 
35mm. L.: 2552 m. D.: 93'. Col. Versione tedesca / German version Da: Deutsches Institut für Filmkunde

Alcuni potrebbero attribuire al film un certo fondo di ideologia nazista, nondimeno resta il fatto che per la sua forma Opfergang sia uno dei più bei melodrammi girati nel periodo 1933-1945. Certo, i suoi personaggi sono caratterizzati in modo marcato: ma non lo sono sistematicamente in questo genere di cinema? Curiosamente, il tema dell'adulterio costituisce qui l'argomento principale del film, mentre un simile soggetto non era particolarmente gradito fra le tematiche naziste. In seguito, Harlan si spinge fino ad un'accettazione implicita di questo "ménage à trois" quando, quasi alla fine del film, Octavia prende il posto di suo marito per andare a salutare Aels. Tutto ciò rientra nella grande tradizione del mélo dove non manca nulla: dimore sontuose, l'eroina che suona il piano in un interno borghese... Forse si potrebbe rimproverare a Harlan, che qui rifiuta l'ideologia guerriera, l'aspetto un po' puerile di certi effetti ma non si deve dimenticare che si tratta di un'opera tipicamente germanica che obbedisce a certi temi popolari, non per forza i nostri. Girato nel 1944, in pieno caos, il film apportava una sorta di sogno sublimato a cui lo spettatore tedesco, che stava vivendo un incubo reale di cui egli stesso era in parte responsabile, domandava un ultimo rifugio.
(Daniel Collin, Guide des films, a cura di Jean Tulard, Robert Laffont, Parigi 1990)

Dettagli sul luogo:
Piazzetta Pier Paolo Pasolini (ingresso via Azzo Gardino 65)

Numero posti: 144
Aria condizionata
Accesso e servizi per disabili
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