SPETTACOLO DI VARIETÀ
(The Band Wagon, USA/1953) di Vincente Minnelli (112')
Soggetto e sceneggiatura: Betty Comden, Adolph Green. Fotografia: Harry Jackson. Montaggio: Albert Akst. Scenografia: Cedric Gibbons, Preston Ames. Coreografie: Michael Kidd. Direzione musicale: Adolph Deutsch. Musiche: Arthur Schwartz, Howard Dietz. Interpreti: Fred Astaire (Tony Hunter), Cyd Charisse (Gaby), Jack Buchanan (Jeffrey Cordova), Oscar Levant (Lester Marton), Nanette Fabray (Lillie Marton), James Mitchell (Paul Byrd), Robert Gist (Hal Benton), Thurston Hall (Col. Tripp), Ava Gardner (se stessa). Produzione: MGM. Durata: 112'
Spettacolo di varietà ha per tema principale il valore assoluto dell'arte - di qualsiasi arte - e nel contempo la necessità di riconoscere ai singoli ambiti d'operazione artistica la loro autonomia e i loro specifici confini rispetto agli altri. La prima parte di questo assunto è ben manifestata dalla canzone guida That's Entertainment che suona come una dichiarazione di poetica da parte del regista: "Tutto quel che accade nella vita può accadere in uno spettacolo. Tu li fai ridere, tu li fai piangere, qualunque cosa può andar bene". [...]
È importante notare che il tema principale del film si sviluppa avendo sullo sfondo un altro tipico tema del musical di sempre, quello dell'allestimento di uno spettacolo e del suo corollario: lo spettacolo deve continuare (The show must go on). Si tratta di un tòpos che percorre il genere sin dai suoi inizi (ad esempio nei primi musical di Berkeley degli anni Trenta) e che Minnelli qui riprende non tanto per seguire la tradizione, ma, in certo modo, per concluderla. Mentre infatti in passato questo luogo retorico era stato impiegato con intenti drammatici (sia pure nell'atmosfera leggera tipica del genere) per impostare lo sviluppo della storia, qui esso si giustifica primariamente come occasione di riflessione sull'arte della messa in scena, complicata da un'ulteriore componente tematica, quella relativa alla storia personale del protagonista, evidentemente emblematico di un'epoca del musical che è ormai trascorsa e finita. Bastano questi brevi cenni per comprendere come Spettacolo di varietà, pur nella sua gaiezza, sia un'opera crepuscolare che intreccia biografia personale (quella di Tony Hunter) e mutamenti di gusto, riflessione sulle arti di performance (e non solo quelle) e tecnica della messa in scena.
Come molti musical Spettacolo di varietà si sviluppa su due piani, quello mimetico della vita reale e quello della messa in scena spettacolare. In altre parole, da un lato assistiamo alla vicenda abbastanza verosimile delle vicissitudini di una troupe teatrale e dall'altro osserviamo alcuni dei numeri musicali messi in scena dallo spettacolo. In realtà i numeri musicali della pellicola si dividono in due tipi in relazione alla loro natura e alla loro funzione. In particolare, quattro di essi (By Myself, Shine on Your Shoes, That's Entertainment, Dancing in the Dark) non fanno parte del programma dello spettacolo, ma, per così dire, 'musicalizzano' la realtà della storia narrata [...]. Anche in questo senso Spettacolo di varietà si presenta come un'opera riassuntiva delle due grandi linee programmatiche del genere musicale, quella della semplice ripresa della messa in scena e quella della realtà come messa in scena musicale. Naturalmente la pellicola di Minnelli non è l'unica nella storia del musical a presentare un accostamento di questo tipo. Essa però si pone in un momento particolare nella storia del musical che già rende emblematico tale accostamento, e in più tratta di una storia di mutamento nello stile e nel gusto della performance che lascia intendere bene quanto il genere sia ormai arrivato a un giro di boa che nella fattispecie assume più che altro le forme di un tramonto.
(Franco La Polla)
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