PADRI
PADRE (Italia/1912) R.: Giovanni Pastrone. D.: 45'. Did. olandesi
TRÄDGÅRDSMÄSTAREN (Il padrone del giardino, Svezia/1912) R.: Victor Sjöström. D.: 34'. Did. inglesi
Accompagnamento al piano di Maud Nelissen
Negli anni passati nella sezione Cent'anni fa si è potuto osservare come, nel genere drammatico, i film diventassero progressivamente più lunghi: nel 1912, i film in due e tre atti, di lunghezza dai 600 ai 1000 metri, sono ormai diventati uno standard internazionale. Se i cortometraggi ci avevano mostrato intere vite condensandole in episodi chiave - come le stazioni della via crucis -, l'allungamento dei film dischiude al cinema una nuova possibilità, quella di descrivere i destini nella loro dimensione emotiva, e una nuova funzione, che resta ancora oggi centrale: quella di "portare l'Io fuori dall'angustia del proprio sentire quotidiano verso la libertà di partecipare ad altri destini umani" (Viktor Klemperer, 1912). Padre mostra un genitore che viene raggirato e privato di tutto dal suo concorrente d'affari, ma che rinuncia a riprendersi la propria vita per proteggere la felicità della figlia. Il film emana il calore sentimentale di un'opera di Verdi. Il protagonista della storia, in apparenza un vagabondo emarginato dalla società, attinge la grandezza d'animo di un Jean Valjean. Per contro Sjöström, nel suo film d'esordio Trädgårdsmästaren (con il regista nel ruolo del titolo), mostra un padre spietato, un padre padrone, uno stupratore. Sjöström e lo sceneggiatore Stiller mettono sotto accusa il patriarcato, come dopo di loro faranno Dreyer in Præsidenten (1919), e Olga Preobrazhenskaya e Ivan Pravov in Baby Ryazanskie (1928). Con la realizzazione di Padre il cinema italiano compie un ulteriore passo verso la definitiva legittimazione culturale che da alcuni anni insegue con metodo: se dal 1908 in avanti sono i soggetti tratti dalla tradizione 'alta' del teatro e della letteratura a nobilitare lo spettacolo cinematografico, nel 1912, con l'uscita nelle sale del film dell'Itala, è la recitazione cinematografica a diventare 'capolavoro'. Non è questione secondaria. Per i detrattori del cinematografo l' 'arte muta', proprio in quanto 'muta', mai avrebbe potuto avvicinare le potenzialità espressive del teatro: con l'interpretazione di Ermete Zacconi in Padre la teoria sembra vacillare. La parola non è più un discrimine: sullo schermo il grande attore può farne a meno. La macchina da presa non solo non limita, ma al contrario enfatizza le qualità del vero mattatore che si dimostra capace, anche sullo schermo, di reggere la scena in modo esemplare, pur utilizzando esclusivamente i virtuosismi della mimica, la monumentale presenza in campo, l'intensità del gesto. A prescindere dalla notevole prova di Zacconi, Padre è un film esemplare della migliore produzione italiana del 1912, in cui gli intrecci struggenti, tipici dei feuilleton di fine Ottocento, sono calati in una realtà moderna neo-industriale che mostra tutte le proprie contraddizioni. L'invidia tra classi, la crudeltà del mondo degli affari, la spietatezza del conflitto sociale sono le tematiche su cui si regge il soggetto. È un mondo violento, che rinnega ogni valore in nome del denaro, in cui i nobili sentimenti e l'altruismo emergono, per contrasto, con grande vivezza. I personaggi vengono svelati nella loro umanità con una ricerca introspettiva inusuale per il cinema dell'epoca; di contro, l'azione è resa con tratti realistici che ben si adattano al 'verismo' interpretativo di Ermete Zacconi, proto-divo del cinema italiano.
In recent years we have been able to follow, in the Hundred Years Ago/Cento anni fa section, the lengthening running times in the drama genre; and now, in 1912, two- and three-act films of 600m to 1,000m have become the international standard. If short films had shown us, in dramatically compressed form, whole lives via key episodes, like stations of the cross, now, with the longer film, a new possibility opened up - that of filling in the emotional dimension - and a new function, which remains crucial even now: "leading the self out of the confines of its everyday feelings into the freedom to participate in other people's fates" (Viktor Klemperer, 1912). The father in Padre is cheated out of all he owns by his competitor, yet gives up a chance to get his own life on track, choosing instead to protect his daughter's happiness. The film exudes the same emotional warmth as a work by Giuseppe Verdi. With the outward appearance of a tramp, a social outcast, the film's hero attains the moral stature of a Jean Valjean. Sjöström, on the other hand, in his first film, Trädgårdsmästaren (with the director himself in the title role), brings us a cold, power-hungry father, a rapist. Sjöström and scriptwriter Stiller put patriarchy in the dock as, after them, would Dreyer in Praesidenten (1919) and Olga Preobrazhenskaya and Ivan Pravov in Baby Ryazanskie (1928). The production of Padre took Italian cinema a step closer toward achieving the cultural legitimacy it had been pursuing for years: if starting in 1908 movie storylines drew from the tradition of 'high' theater and literature in order to elevate cinematography, in 1912, thanks to the release of Itala films, acting in movies became a 'work of art'. This was no small matter. Film skeptics viewed the "silent art" as incapable of reaching the same expressive potential of theater due to the lack of sound: Ermete Zacconi acting in Padre changed this conception. Words were no longer the determining factor: on the screen great actors can do without them. The camera does not place limits on the talent of a showman; on the contrary, it emphasizes his ability to brilliantly hold together a scene, even if depending only on the art of mime, a 'colossal' presence, and the intensity of gestures. Regardless of Zacconi's extraordinary performance, Padre is a fine example of the best Italian productions of 1912, with dramatic plots, similar to the feuilletons from the end of the nineteenth century, anchored in a new industrial reality with all of its contradictions. The envy between the classes, the cruelty of the business world, the harshness of social conflicts, all of these themes underlie the story. It's a violent world, where money is the supreme force, where noble sentiments and altruism surface in bright contrast. The characters reveal their humanity through an introspective journey that was unusual for cinema at the time, while the action shares a realism with the acting style of Ermete Zacconi, the prototype of the Italian movie star.
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