THE IMMIGRANT / THE RINK / EASY STREET
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L'ERUZIONE DELL'ETNA (Italia/1910) D.: 6'20''. Did. francesi
NORTH SEA FISHERIES AND RESCUE (Mare del Nord, Gb/1909) R.: Joseph Rosenthal. D.: 10'. Did. tedesche
Musiche composte e eseguite dal vivo da Enzo e Lorenzo Mancuso, maestri della musica popolare siciliana.
Strumenti: Voci, armonium, saz baglama, saz divan, violino, sipsy, campana tubolare, tamburo, sansula
THE IMMIGRANT
(L'emigrante, USA/1917) di C. Chaplin (20')
Nuova partitura scritta da Timothy Brock
Per il suo umanesimo, per la violenta polemica racchiusa nella sua famosa sequenza dell'arrivo degli emigranti a New York, L'emigrante costituisce uno dei momenti chiave di Chaplin e della sua opera. [...] L'arrivo che descrive nel suo film non è solo simbolico dell'esperienza vissuta in prima persona - forse - ma anche di quella di centinaia di migliaia di uomini e donne che erano approdati negli Stati Uniti in trent'anni. [...] La produzione chapliniana degli anni 1916-1917, della serie Mutual, comprende numerosi capolavori (Charlot usuraio, La strada della paura, L'emigrante) che sono fra i più virulenti pamphlet sociali dell'autore. [...] Lui che arriva negli Stati Uniti come nella terra promessa, sinonimo di libertà e di infinite possibilità, vi trova una società chiusa e puritana che vede di cattivo occhio i nuovi arrivati e contrappone loro le armi tradizionali degli oppressori: la ricchezza egoista, l'intolleranza religiosa e politica, la violenza al servizio dei privilegiati. In altri termini, Charlot, il piccolo ebreo cacciato dall'Europa dai pogrom, trova in America una società in cui l'ebreo, il rosso e i poveri sono schedati come sospetti. E quando si pensa all'accanimento con cui quella società ha perseguitato Chaplin durante la sua permanenza, non ci si può sorprendere che abbia continuato la sua satira sarcastica anche dopo che un eccezionale successo professionale e sociale lo mise al riparo da preoccupazioni materiali, se non morali, e creò le condizioni di una sua possibile integrazione. Ma Chaplin non si integrerà mai perché è l'Ebreo errante, il luftmensch incapace di stabilizzarsi definitivamente in un luogo: resterà per tutta la vita un immigrante temporaneo.
Marcel Martin, Charlie Chaplin, Seghers, Paris 1966
The Immigrant is a seminal piece for Chaplin and his body of work in terms of its humanity and its violent polemic captured in the famous take of the arrival of immigrants to New York. [...] The arrival described in his movie is not only emblematic of his own direct (perhaps) experience, but also of that of hundreds of thousands of men and women who had landed in the United States over the previous thirty years. [...] Chaplin's work for Mutual in 1916-1917 includes various masterpieces (The Pawnshop, Easy Street, The Immigrant) which are some of his most powerful social commentaries. [...] The Tramp arrives in the United States expecting the promised land, a symbol of freedom and infinite possibilities, only to find a closed and puritanical society that discriminates against new immigrants using the traditional weapons of oppressors: egotistical wealth, religious and political intolerance, violence in the service of the privileged. In other words, the Tramp, the small Jewish immigrant chased from Europe by the pogroms, finds in the United States a society where Jews, left wing sympathizers, and the poor are automatically filed away as suspicious characters. Given the persistence with which this society harassed Chaplin during his stay in America, it is no surprise that he would continue his satire even after his astonishing professional and social success had shielded him from material, if not moral, concerns, and provided him with the possibility to integrate. But Chaplin would never integrate because he is the epitome of the wandering Jew, the luftmensch incapable of putting down stable roots in a specific location: all his life he would remain a temporary immigrant.
Marcel Martin, Charlie Chaplin, Seghers, Paris 1966
THE RINK
(Charlot al pattinaggio, USA/1916) di C. Chaplin (30')
Nuova partitura scritta da Antonio Coppola
A quei tempi la meccanica della regia era molto semplice. Bastava saper distinguere la destra dalla sinistra per le entrate e le uscite. Se da una scena si usciva a destra, in quella successiva si entrava da sinistra, se si usciva di campo verso la macchina da presa, nella scena successiva si entrava con le spalle alla macchina. Queste, naturalmente, erano le regole principali. Quando ebbi fatto un po' più di esperienza, scoprii che la posizione della macchina da presa non era solo psicologica ma articolava la scena; era anzi la base dello stile cinematografico. [...] La posizione della macchina da presa è l'inflessione del linguaggio cinematografico. Non esiste una regola fissa per cui un primo piano conferisca al soggetto maggiore risalto di un campo lungo. Il primo piano è una questione di sensibilità; in certi casi un campo lungo può dare un risalto maggiore. Se ne può trovare l'esempio in una delle mie prime comiche, Skating [The Rink]. Il vagabondo entra in pista e comincia a pattinare con un piede in aria, scivolando e facendo piroette, inciampando, andando a sbattere contro gli altri pattinatori e combinandone di tutti i colori, e finalmente lasciando tutti a terra in primo piano mentre lui si allontana, sempre pattinando, verso il lato opposto della pista, e, diventato una figura piccolissima sullo sfondo, si siede innocentemente tra gli spettatori a guardare il pandemonio che ha combinato. Eppure la figuretta del vagabondo in lontananza era più comica di quanto lo sarebbe stata in primo piano.
