AWARA ‒ IL VAGABONDO
(India/1951) di Raj Kapoor (168')
Regia: Raj Kapoor. Soggetto: K.A. Abbas, V.P. Sathe. Sceneggiatura: K.A. Abbas. Fotografia: Radhu Karmakar. Montaggio: G.G. Mayekar. Scenografia: M.R. Achrekar. Musica: Shankar Jaikishen. Canzoni: Hasrat Jaipuri, Shailendra. Interpreti: Prithviraj Kapoor (Raghunath padre), Nargis (Rita), Raj Kapoor (Raj Raghunath), K.N. Singh (Jagga), Shashi Kapoor (Raj da giovane), Cuckoo, B.M. Vyas (Dubey, il padre di Rita), Baby Zubeida (Rita da giovane). Produzione: Raj Kapoor per R.K. Films. Durata: 168'
Per concessione di Toronto International Film Festival Bell Lightbox nell'ambito di "Raj Kapoor and the Golden Age of Indian Cinema" a cura di Noah Cowan e organizzato da TIFF, IIFA e RK Films con il supporto del Governo dell'Ontario
Il successo fenomenale di Chaplin e Raj Kapoor sta forse nel fatto che entrambi si identificavano con i diseredati, nei quali riconoscevano la bellezza e la verità della semplicità e dell'innocenza.
(Kumar Shahani)
Sono figlio degli anni Settanta, ma ho vissuto e respirato il cinema degli anni Cinquanta. Nelle sere d'estate mio nonno ci portava quelle magnifiche pellicole e ce le mostrava con il suo proiettore. La magica sequenza onirica di Awara di Raj Kapoor, l'intensità poetica dei film di Guru Dutt, la verità universale incarnata dalle storie di Bimal Roy: per me il cinema era vivo e palpitante. Il cinema indiano si segnalò al mondo con Awara, che conquistò non solo le platee dell'India ma anche quelle della Russia sovietica, della Cina e dei paesi arabi. La popolarissima canzone Awara hoon (Sono un vagabondo) segna l'esordio del celebre personaggio - liberamente ispirato a Charlot - che Raj Kapoor interpretò in vari film successivi. Definito da alcuni un "melodramma edipico", il film narra di un rispettabile giudice che caccia di casa la moglie incinta sospettata di infedeltà. Il loro figlio, Raju, cresce nei bassifondi e diventa un vagabondo che vive di espedienti. Innamoratosi della figlia prediletta del giudice, entra in conflitto con il padre, interpretato dal vero padre di Raj Kapoor, il vecchio attore Prithviraj Kapoor.
Negli anni Cinquanta l'India era un paese di recente costituzione, da poco affrancatosi dal colonialismo e pieno di speranze e di aspirazioni. Con l'industrializzazione e la Partizione, l'emigrazione divenne uno stile di vita. Le città promettevano benessere e nuove opportunità ma anche, nei bassifondi, una realtà fatta di sfruttamento, crimine e precarie condizioni di vita. Quegli anni videro la nascita di una nuova generazione di registi che voltò le spalle alla mitologia e ai drammi storici. I loro film tendevano fortemente verso la critica sociale. Gli artisti di sinistra erano attratti dal cinema, che vedevano come un potente mezzo per convincere e fare proseliti. Quando il neorealismo italiano riuscì ad approdare in India, grazie a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica i registi indiani scoprirono che le lotte dell'uomo erano un'istanza universale. Bimal Roy, Raj Kapoor, Guru Dutt, Mehboob Khan, S.S. Vasan e Ritwik Ghatak erano alcuni dei registi 'ribelli' che fecero degli anni Cinquanta il capitolo più glorioso della storia del cinema indiano, la sua vera Età dell'Oro.
Queste opere rappresentano un patrimonio cinematografico ricco e vario che rischia oggi di scomparire. In India furono girati 1700 film muti, dei quali sono sopravvissuti solo cinque o sei titoli completi. Tragicamente abbiamo perduto il nostro primo film sonoro, Alam Ara (1931). Nel 1950 l'India aveva già perso il 70-80 per cento dei suoi film: era la conseguenza della diffusa e presuntuosa convinzione che la pellicola fosse eterna. La proiezione di questi film non serve solo a confermare l'unicità di un patrimonio cinematografico, ma a ricordare che esso va salvato al più presto.
(Shivendra Singh Dungarpur)
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