LA BALLATA DEL BOIA
(El verdugo, Spagna-Italia/1963)
Regia: Luis García Berlanga. Soggetto: Luis García Berlanga. Sceneggiatura: Ennio Flaiano, Luis García Berlanga, Rafael Azcona. Fotografia:Tonino Delli Colli. Scenografia: José Antonio de la Guerra. Musica: Miguel Asín Arbó. Montaggio: Alfonso Santacana. Interpreti: Nino Manfredi (José Luis), Emma Penella (Carmen), José Isbert (Amadeo), José Luis López Vázquez (Antonio), Ángel Álvarez (Álvarez), Guido Alberti (direttore del carcere), María Luisa Ponte (Estefanía), María Isbert (Ignacia). Produzione: Interlagar Film, Zebra Film. Durata: 89'
Copia provenente da CSC - Cineteca Nazionale
Introduce Roberto Chiesi
Già all'epoca e ancora oggi il più perfetto e maturo dei film di Luis García Berlanga, in Spagna La ballata del boia ebbe strenui difensori e acerrimi nemici per ragioni più politiche che cinematografiche. All'estero, nonostante la coproduzione italiana, il film non venne capito e "Positif " lo accusò addirittura di essere franchista e favorevole alla pena di morte, ovvero l'esatto contrario di ciò che palesemente era. [...] In La ballata del boia, insieme a un sensibile 'annerimento' del suo umorismo e a una crescente misantropia, Azcona garantì a Berlanga un rigore strutturale e una concezione dello spazio cinematografico privi di precedenti nella sua filmografia. Non è che Azcona abbia fatto scoprire a Berlanga il piano-sequenza (senza dubbio il regista doveva aver visto i film di Welles), ma lo ha incoraggiato a servirsene, e con risultati magnifici. [...] Il soggetto di La ballata del boia possiede la logica schiacciante e fatale di un sillogismo e porta tutte le premesse fino alle loro estreme conseguenze: ogni scappatoia si trasforma in una nuova trappola, dalla quale alla fine non vi è più alcuna via di scampo. Il film inizia come commedia di costume dai toni un poco macabri, si trasforma in assurdo incubo del reale e termina in muta tragedia dell'irreversibile. Questa terribile parabola sui rischi del non saper dire 'no', continuando a fare piccole concessioni e sperando nella fortuna, costituisce anche un ritratto durissimo della Spagna progressista. [...] Nonostante la censura sia intervenuta sulla sceneggiatura e abbia imposto ulteriori tagli dopo la première veneziana, è sorprendente ciò che Berlanga riesce a mostrare dietro l'involucro umoristico del film: anche per questo La ballata del boia rimane un'opera assolutamente viva, molto più di altri film coevi che dietro le ambizioni di denuncia, il carattere realista e il tono solenne tradivano una visione più limitata e meno audace. La ballata del boia è attuale come lo era quarant'anni fa, nonostante tutti i cambiamenti intervenuti nel frattempo: la sua analisi è ancora efficace e alcune caratteristiche tipiche della società spagnola sono rimaste identiche a quelle descritte da Berlanga. Ogni volta che il film passa in televisione, continua a inquietare, a commuovere e nello stesso tempo a far sorridere quanti hanno imparato a essere scettici rispetto a molti dei progressi degli ultimi decenni.
(Miguel Marías)
precede
L'AVVENTURA DI UN SOLDATO
(episodio di L'amore difficile, Italia/1962)
Regia: Nino Manfredi. Soggetto: dal racconto omonimo di Italo Calvino. Sceneggiatura: Giuseppe Orlandini, Fabio Carpi, Ettore Scola, Nino Manfredi. Fotografia: Carlo Carlini Erico Menczer. Scenografia: Nedo Azzini. Interpreti: Nino Manfredi (il soldato), Fulvia Franco (la vedova), Rosita Pisano (la madre della bambina). Produzione: Achille Piazzi per S.p.A. Cinematografica, Eichberg-Film. Durata: 26'
Il film è nato da un'idea del produttore Piazzi, che voleva far esordire come registi quattro attori scelti tra quelli che avevano dimostrato un maggior interesse per la regia. [...] Mi diedero da leggere i racconti di Calvino e mi soffermai su L'avventura di un soldato, dove capii che c'era un'idea con cui potevo confrontarmi: inconsciamente la molla dell'interesse mi scattò dentro anche perché io stesso avevo vissuto una esperienza in certo modo simile quand'ero giovane, durante una gita estiva a Ostia. Mi decisi allora per questo racconto; e dato che i miei padreterni erano stati Chaplin e Buster Keaton, mi dissi che se volevo dimostrare a me stesso di aver capito il cinema, dovevo rifarmi al cinema muto, alla nascita del cinema. Misi solo le battute degli altri viaggiatori e i rumori: sentii che era importante l'ansimare della locomotiva, il rumore del treno, che mi doveva rappresentare il battito del cuore del soldatino, il suo stato d'animo.
(Nino Manfredi)
Tariffe:
Ingresso libero