Lunedì 30 giugno 201414.30
Cinema Lumière - Sala Scorsese

GUBIJINSO / OJO OKICHI

GUBIJINSO
(Il papavero/The Field Poppy, Giappone/1935)
R.: Kenji Mizoguchi. D.: 73'. V. giapponese

 

[Il papavero] T. int. The Field Poppy. Sog.: dal romanzo omonimo di Soseki Natsume. Scen.: Haruo Takayanagi, Daisuke Ito. F.: Minoru Miki. M.: Tazuko Sakane. Scgf.: Daizaburo Nakamura. Int.: Daijiro Natsukawa (Hajime Munechika), Ichiro Tsukita (Seizo Ono), Kazuyoshi Takeda (Tetsugo Kono), Chiyoko Okura (Sayoko), Ayako Nijo (Itoko), Mitsugu Terajima (il padre di Munechika), Toichiro Negishi (Asai), Kuniko Miyake (Fujio), Yoko Umemura (la madre di Fujio), Yukichi Iwata (Kodo Inoue). Prod.: Shochiku 
35mm. D.: 73'. Bn. Versione giapponese con sottotitoli inglesi / Japanese version with English subtitles
Da: National Film Center - the National Museum of Modern Art, Tokyo

 

La tragedia del cinema prebellico giapponese è duplice. A causa della guerra, dei disastri naturali, del degrado e dell'indifferenza, circa il 90 per cento dei film realizzati prima del 1945 è andato perduto. Inoltre, molti dei film superstiti sono copie che non rendono giustizia alla qualità degli originali. Molti classici degli anni Trenta sono sopravvissuti in copie logore, graffiate e strappate, spesso stampate da controtipi negativi 16mm. Restano così solo pallide ombre di quel che furono, nonostante gli attentissimi restauri.
È perciò una gioia presentare uno dei film più rari realizzati da Mizoguchi negli anni Trenta, Il papavero, restaurato a partire dai negativi originali su supporto nitrato. Tratto da un romanzo del grande scrittore Soseki Natsume su sceneggiatura di Daisuke Ito, maestro del jidaigeki, è un sobrio melodramma che attinge alle tematiche del teatro shinpa ma ispira anche paragoni con il cinema occidentale: "Con la destrezza di Max Ophuls" scrive James Quandt, "Mizoguchi insegue il motivo romantico facendo circolare un oggetto simbolico: un orologio pensato come regalo di nozze."
Pare che Mizoguchi fosse scontento del film. Fu assecondato in questo da alcuni critici: il recensore di "Kinema Junpo", pur lodando il lavoro del direttore della fotografia Minoru Miki, trovò che il film mancasse di quella ricchezza che ci si attendeva dal regista. In tempi più recenti, Antonio Santos ha scritto che "l'adattamento non rinuncia all'origine romanzesca e melodrammatica del titolo". Tadao Sato però lo considera un "tipico Mizoguchi", e grazie alle tematiche affrontate lo scontro tra la modernità occidentalizzata di Tokyo e i valori tradizionali della regione del Kansai - Il papavero esemplifica le tensioni espresse dal cinema giapponese degli anni Trenta e più in generale presenti nella società giapponese. "La vita dell'élite occidentalizzata è ritratta con profondo realismo" scrive Sato, "e il modo in cui [Mizoguchi] descrive la sensibilità della gente comune (shomin) sarebbe oggi difficile da eguagliare".

Alexander Jacoby e Johan Nordström

 

The tragedy of prewar Japanese cinema is twofold. As a result of warfare, natural disasters, wear and tear and plain indifference, around 90% of all the films made before 1945 are lost. Moreover, many of those that do survive are preserved in copies which barely do justice to the original quality of the films. Surviving in second hand prints, often copied via 16mm dupes, scratched and torn, many of the classics of the 1930s emerge, even after sensitive restoration, as shadows of their former selves.
It is thus a particular delight to feature a restoration of one of Mizoguchi's rarer films of the 1930s, The Field Poppy, restored from the original nitrate negatives. Adapted from a tale by the great early 20th-century author Soseki Natsume and based on a script by jidaigeki master Daisuke Ito, it is an understated melo- drama that draws on motifs from the shinpa theatre, but has also earned comparison with Western cinema: "With the deftness of Max Ophuls", James Quandt writes, "Mizoguchi tracks the romantic roundelay through the circulation of a symbolic object: a watch intended as a wedding gift".
Mizoguchi was apparently discontented with this work, and his sentiments have been seconded by some critics: the "Kinema Junpo" reviewer, while praising Minoru Miki's camerawork, found that it lacked the richness expected of its director. More recently, Antonio Santos has written that "the adaptation does not renounce the novelistic and melodramatic origin of the title". Yet for Tadao Sato, it is "quintessential Mizoguchi", and in its themes - the clash between the Westernised modernity of Tokyo and the traditional values of the Kansai region it remains exemplary of the wider tensions expressed in Japanese cinema in the 1930s and present in Japanese society as a whole. "There is deep realism in the depiction of the life of the Westernized elite", Sato writes, "and [Mizoguchi's] portrayal of the sensibilities of ordinary people (shomin) would be difficult to match today".

