Proiezioni:
Mercoledì 27 giugno 2012
Cinema Arlecchino
14.30
Sabato 30 giugno 2012
Cinema Arlecchino
09.30

PURSUED

(Notte senza fine, USA/1947) R.: Raoul Walsh. D.: 101'. V. inglese

Raoul Walsh dirige Pursued nel pieno dei suoi anni Warner. È la sua stagione au­rea, e la salute creativa genera audacia. Il film ha la superficie scabra del western, la struttura enigmatica del noir, l'eco por­tentosa della tragedia: chiama a raccolta codici e generi, e tutti li trasfigura nel ba­gliore d'un lampo. Lo scrive Niven Busch, già sceneggiatore di Duello al sole (dove pure ricorrevano la figura dell'orfano, la famiglia vicaria, la rivalità tra fratelli, le cavalcate selvagge). Come altri capola­vori del decennio (dopo La fiamma del peccato e prima di Viale del tramonto), è completamente abitato da un flashback. Mentre aspetta l'arrivo della pattuglia dei suoi giustizieri, Robert Mitchum dal cor­po così solido e ampio, dalla vita interiore così frantumata, ripercorre le tappe d'un destino innescato da eventi funesti che lui nemmeno può ricordare. Perché lo fa? La sua interlocutrice già sa quel che lui racconta, e non può aiutarlo a fare luce sul buio che lo opprime. Questo sarebbe il più immotivato dei flashback, non fosse in realtà un soliloquio in articulo mortis, il riconvocare i propri fantasmi, ora che il lungo viaggio al termine della notte (senza fine) s'è compiuto e l'ultimo nodo sta per sciogliersi - prima che il cappio stringa la gola. La psicoanalisi è stata spesso chiamata in causa, in sagaci letture (la più recente, e italiana, è quella di Cesare Secchi e Paolo Vecchi, Lampi e speroni danzanti) e con buone ragioni, per dar conto di ciò che avviene in Pursued. A una lettura molto semplice, le buone ragioni sono: un trau­ma dell'infanzia, una rimozione, il ritorno del rimosso, la conquista dell'identità. C'è poi una mitologica figura di madre che è insieme malattia e cura, sacro tabernacolo della colpa e colpo di fucile che restituisce la vita; e c'è, vero ingombro struggente ed erotico, una sorella-sposa. Non c'è trac­cia qui di processo meccanico, di vincolo esplicativo, come accade in altri psycomo­vies anni Quaranta, anche belli (Pursued, insomma, non è Spellbound); la storia è trascinata da una forza così concreta e co­smica che più adatte sembrano, a descri­verla, le parole di Lourcelles: "Un universo che comincia nel profondo del cuore di un uomo e va a perdersi da qualche parte, nell'infinito dei cieli". Nel cielo del New Mexico notturno o accecante, tra gole di roccia, nelle inquadrature che Walsh e James Wong Howe svuotano d'ogni figura, fino a farle diventare puro sgomento.
Nel suo film più selvaggio e deragliato, Walsh racconta in fondo una classica parabola americana: Jeb Rand/Robert Mitchum sta solo cercando il proprio po­sto nel mondo. Fuori da una famiglia che non è la sua, accanto a una donna che è la sua. Il senso del viaggio di un eroe che senza volere uccide i propri mostri è allo­ra questo, dissipare l'ombra d'incesto che da sempre danna gli amanti? "Porta tua moglie a casa, Jeb". Pursued è film miste­rioso e prismatico: e da qualsiasi parte del prisma lo si guardi, uno dei più belli della storia del cinema.
(Paola Cristalli)

Raoul Walsh directed Pursued at the height of his Warner years. It was his 'golden' period, in which his creative health resulted in boldness. The film has the rough surfaces of a western, the enig­matic structure of a noir, the prodigious echoes of a tragedy: it mixes genres and techniques, transfiguring all of them in a dark flash of light. It was written by the screenwriter Niven Busch, who had previ­ously written Duel in the Sun (also featur­ing the figure of the orphan, the substitute family, the fraternal rivalry, and the wild­est horse rides). Like other masterpieces of the decade (after Double Indemnity and before Sunset Boulevard), it is built around a flashback structure. While he awaits the arrival of his executioners, the broad-shouldered, soul-shattered Robert Mitchum traces the steps of his own des­tiny, marked by dim events that he barely remembers. Why is he doing it? His inter­locutor already knows the story, and can­not help shine any light on the darkness engulfing him. This could be considered the most unjustified flashback, if it were not for the fact that it really serves as a near-death soliloquy, a summoning of his own ghosts now that the long day's jour­ney into night is over, and the last knot is about to be untied - just before the rope lowers around his neck.
Psychoanalysis is often called into ques­tion, with good reason, when discussing what happens in
Pursued. Even a sim­plistic analysis provides several familiar themes: a trauma in childhood, repres­sion, the return of the repressed memo­ry, the conquering of identity. There is a mythological mother figure that is both illness and cure, the sacred alter of guilt and the gunshot that restores life. There is the erotic and troubling figure of the sister-bride. There is no trace, however, of the mechanical and explanatory process that is so prevalent in the psycho-films of the Forties, even in the good ones (Pur­sued is no Spellbound). The plot is driven by such a concrete and cosmic force that the best words to describe it come from Lourcelles: "A universe that begins in the depths of a man's heart and then gets lost somewhere in the infinite skies". In the shots by Walsh and James Wong Howe, those skies over New Mexico - whether by night or in blinding daylight, glimpsed from between rocky cliffs - are nothing less than breathtaking.
In his wildest, most derailed movie, Walsh delves into a classic American par­able: Jeb Rand/Robert Mitchum is merely searching for his place in the world. Out­side of a family that is not his own and next to a woman he calls his own. Was his long voyage (inward and outward) the only way to kill his monsters and dispel the shadow of incest that has ever cursed the lovers? "Take your wife home, Jeb".
Pursued is a prismatic mystery of a movie, and, from whichever angle you look at it, it is one of the most beautiful ever made.
(Paola Cristalli)

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