Le radici dei sogni. Intervista a Dario Zanasi e Francesca Zerbetto


I due autori bolognesi Francesca Zerbetto e Dario Zanasi hanno voluto regalare ai loro spettatori un biglietto per un viaggio attraverso l'Emilia-Romagna, senza doversi muovere dalla poltrona rossa su cui si è seduti. Le Radici dei Sogni - L’Emilia-Romagna tra cinema e paesaggio racconta la storia cinematografica di una regione che ha dato i natali a un gran numero di registi di fama internazionale.

"L’idea è nata lontano, in Sicilia", racconta Francesca Zerbetto. "Il lavoro è stato molto lungo: scegliere i film, gli autori, stabilire la durata del documentario e definire una struttura che potesse raccontare e che allo stesso tempo giustificasse questo legame tra cinema e paesaggio". Il percorso si sofferma su cinque zone principali, che scandiscono il ritmo della visione, ognuna delle quali viene introdotta da alcuni versi di autori emiliano romagnoli (Pascoli, Tondelli, Guccini, per citarne alcuni). Città e paesaggi sono rappresentati e descritti da film chiave, selezionati in seguito a "tagli dolorosi" di altre opere scartate, sebbene imprescindibili. Si parte dal suggestivo Po rappresentato in Ossessione, passando per la via Emilia, la Romagna di Fellini, Parma raccontata da Zurlini e Bertolucci, Piacenza teatro de I pugni in tasca, fino ad arrivare a Bologna, della quale Pupi Avati non è mai riuscito a liberarsi. Tra una sequenza e l’altra, le voci di chi ha interpretato l’Emilia, chi la Romagna, e di chi l’ha studiata a fondo.

Le singole tessere di questo mosaico vanno a comporre un vero e proprio paesaggio emozionale, attraversato da alcuni elementi ricorrenti: "la nebbia è il leitmotiv dell’intero documentario, è stata citata da tutti, persino da Terry Gilliam", spiega il regista Zanasi. "Questo lavoro è una riscoperta e riflessione su chi siamo, da dove veniamo, cosa ha nutrito le nostre fantasie. Io stesso ho avuto un nonno contadino e uno poeta, com’è nello spirito della nostra regione". Lo spirito contadino rappresenta infatti un’altra tessera fondamentale, nella quale affondano le radici di questo popolo tanto produttivo ed instancabile. E ognuna di queste tessere è a sua volta sostenuta da un impasto di stili complementari, che Zanasi riassume in due grandi filoni. "I film che meglio rappresentano il doppio nome, la doppia identità dell’Emilia-Romagna sono sicuramente Novecento e Amarcord: da un lato il realismo di Bertolucci, dall’altro l’immaginario fantastico di Fellini. Guardando alla storia del cinema, lo si potrebbe paragonare allo scarto narrativo che intercorreva tra lo stile dei fratelli Lumière e quello di Georges Méliès". Per Francesca Zerbetto, invece, questo lavoro è stato "un’occasione per scoprire nuovi registi, primo tra tutti: Valerio Zurlini".

Nel coro è impossibile non notare la discrepanza tra l’ampia selezione di pellicole risalenti al periodo classico del cinema italiano e quelle contemporanee, che dal punto di vista numerico non reggono il confronto. Forse questo territorio non evoca più la stessa ricchezza di sensazioni di un tempo? "Rispetto al passato è cambiato tutto il sistema di fare film, non esiste più il presupposto culturale che animava i grandi cineasti. Ma non ne trarrei conclusioni drammatiche, semplicemente sono cambiate le cose. L’Emilia Romagna, la nostra terra, ha sicuramente ancora molto da raccontare".

Intervista a cura di Roberta Cristofori.