Proiezioni:
Domenica 24 giugno 2012
Cinema Jolly
14.30
Lunedì 25 giugno 2012
Cinema Jolly
09.30

DAVID GOLDER

(La beffa della vita, Francia/1931) R.: Julien Duvivier. D.: 86'. V. francese
Introduce Matteo Codignola, editor per Adelphi delle opere di Irène Némirovsky

Il primo sonoro di Julien Duvivier trae ispi­razione dal primo romanzo (un successo immediato) di Irène Némirovsky, figlia di un banchiere ucraino emigrata con la famiglia in Francia, dove fu arrestata dai nazisti e deportata ad Auschwitz. Duvivier riesce a oggettivare mirabilmente la veri­tà personale osservata e descritta dal ro­manzo: i critici dell'epoca giudicarono che David Golder conferisse una dimensione balzachiana alla gamma espressiva di Du­vivier. La sua produzione di film muti era già notevole, ma l'uso creativo del suono sembrò quasi raddoppiare la sua maestria. L'algida atmosfera della crisi finanziaria permea ogni immagine, soprattutto il vol­to di Golder, interpretato dal massiccio Harry Baur, grave e possente, "senza una traccia di falsità". Golder parla di sé con brutale franchezza: "Se non mollo gli af­fari sono un uomo morto". Lo è già. La cri­si è trattata esplicitamente solo in un paio di brevi sequenze vertiginose - simili alle immagini di L'Argent di Marcel L'Herbier - ma di fatto ogni inquadratura ne è per­vasa. Il gelido distacco di Golder di fron­te alla catastrofe finanziaria di un amico (che si suicida sotto i suoi occhi) riflette la tragedia della sua vita: un matrimonio in crisi e senza amore. In compenso Gol­der ha una figlia che ama teneramente, fino alla tetra rivelazione che la ragazza è figlia di un altro. Un'illusione di meno, e Duvivier con le illusioni ci sa sempre fare, creando immagini romantiche e sfarzose come contrappunto ironico a ciò che real­mente accade e lasciando intendere che le ricchezze esibite sono rubate. David Golder è un'affascinante prefigu­razione della futura grandezza di Duvi­vier e del suo talento per l'osservazione distaccata e obiettiva. Come ha scritto Paul Vecchiali: "La crudeltà di questo universo è resa con un'assenza completa di indulgenza. E la solennità con cui viene descritta rende poetico il film. Un capola­voro inalterabile dal tempo". Aggiunge Pierre Leprohon: "Secondo al­cuni melodrammatico, il film si dimostra all'altezza del suo interprete, solido, pos­sente, senza mai rifiutarsi soluzioni a ef­fetto ma spesso capace di grandezza, in particolare dopo la firma del contratto con i sovietici e con la morte di Golder". Cieca quanto il denaro, la grande livella sorpren­de l'onnipotente Golder, che muore su un transatlantico dopo un viaggio d'affari in Unione Sovietica, apparentemente sma­nioso di tornare alla 'normalità' capita­lista che il suo mondo rappresenta così aspramente.


Julien Duvivier's first sound film had a remarkable literary inspiration: the first novel, an immediate success, by Irène Némirovsky, a banker's daughter who emigrated from Ukraine to France, a fatal move because she was deported to Aus­chwitz. Duvivier manages to objectify a sense of deep, closely observed personal truth in an admirable way: critics at the time estimated that David Golder added a Balzacian dimension to Duvivier's canvas. His silent output was already impressive; the creative use of sound seemed almost - this is not an overstatement - to double his mastery. The ice-cold aroma of financial crisis dwells in every image, and especially in the face of Golder, played by the massive Harry Baur, strong and sober, "without a hint of falseness". Golder is brutally frank about himself: "If I go on as a businessman, I'm a corpse". He is one already. Only a couple of dazzling short sequences - equal to im­ages in L'Herbier's L'Argent - are directly about the crisis, but every shot, however distant the subject, is informed by a crisis that touches them all. Golder's chilly ab­sence in the face of a friend's financial ca­tastrophe (and then witnessing the man's suicide in front of his house) indicates the tragedy of his own life: an alienated, loveless marriage. His compensation is a daughter he loves dearly until the grim revelation that the girl is not his own. One illusion less - and Duvivier is always great about illusions, creating romantic and luxurious images as an ironic counterpoint to what really happens, with the charged sense that properties have been stolen. David Golder is a fascinating anticipation of what would later become the defining characteristics of Duvivier's greatness as an objective observer, or in the words of Paul Vecchiali: "The cruelty of this uni­verse is rendered with a complete absence of indulgence. And the grandeur of the treatment is so evident that it renders the film poetic. An unalterable masterpiece". Pierre Leprohon adds: "Melodramatic, some say, the film measured up to its per­former, solid, powerful, not refusing any effect, but sometimes attaining a certain grandeur, notably after signing the con­tract with the Soviets and Golder's death". Death - the great leveler - as anonymous as his money - catches the almighty Gold­er, destined to die on an ocean-liner after a business trip to Soviet Russia, seeming­ly eager to return to the 'normal' capitalist ways that his world represents so acidly.

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