THE CROWD

(La folla, USA/1927) R.: King Vidor. Int.: James Murray, Eleanor Boardman. D.: 103' Did. inglesi 

Musiche jazz composte da Henrik Otto Donner ed eseguite da Juhani Aaltonen (sax tenore e flauto), Jukka Orma (chittara elettrica e voce), Henrik Otto Donner (tastiera e voce), Tero Tuovinen (basso), Mika Rintala (strumenti elettroacustici) e Esa Santonen (effetti sonori)

Copia restaurata da Photoplay Productions

Il tema dell'isolamento dell'individuo nella città - microcosmo sociale - è trattato in modo infinitamente migliore da Primo amore (1928) di Paul Fejos e anche da L'ultimo uomo (1924) di Murnau. È vero che Vidor complica il dramma della solitudine dell'individuo medio nella folla con il dramma della riuscita obbligata che l'America impone ai suoi concittadini.
Appartenere alla folla, essere uno dei suoi, dice in sostanza una didascalia, dividersi la sua solidarietà, è essere integrati, giocare il suo gioco, non avere né bisogni né problemi particolari. A questo prezzo (...) la folla apporta un bagno di forza e di gioia, al peggio d'indifferenza. Essa non è un male. Essere riconosciuti dalla folla, accettati o amati da essa, presuppone di esserne usciti, presuppone il successo. Il dilemma che pone Vidor è quindi insolubile perché in tutti i casi, nella folla o fuori da essa, anonimo o "qualcuno", bisogna prima di tutto avere successo. La polemica diviene così delle più sottili (ma al prezzo della sua evidenza): Vidor potrebbe allora fare il processo di una nazione che ha bisogno dei grandi uomini (sono disgraziate le nazioni che hanno bisogno di grandi uomini, diceva Bertolt Brecht), che accusa in ognuno il gusto e il bisogno del trionfo individuale, di una supremazia personale, e che è beninteso perfettamente incapace di garantire a tutti la possibilità di questo esito, di distinguersi. Un tale processo si profila in ogni caso quando l'eroe rigetta la riuscita "eccezionale" (che sua moglie gli rinfaccia come esempio) del suo grosso amico Ben (Bert Roach), arrivato, dice, a forza di leccare stivali. Si precisa meglio ancora quando i concorsi di slogan pubblicitari e la fortuna istituzionalizzata appaiono come strumenti di integrazione, di alienazione attraverso l'aspettativa frustrata. Perché il dramma reale della Folla, il dramma del suo eroe John Sims (James Murray) è in fin dei conti un dramma dell'ambizione.
(Barthélémy Amengual, Entre l'horizon d'un seul et l'horizon de tous,
"Positif", n. 161, settembre 1974)

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