Presentazione

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Cos’è che rende unico e fantastico un festival come Il Cinema Ritrovato? Che cosa hanno in comune storici del cinema, specialisti del restauro e archivisti a cui si aggiungono ogni sera folle di bolognesi sullo splendido scenario delle proiezioni in Piazza Maggiore? La risposta più immediata è: l’amore per il cinema. Qualcosa che unisce con tanta più forza se consideriamo le incertezze sul futuro stesso del cinema e sulle possibilità, sempre più rare, di proiettare film in pellicola, soprattutto con gli standard qualitativi che Bologna può vantare. Più volte mi sono trovato a elencare i tanti temi, personaggi e territori del cinema che si pensavano perduti e che il festival ha invece recuperato. Potrei citare alcune considerazioni essenziali sull’argomento, ma la prima parola che mi viene in mente è: piacere. Emana da tutto ciò che programmiamo.

Un caso lampante è quello della sezione Cento anni fa, la forma più esaltante di viaggio nel tempo che, iniziata sei anni fa, raggiunge ora, col 1909, uno dei suoi anni più gloriosi. La serie, curata da Mariann Lewinsky, presenterà i film più interessanti, documentari e di finzione, sulla vita e l’immaginario di chi viveva esattamente un secolo fa. In particolare avremo due eventi speciali: un omaggio a Georges Méliès e una ricostruzione del primo festival di cinema della storia, che ebbe luogo appunto nel 1909.
Il colore sarà un tema costante e diffuso nel programma di quest’anno e per gli anni a venire. Apparentemente il semplice risultato di un avanzamento tecnologico, il colore, in realtà, è molto più di questo. È noto che i momenti più affascinati e memorabili sono quelli che seguono immediatamente l’affermarsi di ogni nuova invenzione. Ecco perché sarà una festa ripercorrere questo viaggio dai film colorati a mano, a quelli virati fino al Technicolor a tre matrici. Assieme a questi continueremo con la nostra sezione (giunta ormai al suo sesto anno) dedicata al wide-screen che quest’anno si occuperà del CinemaScope.

Come i nostri affezionati spettatori sanno, le sale principali sono tre: il Lumière 1 per il cinema muto, il Lumière 2 per i primi film sonori e l’Arlecchino, una splendida sala degli anni Cinquanta, per i film più recenti (ma non necessariamente, visto che in quella sala avremo anche film muti, così da poterne apprezzare appieno la forza e la bellezza). A queste si aggiungono il Teatro Comunale, dove verrà proiettato il più grande dei film pirandelliani, Il fu Mattia Pascal di Marcel L’Herbier, con una partitura inedita di Timothy Brock, e piazza Maggiore che partirà con Scarpette rosse di Michael Powell e Emeric Pressburger e chiuderà con Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, entrambi splendidamente restaurati. E in mezzo a questi, altri restauri molto attesi come Le vacanze di M. Hulot di Jacques Tati, Senso di Luchino Visconti, un buon candidato al titolo di miglior film a colori di tutti i tempi, e La folla di King Vidor, uno dei film più decisivi e centrali del cinema statunitense (e non solo), accompagnato da Henrik Otto Donner, il grande vecchio del jazz scandinavo.

E se il colore, apparentemente un argomento senza tempo (ma in realtà non è così), è uno dei temi dominanti del festival di quest’anno, l’altro motivo è proprio il tempo (ovvero la storia). Un tema che è inevitabilmente presente in ogni film, ma contemporaneamente s’incarna in ogni singolo film e nel periodo in cui è stato girato (a patto che qualcuno voglia o possa scindere questi due elementi estremamente legati fra loro). Nessun forma artistica, oltre al cinema, è capace di fare altrettanto. La selezione di film su Vichy, “raccontata dall’interno”, riesce a darci una sorta di visione tridimensionale di quel periodo. La rassegna, curata da Eric Le Roy. coglie il bersaglio: film dei generi più diversi che complessivamente descrivono un’atmosfera del tutto singolare e, assieme a quella, lo stato di salute del cinema francese in un momento in cui l’umanità sembrava nel punto più basso della sua parabola (al contrario del cinema, che invece era ai suoi massimi). La storia diventa presenza tangibile anche nella sezione 'Doppio sguardo', curata da Laurent Garreau e dallo staff di “Italia Taglia”, che ci dà l’opportunità di verificare le diverse strategie dell’istituto della censura in Francia e in Italia.

