L’Italia nel 1911: una nazione allo schermo
RAFFLES, GENTILUOMO LADRO (Italia/1911) R.: Ubaldo Maria Del Colle. D.: 15'. Did. italiane
VITA D'OLANDA (Italia/[1911]) R.: Piero Marelli. D.: 7'. Did. italiane
L'ASTUZIA DI ROBINET (Italia/1911) D.: 5'. Did. tedesche
NOZZE D'ORO (Italia/1911) R.: Luigi Maggi. D.: 23'. Did. italiane
LE DUE INNAMORATE DI CRETINETTI (Italia/1911) D.: 9'. Did. olandesi
Accompagnamento al piano di Antonio Coppola
Presentano Giovanni Lasi e Luigi Virgolin
Il 1911, 50° anniversario dell'Unità, è per l'Italia un anno di apoteosi nazionale e anche il cinema si schiera entusiasticamente in parata, da un lato celebrando i fasti delle glorie patrie, dall'altro arrogandosi il gravoso compito di "fare gli italiani". Infatti, a cinquanta anni dalla proclamazione dell'Italia unita, l'accorata invocazione di D'Azeglio rimane quanto mai di attualità, visto che gran parte della popolazione, ancora nel primo decennio del '900, dimostra una vacillante e precaria coscienza nazionale. La promozione dell'"italianità" diventa uno degli obiettivi primari della classe dirigente del paese, dall'establishment politico alle élites culturali. E in questa missione il cinema scende in campo con tutte le proprie armi, allineandosi in quella strategia di comunicazione incentivata dalle istituzioni che guarda al passato, ma si rivolge al futuro, che utilizza la grandezza della storia nazionale quale specchio di un presente esibito come altrettanto glorioso, che esalta l'universalità della cultura italica come legittimo viatico per il definitivo ingresso dell'Italia nel gotha delle potenze mondiali.
In questo clima di grandeur patriottica il cinema italiano azzarda il confronto con le vette siderali della cultura italiana di ogni tempo, confrontandosi con Dante (Inferno, Milano Films; Inferno, Helios Film; Purgatorio, Helios Film), con Tasso (Gerusalemme liberata, Cines; Aminta, Helios), con Manzoni (I promessi sposi, Film d'Arte Italiana) ma anche con gli splendori della storia antica (Odissea, Milano Films; La caduta di Troia, Itala Film), riesumando e, sottotraccia, attualizzando il prestigio di Roma e del suo impero (Agrippina, Cines; Attilio Regolo, Cines; Bruto, Cines; Poppea e Ottavio, Latium).
Con gli adattamenti di soggetti e tematiche tanto prestigiosi le case di produzione non solo consolidano il percorso di nobilitazione artistica del cinema inaugurato in via ufficiale dalla Film d'Arte Italiana solo un anno prima, ma rivendicano anche un ruolo centrale in quel progetto pedagogico di elevazione culturale delle classi popolari, tanto auspicato dalla politica e dall'intellighenzia italiane. "Dilettare e istruire" diventa il motto della meritoria opera educativa della cinematografia nazionale che nel 1911 porterà sugli schermi, tra l'altro, alcune delle pagine più note della letteratura edificante e formativa, attingendo alle opere di Collodi e De Amicis con la realizzazione, rispettivamente, di Pinocchio (Cines) e de Il tamburino sardo (Cines). In particolare quest'ultimo film, tratto da uno dei racconti settimanali del libro Cuore, assume un particolare valore in quanto episodio esemplare del Risorgimento italiano; non a caso il film della Cines verrà premiato, nella "categoria film didattici", al concorso cinematografico internazionale che si tiene nell'ambito dell'Esposizione Universale di Torino, allestita appositamente per celebrare il cinquantenario della proclamazione del Regno d'Italia. Nel fervore celebrativo che contraddistingue il 1911 i soggetti patriottici sono evidentemente privilegiati, tanto che nel corso dell'anno saranno prodotti ben sette film dedicati alle lotte risorgimentali, tra cui il magnifico Nozze d'oro (Ambrosio), omaggiato del primo premio per la "categoria artistica" al già citato concorso torinese.
L'orgoglio nazionale che deborda dagli schermi riguarda direttamente anche lo status della cinematografia italiana che nel 1911 può vantare una sostanziale crescita dal punto di vista produttivo, commerciale, formale e stilistico. Si sta infatti affermando a livello internazionale una scuola italiana che ha come punti di forza i film storici in costume, ma anche il genere comico seriale: Cretinetti (André Deed), Tontolini (Ferdinand Guillaume), Robinet (Marcel Fabre), Cocciutelli (Eduardo Monthus), a dispetto della loro provenienza straniera, diventano veri e propri eroi nazionali, così come gli italianissimi Jolicoeur (Armando Gelsomini), Pik Nik (Armando Fineschi) e Lea (Lea Giunchi). Grazie alle qualità artistiche e tecniche di realizzatori ormai di lungo corso come Caserini, Maggi, Vitrotti, De Liguoro e di registi emergenti come Guazzoni, Antamoro e Del Colle il cinema italiano è in grado di rivaleggiare con le migliori produzioni straniere sia nella forma che nei contenuti, adottando soluzioni stilistiche all'avanguardia - si pensi ad esempio al sempre più frequente utilizzo dei piani ravvicinati o l'aumento della lunghezza di campo - e avventurandosi in soggetti e formule innovativi come il dramma "sensazionale" di ispirazione danese o il serial "giallo" sul modello francese, lanciato in Italia dalla Pasquali con la serie del ladro gentiluomo Raffles.
Ma il grado di maturità dell'industria cinematografica italiana si denota soprattutto per la rapidità in cui le maggiori case di produzione già nel 1911 riescono ad adeguarsi alla modalità del lungometraggio che, grazie al successo ottenuto dagli ipertrofici film della Nordisk e di Asta Nielsen, sta ormai spopolando sulla scena internazionale: i 1000 metri de La Gerusalemme liberata (Cines), i 1200 di Inferno (Milano Films) o i 1350 di Pinocchio (Cines) sono solo il prodromo delle dimensioni pluri-chilometriche dei successivi Quo vadis? e Cabiria, ma anche un passo deciso verso il successo mondiale degli anni seguenti.
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