Presentazione

I festival non sono statue
Sempre più spesso camminando mi succede di sorprendermi davanti a una statua che fa solitaria mostra di sé in una piazza. Opere simboliche costruite per dare prestigio eterno a una personalità, un potente, un’idea. A distanza di tempo, però, questa scommessa con i posteri non funziona, queste opere non ci parlano più. Sono testimoni muti. Ecco, mi pare che spesso i festival, mi riferisco in particolare a quelli di cinema, siano un po’ come quelle statue. Sopravvissuti alla loro epoca, senza più ragione d’essere. Un festival, a mio avviso, deve essere un luogo vitale, in cui gli artisti si incontrano, espongono le loro opere, trovano un pubblico, in cui le idee circolano e, dopo il festival, tutti ripartono un po’ diversi da come erano arrivati. Se non è così, meglio chiudere.


Visioni Italiane, cos’è?
Con i suoi ventitré anni sulle spalle Visioni Italiane è un festival vitale; un festival dell’esordio: un luogo dove si mostrano documentari e cortometraggi di autori che stanno definendo il loro sguardo e sperimentando cosa e come raccontarlo. Opere che il mercato audiovisivo italiano fatica a riconoscere: non c’è da sorprendersi; il nostro è un paese che presta pochissima attenzione alle fasi chiave della creazione, al lungo percorso di formazione di un autore, al cammino che va dall’esordio al riconoscimento di sé.
Visioni Italiane è programmaticamente un festival anti-glamour, contro gli sprechi, senza tappeti rossi, senza celebrazioni, dove le star sono gli autori di film personali e che per questo pensiamo siano meritevoli di particolare attenzione. Film unici, che ci raccontano un paese estremamente complesso che i media nazionali non sono capaci di vedere.

L’età d’oro del cinema italiano, sempre e solo al passato?
Siamo troppo abituati a pensare che il bello sia passato, che non ci spetti. Eppure, guardando la produzione italiana contemporanea verrebbe da dire che qualcosa si muove. Per la prima volta, dagli anni Settanta, esistono molti autori di notevole valore, anche molto diversi tra loro, che però sembrano uniti da una stessa attenzione verso la realtà; studiano il nostro paese, la nostra epoca e ce ne restituiscono un’immagine profonda, che ci sorprendente, che ce la illumina. Questi autori, pure in presenza di un mercato debole - non possiamo dimenticare l’anomalia italiana, con un sistema televisivo che è bloccato e vecchio da trent’anni - sono un patrimonio prezioso del nostro presente da cui bisogna ripartire. Ci è sembrato logico allestire quindi, durante Visioni Italiane, due tavole rotonde, invitando gli autori e i produttori più interessanti per poetiche e per capacità produttive e un incontro con gli autori e produttori emiliano-romagnoli a un anno dall’entrata in vigore dei bandi di finanziamento della Regione Emilia-Romagna.


Due eventi e una certezza
Iniziamo Visioni con due grandi film di due maestri del cinema italiano, Nanni Moretti ed Ermanno Olmi. Palombella rossa è un film talmente profetico che, a ventotto anni di distanza, resta la più perfetta disamina della sinistra italiana. La figura di un ecclesiastico molto atipico, come Monsignor Martini, offre a Olmi la possibilità di raccontare l’Italia dal Novecento a oggi. È lo sguardo di un maestro, profondo, commosso e carico di rabbia. Due esempi altissimi che mostrano l’unicità del cinema italiano nel raccontare il nostro paese. Non sappiamo se, il 26 febbraio, Gianfranco Rosi avrà vinto l’Oscar per il miglior documentario, ma per noi è già talmente miracoloso che sia nella cinquina che ci è sembrato logico chiudere il festival con i suoi due film di esordio. Quando Rosi era uno sconosciuto e veniva a presentare le sue opere al Cinema Lumière di Bologna.


Pietro Marcello
Infine un omaggio all’autore più inclassificabile del cinema italiano. I suoi film sono così personali che non sappiamo ancora se Pietro è un documentarista che sa mettere in scena la realtà o un autore che rende unici i suoi film di finzione perché sa restituirci un’immagine che trabocca realtà. Il cofanetto, che esce in occasione del festival, contiene quasi tutte le sue opere fino a oggi ed è la testimonianza dell’inizio di un percorso artistico unico e avventuroso.


W il cinema
Ps: ci piace che la mostra Lumière! chiuda con Visioni, che i giovani autori possano scoprire
come tutto è iniziato e quanto di quell’inizio rimane, incosapevolmente, nel loro sguardo.

 

Gian Luca Farinelli

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