Mercoledì 2 luglio 201422.15
Piazzetta Pier Paolo Pasolini

LA PRINCESSE MANDANE

(Francia/1928) R.: Germaine Dulac. D.: 74'. Did. francesi

Sog.: dal romanzo L'Oublié di Pierre Benoît. Scen.: Germaine Dulac. F.: Paul Guichard, Lucien Bellavoine. Scgf.: Silvagni. Int.: Edmonde Guy (Mandane), Mona Goya (Simoun), Groza Wesco (Lily de Thorigny), Ernest Van Duren (Étienne Pindère), Jacques Arna (Gerys-Kahn), Paul Lorbert, Yvonne Legeay, Valenti Colino (Azyme Electropoulos), Sylvie Mai (Anna), Gérard de Wibo (Michel Voraguine), Geneviève Gargèse, Christian Gérard. Prod.: Alex Nalpas. 35mm. L.: 1775 m (l. orig.: 2400 m). D.: 74' a 24 f/s. Bn. Didascalie francesi / French intertitles. Da: CNC - Archives Françaises du Film


Proiezione con lanterna a carbone
Accompagnamento al piano di Stephen Horne


Negli anni Venti, Dulac fece frequentemente ricorso all'espressione lirica e metaforica dello sport e della danza, ovvero all'"arte delle armonie gestuali", per esprimere gli stati interiori dei suoi personaggi e spesso per sovvertire le convenzioni di genere. Nella Princesse Mandane (1928), film commerciale tratto da un romanzo di Pierre Benoît, Dulac evoca attraverso il balletto classico le costrizioni della condizione femminile. Il film narra la storia di un giovane che dopo aver visto il grande film d'avventura Michel Strogoff (Viktor Turžanskij, 1926) immagina di viaggiare nella terra dei tartari dove tenta di salvare una principessa sequestrata nel suo palazzo. Qui Dulac ricorre alla semplice e lineare immagine di una ballerina immobile per evocare la condizione della principessa prigioniera. In una delle immagini di maggior impatto visivo del film, la ballerina - immobile, con l'eccezione di poche limitate e controllate pose - è isolata al centro di una sala immensa, circondata dai guardiani e dagli spettatori che la osservano. Questa composizione traduce visivamente la condizione della giovane eroina, intrappolata in una rappresentazione a uso e consumo degli uomini. L'immagine della principessa - la mise-en-scène della sua femminilità - è oggetto di una fantasia maschilista, esattamente come il corpo fragile ed effimero della ballerina.
Dulac, che a quei tempi fu vista ballare con la sua compagna nei cabaret di rue Lepic a Montmartre, utilizzò i ritmi del cinema e della danza anche per affrontare questioni socialmente più controverse come l'omosessualità. Quando viene liberata, la principessa sembra riconquistare il controllo sulla propria immagine. Dapprima la sua libertà passa attraverso il travestimento da uomo, motivo ricorrente dell'opera di Dulac (Ame d'artiste, 1925, e L'Invitation au voyage, 1927). Poi, nel momento culminante del film [spoiler alert], dopo essere stata liberata grazie all'intervento del giovane avventuriero, la principessa lo respinge, gli offre la propria corona in segno di gratitudine ed esce di scena con un'altra donna. Lo sguardo diretto fuori campo dell'avventuriero, sul cui volto si dipinge un'espressione d'orrore, rende esplicito il sottotesto omosessuale. La cornice narrativa del film, che nel finale ristabilisce i ruoli sociali eteronormativi, consentì indubbiamente a Dulac di soddisfare un pubblico più vasto e conservatore.

 

Throughout the 1920s, Dulac turned frequently to the metaphorical and lyrical expression of sport and dance, or the "art of gestural harmonies", to express the "inner states" of her characters, and often to subvert gender conventions. In La Princesse Mandane (1928), a commercial film adapted from a novel by Pierre Benoît, Dulac evokes the constraints of the female condition through classical ballet. The film tells the story of a young man who, having seen the great adventure film Michel Strogoff (Victor Tourjansky, 1926), imagines a voyage to the land of the Tartars, in which he attempts to rescue a princess sequestrated in her palace. Here, Dulac uses the simple linear figure of an immobile ballerina to evoke the social condition of the captive princess. In one of the film's most visually striking scenes, the ballerina, who stands immobile aside from a few restricted and controlled poses, is isolated in the center of an immense room, surrounded by the guardians and spectators gazing at her. This composition visually translates the condition of the young heroine, as well as her sequestration in a masculine image. The image of the princess - the mise-enscène of her femininity - is the object of a masculinist fantasy, just like the fragile and ephemeral body of the ballerina.
During
this period in which the cineaste and her partner Colson-Malleville were spotted dancing in the cabarets of rue Lepic (Montmartre), Dulac also used the rhythms of cinema and dance to tackle more socially controversial issues, such as homosexuality. At the time of her liberation, the princess appears to regain control of her image. First, her liberty comes through cross-dressing, a recurring motif in Dulac's work (Ame d'artiste, 1925, L'Invitation au voyage, 1927). Then, at the film's climax [spoiler alert], the princess, after being aided in her liberation by the young adventurer, rejects him. She presents him her crown, as a token of her gratitude, and leaves off-screen with another woman. Arguably, the gaze of the adventurer directed off-screen, followed by his expression of horror, renders the homosexual subtext explicit. The film's framing narration, which restores heteronormative social roles at the end of the film, no doubt allowed Dulac to satisfy a broader, more conservative public at the time.

Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli
Accompagnamento Musicale Accompagnamento Musicale

Tariffe:

Ingresso libero.

(in caso di pioggia, la proiezione si sposterà in Sala Mastroianni)

Prenotazione obbligatoria:
cinetecadirezione@cineteca.bologna.it - 0512194832

Dettagli sul luogo:
Piazzetta Pier Paolo Pasolini, 2b