Charles Chaplin, La mia autobiografia, Mondadori, Milano 1964
The mechanics of the directing were simple in those days. I had only to know my left from my right for entrances and exists. If one exited right from a scene, one came in left in the next scene; if one exited towards the camera, one entered with one's back to the camera in the next scene. These, of course, were primary rules. But with more experience I found that the placing of a camera was not only psychological but articulated a scene; in fact it was the basis of cinematic style. [...] Placement of camera is cinematic inflection. There is no set rule that a close-up gives more emphasis than a long shot. A close-up is a question of feeling; in some instances a long shot can effect greater emphasis. An example of this is on one of my early comedies, Skating [The Rink]. The tramp enters the rink and skates with one foot up, gliding and twirling, tripping and bumping into people and getting into all sorts of mischief, eventually leaving everyone piled up on their backs in the foreground of the camera while he skates to the rear of the rink, becoming a very small figure in the background, and sits amongst the spectators innocently reviewing the havoc he has just created. Yet the small figure of the tramp in the distance was funnier than he would have been in a close-up.
Charles Chaplin, My Autobiography, Simon & Schuster, New York 1964
EASY STREET
(Charlot poliziotto, USA/1917) di C. Chaplin (19')
Nuova partitura scritta da Neil Brand. Musiche eseguite dall'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta da Timothy Brock
La strada della paura è con Charlot usuraio il capolavoro della serie Mutual. Un capolavoro assoluto. In questo film che è un balletto, un poema, una parodia, così come una carica burlesca e corrosiva, si afferma e prende vigore la satira sociale. È senza dubbio la satira più violenta che Chaplin abbia realizzato in una forma caricaturale, prima del Dittatore. Una cadenza vertiginosa trascina i personaggi in una folle girandola e li tiene al di fuori del mondo reale in una rappresentazione simbolica, trasparente, della vita. [...] L'ironia sublime è nell'epilogo. Le istituzioni, le leggi, i principi morali, i catechisti non erano mai stati derisi con tale sarcastica virulenza. Vengono irrisi con voluttà coloro che credono di mantenere l'umanità nella retta via con i versetti della Bibbia e la paura della polizia. E anche i 'buoni sentimenti' improvvisamente sbocciati sotto il roseto benefico di un sorriso o di una benedizione... [...] Inoltre, in La strada della paura il burlesco è integrato nel comico: quando Charlot svaligia la cassetta del droghiere che la sua divisa gli impone di sorvegliare, la contraddizione fra il suo gesto e il suo dovere è burlesca. Ma questa contraddizione non ha altro scopo che sottolineare il suo comportamento, fare emergere ancora di più il suo carattere, che è comico proprio nella misura in cui si rivela attraverso questa contraddizione.
Jean Mitry, Tout Chaplin, Seghers, Paris 1972
Easy Street, together with The Pawnshop, is the masterpiece of the Mutual series. It is an absolute masterpiece. This film is a ballet, a poem, a parody, with a corrosive and farcical energy. And it is through this film that Chaplin's social satire asserts itself and gains momentum. It is by far the most violent satire produced as a caricature by Chaplin prior to The Great Dictator. The characters descend in a maddeningly downward spiral that isolates them from the real world and plunges them into a symbolic and transparent representation of life. [...] The conclusion is pure sublime irony. Institutions, laws, moral principles, and catechists had never been made fun of with such sarcastic virulence. Those who think they are keeping humanity on the straight path using snippets from the Bible and fear of the police are mocked with gusto. The same fate is reserved for 'good intentions' which suddenly blossom as a result of a smile or a blessing. Furthermore, Easy Street integrates farcical and comedic elements: when the Tramp robs the grocer's cash box he was supposed to protect, the contradiction between his act and his duty is farcical. But this contradiction is only meant to underline his behavior and delineate his character, a character that is comical to the extent that it is revealed through such contradiction.
Jean Mitry, Tout Chaplin, Seghers, Paris 1972
Tariffe:
Ingresso libero