LA SIGNORA OMICIDI
(GB/1955) di Alexander Mackendrick (97')
Sceneggiatura: William Rose. Fotografia: Otto Heller. Montaggio: Jack Harris. Scenografia: Jim Morahan. Musica: Tristram Cary. Interpreti: Alec Guinness (professor Marcus), Katie Johnson (Louisa Wilberforce), Cecil Parker (Claude, 'maggiore Courtney'), Herbert Lom (Louis, 'Mr. Harvey'), Peter Sellers (Harry, 'Mr. Robinson'), Danny Green (One-Round, 'Mr. Lawson'), Jack Warner (commissario), Frankie Howerd (venditore ambulante), Philip Stainton (sergente MacDonald), Kenneth Connor (tassista), Edie Martin (Lettice), Jack Melford (detective), Ewan Roberts (agente), Fred Griffiths (rigattiere). Produzione: Michael Balcon per Ealing. Durata: 97'
Copia proveniente da Tamasa Distribution
Introduce Roy Menarini
Peter Sellers è stato 'cattivo' fin dagli esordi. La sua prima parte importante, quella che lo mette a diretto contatto con il suo idolo, Alec Guiness (e, per inciso, con quello che anni dopo diventerà il suo antagonista per eccellenza, Herbert Lom), è quella di Harry, il teddy boy della banda del diabolico professor Marcus, in La signora omicidi, capolavoro perfido di Alexander Mackendrick e ultimo vero guizzo della Ealing. Harry probabilmente è solo un ragazzone grasso nascosto dietro la sua aria da bullo; proprio come Leslie Quill, il vecchio proiezionista di La pazza eredità di Basil Dearden, è un brav'uomo con l'unico vizio del bere. Eppure è vero, come molti hanno sottolineato, che in fondo agli occhi tondi del Sellers appena trentenne e rassicurantemente grasso, c'è già un bagliore, che oscilla a richiesta dalla dabbenaggine stizzosa alla follia pericolosa. La signora omicidi è l'ultima grande commedia della Ealing e, tra tutte, è quella che ha conservato la maggiore popolarità; è anche l'ultima punta di quello che è stato considerato il più originale e inimitabile prodotto del cinema inglese. Gli studi Ealing, fondati nel 1907, vissero il periodo di maggiore splendore tra il 1938 e il 1958 sotto la direzione di Michael Balcon che, con l'assistenza artistica di Alberto Cavalcanti, fece maturare una squadra di giovani autori (da Basil Dearden a Charles Crichton a Carol Reed), sceneggiatori, montatori, direttori della fotografia, assecondandone anche le tendenze centrifughe rispetto all'impegno morale e patriottico del periodo bellico. Inaugurate da Passaporto per Pimlico di Henry Cornelius nel 1949, e culminate con Kind Hearts and Coronets di Robert Hamer, le commedie Ealing pullulavano di personaggi eccentrici, inventori misogini, timidi impiegati, signore bizzarre, scozzesi roboanti, in pratica di una piccolissima borghesia solidamente attaccata alle tradizioni del paese che guardava con uguale fastidio le imposizioni della burocrazia e l'aggressività del nuovo capitalismo. Nel 1955, la forza autoctona del 'popolo della Ealing' era già appannata, i suoi caratteri cominciavano a essere inghiottiti dalla modernizzazione culturale e sociale. Letto in questo contesto, La signora omicidi può essere interpretato come il canto del cigno delle Ealing Comedies: tinto di humour nero, come erano spesso stati i film precedenti, meticolosamente ambientato in un vero quartiere londinese (quello intorno alla stazione di St. Pancras), pronto a farsi beffe dell'autorità (amichevolmente, com'erano tradizionalmente amichevoli i poliziotti di quartiere), interpretato da soli eccentrici, pare sottilmente, sotterraneamente consapevole del proprio anacronismo. Alexander Mackendrick era un autore intelligente e personale, sensibile, nelle commedie come nei film drammatici, all'insofferenza del singolo rispetto alla violenza dell'ambiente. I cinque criminali, che mette in scena con acuta precisione fisionomica e comportamentale, gli sono simpatici: il professor Marcus di Guinness è un prototipo di ambivalenza dickensiana; il maggiore e il forzuto One-Round sono due poveracci a due diversi gradi di ingenua stupidità; il rockabilly del giovane Peter Sellers è poco di più di un ragazzaccio, e persino il gangster Louis, per quanto faccia il duro, non ha il cuore di sopprimere la vecchietta.
(Emanuela Martini)
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