Alexander Jacoby e Johan Nordström

 

OJO OKICHI
(Giappone/1935) R.: Tatsunosuke Takashima. D.: 64'. V. giapponese

 

T. int.: Dame Okichi Sog., Scen.: Matsutaro Kawaguchi. F.: Kichishiro Uchizumi. Su.: Itsuki Morita, Shigenobu Suzuki. Int.: Isuzu Yamada (Ojo Okichi), Yoko Umemura (Otsune), Komako Hara (Okane), Shinpachiro Asaka (Ninzaburo), Shin Shibata (Yakichi), Toshio Hayashi (Hanjiro), Kasuke Koizumi (Senta), Ryunosuke Kumoi (Shohei), Tadashi Torii (Kiyoji), Shizuko Takizawa (Osaki). Prod.: Shochiku 
35mm. D.: 64'. Bn. Versione giapponese con sottotitoli inglesi / Japanese version with English subtitles 
Da: National Film Center - the National Museum of Modern Art, Tokyo
La copia è stata stampata da un controtipo negativo 35mm acquistato grazie a un fondo nazionale supplementare stanziato nel 2009. La colonna sonora è stata sottoposta a riduzione digitale del rumore / The print was struck from a 35mm dupe negative bought using a supplementary national budget in 2009. Digital noise reduction was applied to the soundtrack 


Altra rarità per gli ammiratori di Mizoguchi, per molti anni questo film non è nemmeno stato inserito nelle sue filmografie, almeno in Occidente. La ragione è che Mizoguchi non lo diresse da solo ma in collaborazione con Tatsunosuke Takashima, che aveva lavorato alle sceneggiature di Il papavero, Maria no oyuki (Oyuki la vergine, 1935) e di un precedente film andato perduto, Aizo toge (Il passo montano dell'amore e dell'odio, 1934). Il film è l'unica regia di Takashima, che nei titoli di testa figura per primo. Non si conosce l'entità del contributo di Mizoguchi, ma secondo David Bordwell il film è tipico del grande maestro, sia nella trama, sia nello stile. L'intreccio, come nel caso di Orizuru Osen (Osen delle cicogne di carta, 1935), si incentra su una donna (interpretata da Isuzu Yamada, diva prediletta di Mizoguchi) che, coinvolta nei loschitraffici di una banda criminale, finisce per innamorarsi di un giovane innocente. Bordwell osserva che il film presenta "anche alcune scene tipicamente mizoguchiane che indugiano su una malinconia chiaroscurale. Gran parte del film si svolge di notte, e l'atmosfera tetra ne è rafforzata. Ci sono alcuni campi lunghi notevolmente opachi e un momento in cui Okichi si volge verso la macchina da presa in una sorta di mesta sfida". Come Il papavero, questo film fu prodotto dalla Daiichi Eigasha fondata nel 1934 da Masaichi Nagata, ex produttore degli studi Nikkatsu di Kyoto, con personale composto da ex dipendenti della Nikkatsu. La Daiichi aveva noleggiato i teatri di posa dalla società indipendente di Chiezo Kataoka, divo dei film in costume, ma divenne di fatto un'affiliata della Shochiku, che distribuiva e finanziava le sue produzioni e la usò per farsi strada nel mercato tradizionale della Nikkatsu. Nei suoi due soli anni di attività la Daiichi produsse alcuni dei primi fondamentali film sonori di Mizoguchi come i due capolavori gemelli Naniwa ereji (Elegia di Osaka) e Gion no kyodai (Le sorelle di Gion), entrambi del 1936, che segnarono la transizione del regista dallo stile relativamente romantico ed essenziale del muto alla descrizione realistica delle esperienze della donna moderna giapponese. 

Alexander Jacoby e Johan Nordström

 

Another rarity for admirers of Mizoguchi, this film for many years was not even listed in his filmographies, at least in Western languages. The reason for this is that Mizoguchi did not serve as sole director, but collaborated with Tatsunosuke Takashima, who had worked on the screenplays of The Field Poppy, Maria no oyuki (Oyuki the Virgin, 1935), and the earlier lost film Aizo toge (The Mountain Pass of Love and Hate, 1934). The film is Takashima's only directorial credit, but he is first billed, and it is unclear as to how considerable was Mizoguchi's own contribution. Yet David Bordwell suggests the film is characteristic of the master both in plot and style. Its narrative, like that of the earlier Orizuru Osen (Downfall of Osen, 1935) focuses on a woman (played by Mizoguchi's regular star Isuzu Yamada) involved with a duplicitous gang who becomes emotionally committed to an innocent young man. Bordwell writes that the film "also has some typically Mizoguchian scenes that dwell on chiaroscuro melancholy. Much of the film takes place at night, and this strategy reinforces the somber atmosphere. There are some remarkably opaque long shots and one moment that includes Okichi turning toward the camera in a sort of plaintive challenge". Like The Field Poppy above, this film was produced by Daiichi Eigasha, a company founded in 1934 by Masaichi Nagata, former head of production at Nikkatsu's Kyoto studio, and staffed by other former Nikkatsu employees. Daiichi filmed at premises leased from period-film star Chiezo Kataoka's independent studio, but since Shochiku distributed and funded the new studio's product, it became in effect a subsidiary of Shochiku, used by that studio to make inroads into Nikkatsu's traditional market. Though Daiichi survived only for two years, it produced some of Mizoguchi's key early sound films, including the twin masterpieces Naniwa ereji (Osaka Elegy) and Gion no kyodai (Sisters of Gion, both 1936), which marked his transition from the relatively romantic, stylised manner of his silent films to a realistic focus on the experiences of modern Japanese women. 

Alexander Jacoby e Johan Nordström

Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli
Dettagli sul luogo:
Piazzetta Pier Paolo Pasolini (ingresso via Azzo Gardino 65)

Numero posti: 144
Aria condizionata
Accesso e servizi per disabili
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