Un’ulteriore, fantastica prospettiva viene offerta dalla compresenza di due rassegne dedicate al cinema italiano, ma relative a due periodi storici molto diversi tra loro: la prima raccoglie i film degli anni Dieci e Venti che hanno come protagonista Maciste, la seconda è dedicata a Vittorio Cottafavi, autore di vari film storici e di peplum, un regista capace di trattare con rispetto, gusto letterario e acume visivo i vari generi, spesso considerati minori, che si è trovato ad affrontare.

Dopo la splendida rassegna dedicata l’anno passato a Josef von Sternberg (di cui continueremo a occuparci con programmi speciali), quest’anno è la volta di Frank Capra: la maggior parte dei suoi film muti sopravvissuti, alcuni dei quali realmente “invisibili” da tempo, a cui s’aggiungono i suoi fantastici, e troppo poco noti, inizi nel cinema sonoro. Tutti film che ci colpiscono ancora oggi, quasi fisicamente.

Difficile dire quale sia la sezione più “rara” dell’intero festival, anche se un buon candidato potrebbe essere proprio Kinojudaica, dedicata al cinema russo realizzato da attori e registi ebrei e curata da Natacha Laurent e Valérie Pozner. E se i nomi di Michail Romm e di Evgenij Bauer sono noti a tutti, lo stesso non può dirsi di molti altri, a riprova di quanto sia angusta e convenzionale la nostra nozione ufficiale di storia del cinema.

Nelle varie sezioni assisteremo naturalmente alle performance di parecchi, fantastici attori, ma se dovesse mai esserci una gara, allora il premio dovrebbe andare al “paysage-acteur” di Jean Epstein, ovvero al mare che Epstein scelse come protagonista per una serie di documentari sperimentali. Un capolavoro poetico che raccoglie vent’anni di osservazioni sul più immutabile degli elementi naturali.

Due piccoli ritratti di eminenti personalità ci permetteranno di mostrare alcuni film sconosciuti anche ai più informati tra i nostri spettatori. Attore, regista, produttore, Eleuterio Rodolfi (1876-1933) è ancora oggi una delle figure più misteriose del cinema italiano tra anni Dieci e Venti, autore tra l’altro, nel 1917, di una celebre versione dell’Amleto. Anita Berber (1899-1928) è l’androgina e leggendaria figura della Berlino di Weimar, attrice, danzatrice senza veli, prostituta, scrittrice, la cui breve vita colpisce i nostri occhi con immagini enigmatiche. I film a più storie, quelli in cui s’intrecciano i destini di una dozzina di personaggi diversi, senza un unico protagonista principale, divennero in un certo periodo del cinema inglese un vero e proprio sottogenere. Questo quartetto di film diretti da Walter Forde, Victor Saville, Berthold Viertel e Carol Reed, sta lì a testimoniarlo.

Le rarità, i restauri e le riscoperte sono da sempre una delle specialità del festival: ognuna di queste vale già da sola il prezzo del viaggio a Bologna. Quest’anno abbiamo Anni difficili di Zampa (un gioiello che risale ai primi anni del neorealismo), L’Enfer (un film incompiuto e ritrovato di Henri-Georges Clouzot, con una fantastica Romy Schneider), Sole (o almeno le immagini della lavorazione del celebre film d’esordio di Alessandro Blasetti), Occupati di Amelia! (il film che Claude Autant-Lara considerava il suo miglior risultato) e Fuoco! di Gian Vittorio Baldi (1968), un capolavoro moderno, testimone di un momento particolarmente felice del cinema italiano.

Anche quest’anno la sezione dedicata a Charles Chaplin si occupa in realtà dell’influenza che ha esercitato sulle persone con cui ha lavorato. Harry d’Abbadie d’Arrast, assistente di Chaplin, è stato un importante regista, poco noto al grande pubblico, ma fortemente sostenuto da una ristretta cerchia di conoscitori. Il “mistero Chaplin”, inoltre, sarà ulteriormente indagato da Cecilia Cenciarelli che in un dossier speciale illustrerà il suo progetto per un film su Napoleone.

L’ispirazione principale del festival, quella di presentare vecchi film come se fossero nuovi (e nuovi film, anche già visti, come parte della storia del cinema), si trova perfettamente incarnata in uno dei suoi ospiti, il grande Richard Leacock. Direttore della fotografia nell’ultimo film di Robert Flaherty, Louisiana Story, Leacock divenne poi uno dei principali esponenti di quella tendenza che negli Stati Uniti prese il nome di “direct cinema” e in Europa di “cinéma vérité”, di cui A Stravinsky Portrait è uno splendido esempio.

