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PANE E CIOCCOLATA

(Ita/1973) di F. Brusati (110')

Regia e soggetto: Franco Brusati. Sceneggiatura: Franco Brusati, Jaja Fiastri, Nino Manfredi. Fotografia: Luciano Tovoli. Montaggio: Mario Morra. Scenografia: Luigi Scaccianoce. Musica: Daniele Patucchi. Interpreti: Nino Manfredi (Giovanni 'Nino' Garofoli), Anna Karina (Elena), Johnny Dorelli (imprenditore), Federico Scrobogna (Grigory), Paolo Turco (Gianni), Ugo d'Alessio (Pietro),Tano Cimarosa (Gigi). Produzione: Maurizio Lodi Fè per Verona Produzioni Cinematografiche. Durata: 116'
Restauro a cura di Fondazione Cineteca di Bologna, CSC - Cineteca Nazionale e Lucky Red in collaborazione con Paramount Pictures Corporation, Vivendi S.A. e famiglia Manfredi, realizzato dal laboratorio L'Immagine Ritrovata.
Per gentile concessione di Park Circus

 

Si tratta di un incontro, probabilmente  irripetibile, tra un regista raffinato, lirico e crudele, ancora in cerca di una rivelazione completa, e un attore come Manfredi, che ha sommato tante e tante rivelazioni complete da accettare ormai parti ardue, scabrose, impossibili. [...] La perfezione, la dose maggiore di perfezione, la correzione continua del concetto di perfezione che Manfredi con così caparbia, fervida, addirittura ossessiva applicazione persegue, non può non essere scomoda a chi gli si trovi a lavorare accanto. [...] Non credo proprio di esagerare nell'assicurare che Manfredi in Pane e cioccolata è all'altezza di Chaplin in Tempi moderni. Un Chaplin che si concede meno illusioni, perché italiano e conosce da generazioni e generazioni l'andamento della Storia. Un italiano è un italiano, è un italiano, è un italiano.

(Oreste del Buono)

 

Franco Brusati in Pane e cioccolata affronta, come si dice in gergo giornalistico corrente, il problema dell'emigrante italiano. [...] Come mai questo problema  in un secolo non ha fatto un passo verso la soluzione? Certo in parte perché la società italiana in complesso non è cambiata granché; ma in parte, pure, perché il senso di inferiorità dell'emigrante italiano ha origini non soltanto economico-sociali ma anche e soprattutto culturali in senso lato (cultura contadina di contro a cultura industriale), razziali (le razze non esistono ma la versione razziale del mondo razzista, sì) e, alla fine, estetiche. Questo, crediamo, ha voluto dire o non ha potuto fare a meno di dire Brusati con la sua storia di Nino Garofoli cameriere, onesto lavoratore ma oppresso da un acuto, ossessivo senso di inferiorità, del resto confermato dal disprezzo che gli dimostrano gli abitanti del paese che lo ospita. Questo senso di inferiorità porterà Garofoli a ossigenarsi i capelli e a parlare tedesco per nascondere a se stesso e agli altri la sua origine mediterranea; e, alla fine, a restare in Svizzera nonostante il disprezzo degli svizzeri e la nostalgia dell'Italia. [...] In realtà il film è una specie di match nullo fra Brusati e Manfredi. Nella prima parte, prevale Manfredi e abbiamo una commedia all'italiana con non poche citazioni chapliniane. Nella seconda Brusati, e abbiamo un film d'autore, di tipo espressionistico, aberrante e stravagante come un incubo o come un'opera d'arte.

(Alberto Moravia)

 

È stato un bellissimo film, al quale ho collaborato anche come sceneggiatore. Mi sono un po' riconosciuto in questo personaggio italiano emigrato in Svizzera.Vengo infatti da una famiglia di emigrati. Mia madre ha trascorso l'infanzia in America, mio nonno vi ha vissuto venti-venticinque anni. Conosco quindi gli inconvenienti dell'emigrazione, il fatto di sradicare un uomo dalla sua terra e di portarlo altrove. Non gli resta più niente. Mio nonno era completamente  distrutto, parlava solo con Dio e l'accusava di tutti i suoi malanni. Con Brusati ho cercato quindi di allargare il discorso alla condizione dell'uomo di oggi che non ha più patria, né terra. È la condizione di molti di noi, di molti italiani.

(Nino Manfredi)

Proiezioni:
Giovedì 7 agosto 2014
Piazza Maggiore
21.45
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo: