THE MYSTERY OF THE HINDU IMAGE / PILLARS OF SOCIETY
THE MYSTERY OF THE HINDU IMAGE
(USA/1914) R.: Raoul Walsh. D.: 26'. Did. inglesi
Imprigionato alla vigilia delle sue nozze, perché accusato dell'assassinio di un uomo che conservava un talismano hindu, riesce a evadere mentre il detective ingaggiato dalla sua fidanzata smaschera i veri colpevoli. L'uomo ingiustamente accusato, che nel frattempo è stato catturato nuovamente, sarà liberato in extremis.
Restaurato dalla George Eastman House di Rochester che l'ha ritrovato nella sua collezione di 28mm, è l'unico film che a tutt'oggi risulta sopravvissuto fra le prime opere di Raoul Walsh (è il quinto titolo della sua filmografia, il terzo cortometraggio). Lo stesso Walsh, che all'epoca aveva interpretato vari ruoli di cowboy per la Pathé, impersona il detective privato che risolve il misterioso delitto e salva una vita umana.
A man is imprisoned the night before his wedding for murdering the owner of a Hindu talisman. He manages to escape while a detective hired by his fiancé unmasks the real assassins. In the meantime, the innocent groom-to-be is caught again but freed at the last minute.
Restored by the George Eastman House in Rochester, New York, from a print in its 28mm collection, The Mystery of the Hindu Image is the only known early film by Raoul Walsh (his fifth movie and third short) still around today. Walsh, who had often played the part of a cowboy for Pathé, stars as the private detective who solves the murder and saves a human life.
PILLARS OF SOCIETY
(Le colonne della società, USA/1916)
R.: Raoul Walsh. D.: 52'. Did. inglesi
Accompagnamento al piano di Donald Sosin
Le colonne della società è tratto da un dramma di Henrik Ibsen, "probably il miglior drammaturgo del mondo" secondo l'istruttiva didascalia iniziale, che prosegue anticipando il succo della storia: l'ipocrisia è il peggior vizio borghese e solo Verità e Libertà sono i veri pilastri dell'ordine sociale. In realtà quando scrive Le colonne della società, nel 1877, Ibsen non è ancora il miglior drammaturgo del mondo (Casa di bambola, Gli spettri, La donna del mare arriveranno uno dopo l'altro negli anni successivi), e questo suo esordio nel 'dramma sociale' non è propriamente un capolavoro. Il cinema tuttavia ne apprezzerà il contorto viluppo mélo di relazioni parentali, colpe e improbabili redenzioni: una prima trasposizione sullo schermo è del 1911, seguiranno nel 1920 un vehicle per la regina delle scene inglesi Ellen Terry (e infatti l'intreccio viene qui rimodellato sulla figura di Mrs Bernick, madre del protagonista) e nel 1935, in Germania, uno dei primi film firmati Detlef Sierck, futuro Douglas Sirk. E Walsh? Walsh, nel 1916, è nel pieno del suo rodaggio hollywoodiano. Pillars of Society non può vantare la "potente drammaticità di Regeneration" (Paolo Cherchi Usai), tragica storia di redenzione impossibile con Anna Q. Nilsson che Walsh aveva diretto l'anno prima, ma esibisce sicurezza compositiva e anche una certa cultura internazionale nell'allestire un set dettagliato, sovraccarico e piuttosto cupo che fa davvero somigliare il film a un melodramma nordeuropeo (con un tocco forse di lieve parodia?). La sceneggiatura di Frank E. Woods, storico collaboratore di Griffith da A Corner in Wheat a Nascita di una nazione, riallinea nel tempo quel che in Ibsen è un incastro di flashback, e ci fa più agevolmente seguire l'avventura di un protagonista senza qualità, più infingardo che veramente corrotto, e, cosa che emergerà ancora nel cinema maturo, virile e 'autoriale' di Walsh, dominato da svariate e interessanti figure femminili: segretamente fidanzato con una vicina di casa, il nostro va a far la bella vita a Parigi dove si lascia sedurre da un'attrice che lo sovrasta in statura e temperamento, poi torna e, costretto dalla madre e da motivi di opportunità economica e sociale, sposa la sorella della fidanzata promessa, che giustamente lo prende a sberle e d'ora in poi incomberà su di lui come severo angelo custode della sua discutibile morale... Più fonti indicano il film come 'supervisionato' da David W. Griffith. Volendo, si può anche pensare che per certi versi anticipi, o partecipi allo stesso clima, di certe dramedies morali di DeMille (le prime datano al 1918), che parlando di matrimonio, adulterio e denaro ugualmente sottoporranno ad acuta analisi le strutture sociali - certo con altra ironia e altra modernità.
(Paola Cristalli)
Pillars of Society is adapted from a drama by Henrik Ibsen, "probably the world's best playwright" according to the instructive caption at the beginning, which reveals the basic premise of the plot: hypocrisy is the worst vice of the bourgeoisie, and only Truth and Liberty are the true pillars of correct social order. The truth is, when Ibsen wrote Pillars of Society in 1877, he wasn't yet the world's greatest playwright (A Doll's House, Ghosts, and The Woman From the Sea were written one after the other in the following years), and his debut 'social drama' is hardly a masterpiece. Nevertheless, its tangled web of family melodrama - with missteps, faults, and unlikely redemptions - was largely appreciated: the first onscreen adaptation was in 1911, another followed in 1920, which served as a vehicle for the English stage star Ellen Terry (with the plot re-shaped to revolve almost entirely around the character of Mrs Bernick, the protagonist's mother), and yet another version appeared in 1935 Germany - one of the first films by Detlef Sierck, who would later become Douglas Sirk. And Walsh? Walsh, in 1916, was in the middle of his Hollywood climb. Pillars of Society can't boast "the dramatic power of Regeneration" (Paolo Cherchi Usai), the redemption tragedy with Anna Q. Nilsson directed by Walsh the year before, but it does show a confident composition and even a grasp of international culture, especially with regards to the detailed, overloaded, and rather grim set design that gives it the look of a Northern European melodrama (perhaps with a slight touch of parody?). The screenplay by Frank E. Woods, known for his collaboration with Griffith on A Corner in Wheat and Birth of a Nation, re-aligns the timing that Ibsen laid out as a series of flashbacks, making it easier to follow the adventures of this man without qualities - more fearful than corrupt - dominated by a series of interesting feminine figures, a circumstance that will reappear in Walsh's later, more virile and auteurish films: here our hero, secretly engaged to a neighbor, goes to enjoy the good life in Paris where he is seduced by an actress who overshadows him in both stature and temperament, then returns and, forced by his mother as well as economic and social reasons, decides to marry the sister of his secret fiancée - who justifiably rewards him with a good slap and, from then onwards, looms over him like a severe guardian angel of his questionable morality... More than once source indicates that the film was 'supervised' by David W. Griffith. If so inclined, one could also suspect that the film anticipates or shares the same atmosphere of DeMille's moral dramedies, which will examine marriage, adultery, and money in terms of social structures - with an higher degree of irony and modernity.
(Paola Cristalli)
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