LA CADUTA DEGLI DEI

(Italia-Germania/1969) di Luchino Visconti (155')

Presenta Charlotte Rampling

Sog., Scen.: Nicola Badalucco, Enrico Medioli, Luchino Visconti; F.: Pasqualino De Santis, Armando Nannuzzi; Mo.: Ruggero Mastroianni; Scgf.: Vincenzo Del Prato, Pasquale Romano; Op.: Giuseppe Berardini, Mario Cimini, Nino Cristiani; Mu.: Maurice Jarre; Su.: Vittorio Trentino; Int.: Dirk Bogarde (Friederich Bruckman), Ingrid Thulin (Sophie von Essenbeck), Helmut Griem (Aschenbach), Helmut Berger (Martin von Essenbeck), Charlotte Rampling (Elisabeth Thallman), Umberto Orsini (Herbert Thallman), Renaud Verley (Gunther von Essenbeck), Reinhard Kolldehoff (Kostantin von Essenbeck), Albrecht Schoenhals (Barone Joachim von Essenbeck), Renaud Verley (Günther von Essenbeck), Florinda Bolkan (Olga), Nora Ricci (governante), Irina Vanka (Lisa); Prod.: Ever Haggiag, Alfred Levy per Pegaso, Italnoleggio Cinematografico, Eichberg Film, Praesidens Film; Pri. pro.: 14 ottobre 1969 
DCP. D.: 155'. Col. Versione inglese / English version
Da: Cineteca di Bologna
Restaurato nel 2010 da L'Immagine Ritrovata, in collaborazione con il Festival Lumière 2010 e BNP Paribas / Restored in 2010 by L'Immagine Ritrovata laboratory, in collaboration with Festival Lumière 2010 and BNP Paribas

 

C'era una mia idea di fare la storia di una famiglia nel cui seno avvengono dei delitti che rimangono praticamente impuniti. Dove, come e quando nella storia moderna dei fatti così potevano avvenire? Soltanto durante il nazismo. Durante il nazismo avvenivano degli eccidi, avvenivano degli assassinii, sia in massa, sia singoli, che rimanevano assolutamente impuniti. [...] Non potevo aprire nessuno spiraglio di speranza in quella famiglia di mostri, non era possibile; era come dire "speriamo che questi mostri ritornino a vivere". No, lì andavano asfissiati tutti, chiusi in una camera a gas, senza lasciare nessuno spiraglio. Mentre nella famiglia Valastro [di La terra trema], come in quella di Rocco c'è sempre un barlume di speranza, qui dovevo finire sperando che non ci fosse speranza, che non ci fosse speranza per questi mostri; e difatti Götterdämmerung finisce dove comincia la storia del nazismo e noi sappiamo che cosa è avvenuto dopo. [...] L'incesto è venuto fuori piano piano durante la scrittura della sceneggiatura ed è stato il frutto di una progressione drammatico-narrativa tutt'altro che gratuita. Qui, è proprio l'ultimo passo che fa Martin per conquistarsi il diritto di essere un vero nazista, cioè di non fermarsi davanti a niente, davanti a nessun delitto; il nazismo, che in un primo tempo sceglie Kostantin nell'ambito della famiglia come pedina, violento, chiassoso, brutale, ma in fondo abbastanza inconsapevole della portata dei fatti, e in un secondo tempo si serve invece di Friederich, innanzitutto un tecnico, ma uno che alla fine per i nazisti ha il vizio non solo di una certa viltà nel compiere il delitto [...] ma ha la pretesa di voler ancora ragionare con la propria mente, alla fine preferisce l'ultima soluzione che è quella di Martin: un ragazzo assolutamente incosciente, un degenerato, un verme, uno che non ha problemi morali, che non fa distinzione fra la cuginetta o un'altra bambina e che diventa uno strumento senza volontà nelle mani del nazismo.
(Luchino Visconti, da Dialogo con l'autore, intervista di Stefano Roncoroni, in Luchino Visconti, La caduta degli dei, a cura di Stefano Roncoroni, Cappelli, Bologna 1969)

Visconti, con grande impegno e profonda serietà, ha mandato ad effetto un'ardita contaminazione culturale, inserendo questo dramma familiare di tipo rinascimentale nel contesto storico del nazismo, cioè in un ben più vasto dramma che ha ben poco a che fare con l'umanesimo scespiriano. Infatti i molti delitti che decimano la famiglia degli Essenbeck avvengono per istigazione e con l'aiuto delle SS hitleriane, rappresentate nel clan dal nerovestito ufficiale Aschenbach. È lui che spinge Bruckman a uccidere Joachim, è lui che fa fuori, per conto di Bruckman, Kostantin. D'altra parte il trapianto del dramma di Shakespeare nella Germania di Hitler è compiuto attraverso due significative mediazioni: da una parte Wagner cioè l'artista che ha saputo trasmutare il decadentismo borghese dell'era guglielmina in magniloquenza mitologica e melodrammatica; dall'altra Thomas Mann che di quel decadentismo ha fornito una rappresentazione, fino ad un certo segno, critica. Dunque Shakespeare, Wagner, Mann. Senza dimenticare Dostoevskij per l'episodio della bambina ebrea che si impicca dopo essere stata sedotta dal sadico Martin. [...] Come sempre avviene in simili grandiose costruzioni che vogliono esaurire il senso di un'epoca senza ricorrere a strutture illuministiche, per solo impeto lirico, anche nella Caduta degli dei valgono soprattutto quelle parti in cui il regista ci parla di se stesso, ossia esprime direttamente i propri sentimenti. Si è già detto della penetrante ricostruzione ambientale. Si deve pure ricordare, per la bellezza degli effetti e per l'intensità dell'atmosfera, il funerale di Joachim nonché, seppure con la riserva che si tratta di un pezzo "alla maniera" di Dostoevskij, la sequenza della bambina. Ma dove l'immaginazione di Visconti si è accesa con più commosso e libero lirismo e di conseguenza, logicamente, è riuscita ad esercitare una presa maggiore sul reale, è nei due episodi del massacro delle SA e in quello dell'incesto. Nel primo è descritta la cosiddetta "notte dei lunghi coltelli", cioè lo sterminio delle SA, eseguito per ordine di Hitler, ad opera delle SS, in una località della Baviera.
(Alberto Moravia, Macbeth con la finanziera, "L'Espresso", 26 ottobre 1969)

 

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