Venerdì 3 luglio 200918.30
Cinema Lumière - Sala Scorsese

UNA DONNA LIBERA

(Italia/1954) R.: Vittorio Cottafavi. D.: 94'. V. italiana

Mi ritrovai in questa situazione, che avendo molti dubbi sulla struttura narrativa del testo, leggermente alla Guido Da Verona, quindi molto datato, mentre lo si doveva fare a metà degli anni Cinquanta, io tentai un'altra soluzione. Poiché la materia narrativa era quella che era, e io non potevo riscriverla, con elementi decadentistici e dannunziani che mi davano noia, allora utilizzai qualcosa del mio Una donna ha ucciso, recuperandone il clima, ma soprattutto mi accanii a raggiungere una perfezione di linguaggio, di ritmi, di movimenti di macchina, di piani-sequenze. Fu insomma una esercitazione calligrafica su un materiale che non sentivo mio. Tanto che, quando il film andò male, come avevo previsto, Misiano attribuì l'insuccesso non alla mediocrità del soggetto, ma al fatto che esso era troppo bello, troppo ben fatto.
(Vittorio Cottafavi, intervista curata da Gianni Rondolino, 8-9 gennaio 1980, in Gianni Rondolino, Vittorio Cottafavi cinema e televisione, Cappelli Editore, Bologna 1980)

Resta che il calligrafismo si traduce in ricerca espressiva vera, e raggiunge equilibri di stile sorprendenti. Alludo al brano nel quale Liana e Gerardo sono inquadrati dall'alto presso una balconata di Piazza di Spagna: macchina avanti pian piano, il tanto che occorre per includere la linea retta ("infinita", cioè incerta come il destino di quell'amore) di via Condotti; e al concerto: doppio movimento, da Gerardo a Liana e ritorno - con uno stacco su Gerardo inquadrato dal basso mentre dirige Wagner - per rendere la febbre attrattiva fra i due e dare, con lo stacco e l'inquadratura basso-alto, un segno anticipatore della prepotenza maschile. E alludo, infine, alla chiusa: Liana che, dopo aver compiuto il delitto, si specchia in una vetrina, poi è inquadrata dall'alto - schiacciata, quasi, sul selciato lucido - quindi, dopo uno stacco, è ripresa con primissimo piano della testa da dietro, mentre la mdp abbassandosi per inquadrare la prospettiva col cancello del posto di polizia, sortisce un effetto di levitazione. O, meglio, di elevazione. Schiacciata dalla colpa, Liana viene dostoevskianamente innalzata dalla scelta (liberatoria) del castigo. Ma non solo del personaggio protagonista si tratta; sviluppando una sorta di coazione a ripetere in termini di maligna e troppo circoscritta fatalità melodrammatica il film, nella seconda parte, rischia di compromettere per eccesso di moralismo il prezioso lavoro svolto dal regista sull'ambiguità di Liana e le sfumature di una vocazione che comprende da un lato un sano progetto emancipatorio, dall'altro una imprudenza passionale sempre generosa e sostanzialmente onesta. Il colpo d'ala del finale, però, blocca ogni deriva e recupera il moralismo a una più nobile, "giansenistica" moralità.
(Tullio Masoni, L'altra metà del cielo. I melodrammi degli anni Cinquanta, "Bianco e Nero", n. 559, edizioni del Centro Sperimentale  di Cinematografia, Carocci editore, Roma 2007)

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L'evento è parte di:
Il Cinema Ritrovato
  Vittorio Cottafavi
Dettagli sul luogo:
Piazzetta Pier Paolo Pasolini (ingresso via Azzo Gardino 65)

Numero posti: 144
Aria condizionata
Accesso e servizi per disabili
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