L'ultimo proiezionista. Intervista a Vito Palmieri
Nel dicembre del 2013 usciva su Repubblica nazionale un articolo di Michele Smargiassi interamente dedicato alla storia di Paolo Romagnoli, di professione proiezionista, ma ancora per poco. Con l’inizio dell’anno venturo sarebbe infatti entrata in vigore una nuova normativa, che avrebbe messo fine alla distribuzione dei film attraverso le pellicole: tutto sarebbe arrivato su un supporto digitale. La storia di Paolo ha fatto il giro dell’Italia e ha colpito molte persone, studenti del DAMS, altri giornalisti, registi.
“Ricordo ancora l’articolo, su due pagine belle grandi. Ho contattato Paolo, gli ho spiegato il mio progetto e in seguito ci siamo incontrati personalmente. Ha accolto benissimo la proposta, perché gli ho spiegato subito di voler realizzare un documentario sulla sua esperienza di vita nel cinema”. Questa idea si è trasformata nel cortometraggio L’Ultimo proiezionista, per opera del regista Vito Palmieri: autore di cortometraggi e documentari che si sono aggiudicati numerosi riconoscimenti, per i temi trattati e per la delicatezza stilistica che lo contraddistingue.
“Così sono iniziate le riprese. Sono durate due o tre giorni, in modo semplicissimo, come è il film stesso e come mi piace girare”. In 12’ Paolo racconta il suo lavoro, il legame che esso ha con il cinema ma soprattutto quello che Paolo stesso ha avuto con il cinema. “È la storia di un uomo che è legato al lavoro per il cinema ma anche alla passione. La sua vita è andata avanti anche in base ai film che ha visto con la sua famiglia. Lui stesso dice di essersi innamorato guardando Un uomo, una donna con la moglie, e quando lei era incinta ha avuto le doglie a forza di ridere davanti ad Un maggiolino tutto matto. Queste sono cose che ti fanno capire, indipendentemente da chi il cinema lo segue da cinefilo, da esperto, da addetto ai lavori, che i momenti più importanti della sua vita sono stati accompagnati dai film, e questa è una cosa bellissima”.
Vito non ha voluto farne un ritratto malinconico, il dramma di un passaggio epocale: il passaggio al digitale c’è stato e bisogna capirne i vantaggi. “Anziché rifiutare, perché per 45 anni ha fatto il proiezionista, Paolo decide di guardare avanti e seguire un corso per imparare a proiettare in digitale”. Come un bambino che impugna la penna per la prima volta, Paolo deve imparare ad utilizzare uno strumento a lui sconosciuto, e lo fa appunto con quella curiosità ed ingenuità che contraddistingue la fanciullezza. Impossibile non pensare al fatto che Palmieri abbia realizzato numerosi corti che hanno avuto come protagonisti proprio dei bambini: “Quello che puoi trovare nei personaggi da me descritti, che siano adulti, bambini, o adolescenti, è il racconto delle emozioni. Che devono essere paragonabili a quelle dei piccoli, anche per gli adulti. Attraverso occhi diversi, rimangono sempre le stesse”. Lo stesso cinema Alba in via dell’Arcoveggio, quello in cui lavora Paolo, è un cinema parrocchiale che proietta prevalentemente film per bambini nel weekend. E da quando si è passati al digitale, ha riguadagnato una buona fetta di spettatori.
L’Ultimo proiezionista è stato presentato in anteprima al festival ‘Visioni Italiane’ all’interno della sezione ‘Fare cinema a Bologna e in Emilia-Romagna’. Sebbene Vito Palmieri sia originario di Bitonto, aveva già scelto in passato questa città come scenario per diversi suoi lavori (Anna bello sguardo, Il Valzer dello Zecchino). “Io vivo qui da tanti anni e devo moltissimo a Bologna, perché mi ha spronato e sono soddisfatto di raccontare storie ambientate qui. C’è sempre stato un gran fermento, un fermento indipendente, ma purtroppo oggi non vi si girano più tanti film e dovremmo chiederci perché”.
Intervista a cura di Roberta Cristofori.