La critica. Cinéma & Politique

Programmazione

FORTY GUNS
(40 pistole, USA/1957) di Samuel Fuller (79’)
“Ogni scena, ogni piano di questo brutale e selvaggio western (...), è di una grandissima ricchezza inventiva e abbonda di idee registiche la cui audacia fa pensare alle follie di Abel Gance o di Stroheim, quando non puramente e semplicemente a Murnau” (Jean-Luc Godard).

BITTER VICTORY
(Vittoria amara, USA/1957) di Nicholas Ray (102’)
“Vittoria amara non è il riflesso della vita, è la vita stessa fatta film, vista da dietro lo specchio in cui il cinema la capta. È nello stesso tempo il più diretto e il più segreto dei film, il più sottile e il più grossolano” (Jean-Luc Godard).

LES QUATRE CENTS COUPS
(I 400 colpi, Francia/1959) di François Truffaut (99’)
“Si dirà presto i ragazzi di Truffaut come si dice i lancieri del Bengala, i guastafeste, i re della mafia, gli assi del volante, o anche per dirla in due parole i drogati del cinema” (Jean-Luc Godard).

THE KILLING
(Rapina a mano armata, USA/1956) di Stanley Kubrick (85’)
“Bisogna (...) lodare l’ingegnosità dell’adattamento che, adottando sistematicamente la decronologia delle azioni, riesce ad interessarci ad un intrigo che non esce daisentieri battuti” (Jean-Luc Godard).

UN’ESTATE D’AMORE
(Sommarlek, Svezia/1951) di Ingmar Bergman (97’)
“Un film di Ingmar Bergman è, per così dire, un ventiquattresimo di secondo che si trasforma e si dilata per un’ora e mezzo. È il mondo fra due battiti di palpebre, la tristezza fra due battiti di cuore, la gioia di vivere fra due battiti di mani” (Jean-Luc Godard).

A TIME TO LOVE AND A TIME TO DIE
(Tempo di vivere, USA/1958) di Douglas Sirk (132’)
“Sirk sa farci vedere le cose così da vicino che le tocchiamo, le respiriamo. (…) ci crediamo come se fosse stata una Caméflex da cinegiornale a filmarli e non una grossa camera cinemascope maneggiata da chi bisogna proprio chiamare maestro” (Jean-Luc Godard).

LETTER FROM AN UNKNOWN WOMAN
(Lettera da una sconosciuta, USA/1948) di Max Ophuls (86’)
Godard ha sempre amato particolarmente il cinema di Ophuls, ne ha inserito i film fra i suoi preferiti nelle scelte dei “Cahiers” e poi lo ha ripetutamente citato nelle Histoire(s) du cinéma

MONTPARNASSE
(Montparnasse 19, Francia-Italia/1958) di Jacques Becker (108’)
“Montparnasse 19 è un film vertiginoso. (...) Infatti incorporando suo malgrado il proprio smarrimento nello spirito sbandato di Modigliani, Jacques Becker ci fa entrare in maniera maldestra, certo, ma quanto commovente, nel segreto della creazione” (Jean-Luc Godard).

DOM NA TRUBNOJ
(La casa sulla piazza Trubnajia, URSS/1928) di Boris Barnet (63’)
Una casa sulla piazza Trubnaja è abitata da piccolo-borghesi arricchiti e si assiste ai loro traffici e intrallazzi meschini. Godard riteneva Barnet un cineasta di stile “inimitabile che morirà solo con il cinema” (Jean-Luc Godard).

HOLLYWOOD OR BUST
(Hollywood o morte, USA/1956) di Frank Tashlin (95’)
“Sul tema dell’itinerario, caro a Howard Hawks, Tashlin si abbandona a un’orgia di trovate poetiche dove il fascino e la strampaleria si alternano con una felicità d’espressione costante” (Jean-Luc Godard).

UN CONDAMNÉ À MORT S’EST ÉCHAPPÉ OU LE VENT SOUFFLE OÙ IL VEUT
(Un condannato a morte è fuggito, Francia/1956) di Robert Bresson (99’)
Godard inserì il film fra i dieci migliori del 1956. Bresson “è il cinema francese come Dostoievski il romanzo russo, come Mozart la musica tedesca” (Jean-Luc Godard).

LE BEL INDIFFÉRENT
(Francia/1957) di Jacques Demy (29’)
Le bel indifférent non è poi un film così lento. Somiglia piuttosto a quelle auto sportive costrette, data la formidabile potenza del motore, a girare in prima in città. È un film che sale in crescendo” (Jean-Luc Godard).

INDIA
(Italia/1957) di Roberto Rossellini (95’)
“India è un film di una logica assoluta, più socratico di Socrate. Ogni inquadratura è bella non perché sia bella in sé, ma perché è lo splendore del vero, e perché Rossellini parte dalla verità” (Jean-Luc Godard).

ORPHÉE
(Orfeo, Francia/1949) di Jean Cocteau (112’)
“Orphée, film magico in cui ogni immagine riflette soltanto se stessa, cioè noi. Orphée, film documentario dove è provato e registrato una volta per tutti che la poesia è un mestiere da uomo, e quindi un lavoro mortalmente pericoloso” (Jean-Luc Godard).

THE ROARING TWENTIES
(I ruggenti anni venti, USA/1939) di Raoul Walsh (106’)
Giunto a Hollywood nel Trenta, James Cagney dichiara alla stampa che recita “per mangiare”. Non considera la sua carriera d’attore come sacra. Dopo Sinners’s Holyday, recita in Public Enemy dove – ricorda – “sono diventato celebre per aver fatto esplodere un pompelmo sul viso di Mae Weiss” (James Cagney).

L’ECLISSE
(Italia/1961) di Michelangelo Antonioni (125’)
“Il personaggio di Vittoria in L’eclisse è il contrario di quello di Giuliana. In L’eclisse Vittoria è una donna calma ed equilibrata, che riflette sulle sue azioni. La crisi in L’eclisse è una crisi dei sentimenti” (Michelangelo Antonioni intervistato da Jean-Luc Godard).