La presenza umana, in effetti, è molto importante per noi, e quindi anche la voce dei maggiori registi, così come emerge dalle interviste realizzate da André S. Labarthe e Janine Bazin in Cinéastes de notre temps. Un atto d’amore nei confronti della cinefilia, di cui siamo testimoni attivi anche noi negli otto giorni della nostra manifestazione bolognese, che è presente anche negli omaggi a Bernard Chardère e Henri Langlois.

Vorremmo dedicare infine l’edizione del festival di quest’anno alla memoria di tre amici che ci hanno lasciato, Francis Lacassin, Franco La Polla, João Bénard da Costa. Franco La Polla sapeva che la cultura non è cultura se non si apre al mondo e agli altri, e sapeva fin troppo bene che il cinema non è sem plicemente cinefilia. Tenendo magari in mente l’opera dei suoi cineasti di riferimento: da una parte François Truffaut e Sydney Pollack, per la loro profonda e autentica matrice umanistica; dall’altra Billy Wilder e Groucho Marx (col quale condivideva la passione per i sigari), per la limpidezza e l’arguzia di una parola che sa anche giocare con la vita, prendendola terribilmente sul serio. Ci lascia un corpus di studi sul cinema americano di enorme rilevanza e lucidità. Francis Lacassin è stato tra i pochi grandi studiosi ad aver dedicato una parte significativa della propria vita a esplorare la cultura popolare, i sistemi dello spettacolo, i gusti del pubblico tra Otto e Novecento, attraversando, sondando, ricostruendo, un universo sconfinato che aveva nutrito la letteratura, il cinema, la grafica, il teatro, i fumetti dando vita a un sistema dei media di cui oggi intuiamo la grandezza e la ricchezza. Da Gaston Leroux a Tom Pouce, dai Vampires a Fantomas, da Musidora a Gaston Modot, se oggi esiste un geografica precisa dello spettacolo e dei gusti popolari dell'inizio del secolo questo è stato possibile grazie all'intelligenza, alla curiosità, alla cultura esigente di Francis. Del secolo delle certezze (dimostratesi poi tutte infondate), Lacassin fu il vero controstorico. João Bénard da Costa, uno dei nostri amici più fedeli, direttore della Cineteca portoghese e sodale per decenni di Manoel de Oliveira nei momenti di difficoltà così come in quelli trionfali, era un poeta, un incomparabile promotore di eventi cinematografici e un raffinato programmatore. L’ultimo esempio di una razza in via d’estinzione, un uomo dalla sconfinata cultura cinematografica la cui opera sta tranquillamente alla pari con quella dei più importanti registi del cinema. Da questo punto di vista era della stessa classe di personaggi come Langlois e Godard, ma con una differenza: le sue battute erano più divertenti.
Siete tutti caldamente invitati a partecipare.

Peter von Bagh

Ci sono fili esili e tenaci che uniscono molti dei film di questa ventitreesima edizione. A cominciare dal ritrovamento, proprio durante la preparazione del festival, di due film, girati nel 1909, sui Ballets russes che erano appena sbarcati a Parigi. La coincidenza è sorprendente perché il Cinema Ritrovato 2009 sarà aperto dal restauro, inseguito per vari decenni, da Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker-Powell, di Scarpette rosse, film immenso, che rende omaggio alla grande stagione del balletto russo. Ma Scarpette rosse è anche uno dei film che meglio ha saputo raccontare la complessità, le asperità, e gioie e i dolori del processo creativo e il caso ha voluto che quest’anno fosse possibile mostrare L’enfer de Clouzot, miracolo realizzato da Serge Bromberg che ha ridato vita a una delle più affascinanti avventure creative della storia del cinema, il progetto inseguito, fatto nascere e poi dolorosamente abbandonato da uno dei maestri del cinema, perché la sfida era troppo grande, perfino per lui.

