DO BIGHA ZAMEEN
(Due ettari di terra/Two Acres of Land, India/1953)
R.: Bimal Roy. D.: 122'. V. hindi. Digitale
T. it.: Due ettari di terra. T. int.: Two Acres of Land. Sog.: Salil Choudhury. Scen.: Hrishikesh Mukherjee. Dial.: Paul Mahendra. F.: Kamal Bose. M.: Hrishikesh Mukherjee. Scgf.: Gonesh Basak. Mus.: Salil Choudhury. Canzoni: Shailendra. Int.: Balraj Sahni (Shambu Maheto), Nirupa Roy (Parvati Maheto), Ratan Kumar (Kanhaiya Maheto), Murad (Thakur Harnam Singh), Nana Palsikar (Dhangu Maheto), Nasir Hussain (conducente di risciò). Prod.: Bimal Roy per Bimal Roy Productions
DCP. D.: 122'. Bn. Versione hindi / Hindi version
Da: National Archive of India
Inizialmente autore di film bengalesi, Bimal Roy portò l'umanesimo e le tematiche sociali della sua tradizione nel cinema hindi. La visione di Ladri di biciclette di De Sica gli ispirò Do Bigha Zameen, storia drammatica e scabra di un contadino che lotta strenuamente per salvare la propria terra dalle grinfie di uno strozzino. Il film, il regista e l'attore principale Balraj Sahni furono più volte premiati. Nel 1954 Do Bigha Zameen partecipò al Festival di Cannes, dove ricevette una menzione speciale.
La conquista della verosimiglianza
Quando il film di Bimal Roy Do Bigha Zameen uscì nelle sale, erano trascorsi meno di dieci anni dall'indipendenza dell'India. Il paese lo accolse con un silenzio attonito. Non vi furono fragorosi applausi, né l'esultanza che solitamente accompagna la notizia del successo commerciale di un film. Si riconosceva la nascita di un nuovo tipo di cinema. Un cinema popolare, verosimile.
Il film aveva colmato la distanza tra finzione e realtà. Certo, era a tratti melodrammatico. E certo, nell'intreccio c'era qualche coincidenza di troppo. Ma in tutto questo, da qualche parte, c'era una straordinaria onestà che non poteva essere ignorata. Do Bigha Zameen aveva toccato un nervo scoperto dell'India, che in quegli anni stava tentando di affrancarsi dal passato feudale per avanzare verso un futuro moderno, industriale. Il nervo scoperto era la terra. L'ottantacinque per cento della popolazione viveva in aree rurali e semi-rurali, ed era costituito perlopiù da piccoli contadini e da 'senzaterra' sfruttati dai grandi proprietari terrieri di stampo feudale. Anche nelle aree urbane gran parte degli abitanti era composta da lavoratori senza terra che erano fuggiti dalla schiavitù per cercare lavoro in città.
Era questa l'idea centrale di Do Bigha Zameen, storia di un piccolo agricoltore marginale che ha solo tre mesi di tempo per saldare un debito e conservare il suo piccolo pezzo di terra. Il film narra la battaglia di un uomo per salvare la dignità e l'onore della sua famiglia. Bimal Roy dosa sapientemente il crescendo di tensione: dapprima il contadino e suo figlio si trasferiscono nella città di Kolkata per guadagnare la cifra che potrà riscattare le loro vite, poi l'uomo si trasforma in un animale da tiro portando in giro la gente con il risciò, e all'avvicinarsi della scadenza il figlio si mette a fare il lustrascarpe e anche la moglie incinta inizia a lavorare. A questo punto il film si incentra sulla famiglia che si batte disperatamente per salvare la propria terra. E intanto Bimal Roy ci mostra il ventre molle della città, dove i poveri uniscono le loro forze per riuscire a sopravvivere ma anche per dare un senso alle proprie vite. Qui lo spettatore scopre un cameratismo che celebra la solidarietà e la compassione.
Ma Bimal Roy è interessato anche ad altro, e si vede. Per il finale aveva due possibilità: permettere ai personaggi di emergere trionfanti o indicare quello che sarà il destino del paese. Sceglie la seconda. Ecco perché il film appare ancora credibile.
Saeed Mirza
Originally a director in Bengali films, Bimal Roy brought the humanism and social concerns of his tradition to Hindi cinema. A screening of De Sica's Bicycle Thieves inspired him to create Do Bigha Zameen, the grittily dramatic tale of a poor farmer's struggle to save his land from the clutches of a rapacious landlord. Do Bigha Zameen won its director and its lead actor Balraj Sahni several awards, besides featuring in competition at the Cannes Film Festival in 1954, where it received a special mention.
The Ring of Truth
It was less than a decade after India gained independence from British rule that Bimal Roy's film Do Bigha Zameen was released. Audiences around the country greeted it with stunned silence. There was no boisterous acclaim, none of the celebratory music that follows the news of a film becoming a box-office success. It was an acknowledgement that a new kind of cinema had emerged: a cinema in the popular mode, with the ring of truth.
The film had bridged the gap between fiction and reality. Yes, it was overly melodramatic at times, and yes, the story line did have avoidable coincidences. But somewhere in all of this, there was an incredible honesty that could not be ignored. The film had touched the core of a nation's dilemma, as it attempted to free itself from its feudal past and move towards a modern, industrial future.
The dilemma was about land. Eightyfive percent of the population lived in rural and semi-rural areas. Of this, the vast majority were small, marginal farmers and landless labourers who worked on the fields of the big feudal landlords. In urban areas too, there was a large population of landless labourers who had escaped serfdom and migrated there in search of work.
This was the central idea of Do Bigha Zameen. It is the story of a marginal farmer who is given a short time of three months to pay back a debt or forfeit his small piece of land. The film is about his battle to save the dignity and honour of his family. Bimal Roy slowly builds up the tension in the film, as the farmer and his young son move from their rural environs to the city of Kolkata in order to earn that crucial amount of money that can redeem their lives. The tension begins to mount as the farmer becomes a human carriage ferrying people across the city. As the deadline approaches, his son begins to work as a shoeshine boy and his pregnant wife also joins a village workforce.
The film now revolves around the family fighting frenziedly against the odds to save their land. In the midst of all of this, Bimal Roy also reveals the underbelly of the city, where the poor congregate to live and work, and to make something of their lives. It is here that the viewer finds a camaraderie that celebrates the human spirit of compassion and understanding. But Bimal Roy reveals he has other concerns on his mind. He had two choices on how to end the film: Would he allow the characters to emerge triumphant from their ordeal, or would he rather predict the course the country would take in the future? He chose the latter. That is why his film has the ring of truth even today.
Saeed Mirza
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INDIAN NEWS REVIEW N° 246 (India/1953) D.: 9'
Il Cinema Ritrovato
Anni Cinquanta, l’età dell’oro. Classici Indiani da salvare
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