AKANISHI KAKITA
(Giappone, 1936) Regia: Mansaku Itami
Sog.: da un racconto di Naoya Shiga. Scen.: Mansaku Itami. F.: Hiroshige Urushiyama. Mus.: Nakaba Takahashi. Su.: Shigeharu Tsukagoshi, Masataka Ikedo, Nobuo Yamauchi. Ass. regia: Kiyoshi Saeki, Masaki Mouri, Minoru Sano. Int.: Chiezo Kataoka (Akanishi Kakita/Kai Harada), Shosaku Sugiyama (Tetsunosuke Matsumae), Sojin Kamiyama (Aki), Yoko Umemura (Masaoka), Mineko Mori (Onami), Takashi Shimura (Taranoshin Tsunomata), Takeo Kawasaki (Monban), Masao Seki (Sabaemon di Irifuneya), Eiko Higashi (principessa), Michisaburo Segawa (Date Hyobu). Prod.: Kataoka Chiezo Productions. 35mm. 77'. Bn. Versione giapponese con sottotitoli inglesi / Japanese version with English subtitles
Da: National Film Center - The National Museum of Modern Art, Tokyo
Insieme a Yamanaka, Mansaku Itami (1900-1946) figura tra i principali registi attivi nel jidai-geki alla metà degli anni Trenta. La sua lettura del genere era però prevalentemente comica, e con film come il muto Kokushi Muso (Eroe senza pari, 1932), uno slapstick, realizzò una parodia garbata ma audacemente sovversiva dei codici del bushido. Basato su un racconto di Naoya Shiga sceneggiato dallo stesso Itami, Akanis Kakita è così descritto da Anderson e Richie: "uno schietto studio del carattere di un samurai che non è un eroe nel senso convenzionale del termine ma un uomo normalissimo, debole nel corpo per quanto forte nello spirito". In questo film arguto e avvincente, Itami schernisce le convenzioni del genere, dissacra i tabù (come il rituale dell'hara-kiri) e fa interpretare al suo divo preferito Chiezo Kataoka due ruoli antagonisti. Come scrive Mitsuhiro Yoshimoto, "con la scusa di valorizzare la celebrità di Chiezo affidandogli i due ruoli principali, Itami di fatto elabora una metacritica delle datate convenzioni del jidai-geki mediante il contrasto tra l'a- spetto naturalistico di Akanishi [l'eroe] e quello estremamente artificiale e antiquato di Kai [il suo avversario]". L'uso del sonoro in chiave comica è evidenziato dalla scelta incongrua di un pezzo di Chopin per accompagnare la sequenza iniziale. Come nel caso di Yamanaka, anche la carriera registica di Itami si concluse nel 1938, quando, dopo Kyojin-den (Il gigante), una versione di Les Misérables, il peggioramento delle sue condizioni di salute lo costrinse a ritirarsi. Continuò però a scrivere saggi e sceneggiature fino alla morte, sopraggiunta otto anni dopo. Suo figlio era il futuro attore e regista Juzo Itami, che negli anni Ottanta e Novanta ha fatto rivivere la tradizione satirica del padre.
Alexander Jacoby e Johan Nordström
Mansaku Itami (1900-1946) ranks alongside Yamanaka as one of the outstanding filmmakers active in the jidai-geki during the mid-1930s. His treatment of the genre was primarily comic, and with films such as the silent slapstick satire Kokushi Muso (Unrivalled Hero, 1932), he sent up the codes of bushido in graceful yet daringly subversive fashion.
Based on a short story by Naoya Shiga with a screenplay by Itami himself, Akanishi Kakita is described by Anderson and Richie as: "a genuine character study of a samurai who was not a hero in any conventional sense of the word, being instead a very ordinary man, weak in body if strong in spirit". In this witty and engaging film, Itami mocks the conventions of the genre and subverts sacred cows such as the custom of hara-kiri, while casting his regular star Chiezo Kataoka in two contrasting roles. As Mitsuhiro Yoshimoto writes, "Itami pretends to showcase Chiezo's star value by casting him in the two leading roles but in fact develops a metacriticism of jidai-geki's obsolete generic conventions by contrasting the naturalistic look of [the hero] Akanishi and the utterly artificial, antique-looking appearance of [his opponent] Kai". The comic use of sound technology is apparent in the incongruous use of a Chopin piano piece to accompany the opening scene.
As with Yamanaka, Itami's career as a director was at an end by 1938, when, after Kyojin-den (The Giant), a version of Les Misérables, worsening health forced his retirement. Nevertheless, he continued to write screenplays and essays until his death eight years later. His son was Juzo Itami, who sustained his father's tradition of cinematic satire through the 1980s and 1990s.
Alexander Jacoby and Johan Nordström
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