Purtroppo sono pochi i film che ricostruiscono i progetti falliti, ma tutti bellissimi; spesso un film che non si è potuto realizzare ci svela le grandi questioni della creazione molto più dei film realizzati. Il tema dell’impossibile, che non attraversa solo la creazione, è di casa al Cinema Ritrovato. Anche se potrete vedere molti film come mai avreste osato sperarlo, ci sono incontri che rimarranno solo dei miraggi. Clamoroso è il caso di Sole, uno dei grandi film del cinema italiano da sempre perduto. Il ritrovamento della bellissima bobina di backstage ci consente di capire molto meglio cos’era il film di Blasetti, ma non farà che accrescere il nostro dolore nel saperlo ancora lontano dai nostri occhi.

La perdita diviene ricchezza con il lavoro della censura, operazione molto amata da chi detiene il potere, molto in voga da quando esistono le immagini. Attraverso la comparazione di quello che si tagliava in Francia e in Italia dal dopoguerra alla soglia del ‘68, potremo vedere quanto siano diversi i due popoli più simili d’Europa e vedremo come da De Gasperi a De Gaulle le forbici si siano sempre rivoltate contro chi le utilizzava. Dove invece si sapeva usare assai bene l’arte dell’occultamento era in URSS, come la rassegna Kinojudaica dimostra, per darne un’idea, mostreremo l’unico film sovietico che, fino agli anni sessanta, ha parlato della Shoah!!!

Per chi cerca la verità, una passeggiata per i film di Vichy sarà una bella dimostrazione di come la realtà possa essere manipolata, ma anche un saggio di come un artista (Jean Delannoy) possa violare le indicazioni del potere e far sì che in sala parta l’applauso liberatorio degli spettatori che hanno capito l’intelligenza che viene dallo schermo. Per chi cerca il vero consigliamo d’iniziare con il 1909, dove c’è un programma sui film dal vero italiani del 1909. È un’Italia prefascista, bellissima, immagini che ci commuovono per una bellezza che stava per essere spezzata per sempre. Per chi crede che il documentario sia più potente della finzione, consigliamo il ciclo dei sei bellissimi film sul mare di Jean Epstein che disse “L’attore che mi ha dato più soddisfazione è l’isola di Ouessant, con la gente che ci vive dentro e tutta l’acqua”.

Chi crede nel documentario non potrà non venire all’incontro con Richard Leacock che da Louisiana Story ai documentari su Stravinskij o su Kennedy, fino ai concerti durante la grande stagione hippies statunitense, ha saputo restituirci, in maniera potente e personale, l’impasto della realtà. Nel 1909 appare la prima star cinematografica. Si chiama Cretinetti. Chi ama le star potrà incontrare, grandi come i nostri schermi, Anita Berber, il pappagallo Socrate, Asta Nielsen, Maciste, Barbara Stanwyck, Conrad Veidt, Ava Gardner, Alida Valli, … Il 1909 è stato l’anno di Griffith, che realizzò 140 film. Tra questi alcuni capolavori che potrete vedere nel programma curato da Tom Gunning. Per chi ama i maestri noti, visiteranno le nostre sale: Georges Méliès, Charlie Chaplin, Frank Capra, King Vidor, Mario Camerini, Jacques Tati, Vittorio Cottafavi, H.-G. Clouzot, Autant-Lara, J.-L. Godard, Sergio Leone. Per chi ama i meno noti, Rodolfi, d’Abbadie d’Arrast, Viertel, Zampa, Labarthe, Abdes-Salam, Baldi, Yang.
Per chi ama la musica, potrete ascoltare Ennio Morricone, Verdi, ma anche tutti i musicisti che si esibiranno per accompagnare film muti, Timothy Brock, Henrick Otto Donner, Antonio Coppola, Alain Baents, Maud Nelissen, Neil Brand, Donald Sosin, Marco Dalpane, Gabriel Thibaudeau.

Possiamo continuare a incrociare i temi, gli artisti, i film che presenteremo, ma tutte le combinazioni che possiamo offrirvi non rendono giustizia di quell’evento unico e irripetibile, che da ventitré anni, si materializza durante una settimana e che si chiama Il Cinema Ritrovato. Mentre siamo circondati da un web sempre più allettante, da dvd sempre più ben fatti, da una produzione corrente che sempre più raramente ci colpisce al cuore, perdersi dal mattino alla sera tra le proiezioni del Cinema Ritrovato, sarà come ritornare all’origine del nostro piacere, per ridare ossigeno ai nostri occhi e alla nostra mente. Benvenuti, per otto giorni alla sorgente della nostra passione.

Giuseppe Bertolucci e Gian Luca Farinelli

 

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