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Il Giappone parla! Seconda parte. Cantanti e spadaccini

Programmazione

 La transizione dal muto al sonoro in Giappone fu un processo lento. Solo a partire dal 1936 i film sonori costituirono la maggior parte della produzione cinematografica nazionale. Per buona parte degli anni Trenta, i muti continuarono ad affiancarsi alla produzione sonora, mentre le potenzialità estetiche delle nuove tecnologie venivano gradualmente assimilate. La seconda parte della retrospettiva si concentra su tre case di produzione: la P.C.L., con la sua enfasi sulla musica, la vita urbana e una penetrante critica sociale; lo Studio J.O., che si divideva tra tematiche sociali e molti jidai-geki (film in costume); la storica Nikkatsu con i suoi drammi in costume di stampo realistico. In collaborazione con il National Film Center di Tokyo.


Horoyoi Jinsei (Tipsy Life, 1933) di Sotoji Kimura • Enoken no Seishun Suikoden (Romantic and Crazy, 1934) di Kajiro Yamamoto • Ani Imoto (Ino and Mon, 1935) di Sotoji Kimura •  Hyakumannin no Gassho (Chorus of a Million Voices, 1935) di Atsuo Tomioka •  Tsuma yo bara no yoni (Wife! Be Like a Rose!, 1935) di Mikio Naruse • Sakasu Goningumi (Five Men from the Circus, 1935) di Mikio Naruse • Akanishi kakita (1935) di Mansaku Itami • Kochiyama Soshun (1936) di Sadao Yamanaka • Sekido Koete (Across the Equator, 1936) di Eiji Tsubaraya 

 

Nonostante il successo di film innovativi come Madamu to nyobo [La vicina e la moglie, 1931] di Heinosuke Gosho, all’inizio degli anni Trenta i film sonori in Giappone erano decisamente una minoranza. Verso la metà del decennio però la tecnologia sonora si era ormai ampiamente diffusa, grazie agli investimenti degli studio e delle sale cinematografiche. Nel 1933, la P.C.L. (Photo Chemical Laboratory) di Tokyo e il J.O. Studio di Kyoto avevano avviato la produzione specializzandosi esclusivamente in film sonori. Ma la transizione fu comunque lenta. Anche se un considerevole numero di film faceva un uso, seppur limitato, di tecnologie sonore, solo a partire dal 1936 i film sonori giunsero a costituire la maggioranza della produzione nazionale. In quel periodo, caso pressoché unico nella storia del cinema, i muti continuarono ad affiancarsi alla produzione sonora, mentre le potenzialità estetiche delle nuove tecnologie venivano gradualmente assimilate e sviluppate. Anche la situazione politica e sociale del Giappone attraversava un momento di transizione. Il fragile consenso liberale e democratico degli anni Venti era andato in frantumi e l’influenza dell’esercito si era fatta più forte. La borghesia conservava gusti e stili di vita occidentalizzati, ma il sentimento nazionalista stava crescendo. In tempi di depressione economica i salariati urbani si trovavano ad affrontare nuove insicurezze, mentre gli abitanti delle regioni rurali
vivevano nell’indigenza. Malgrado la censura sempre più rigida, i problemi economici e sociali si riflettevano nel cinema dell’epoca.
Questa seconda parte (di tre) della retrospettiva dedicata ai film sonori prodotti in Giappone durante il periodo di transizione si concentra su tre studio attivi all’epoca. La produzione della P.C.L., con la sua enfasi sulla musica, la vita urbana e una critica sociale a tratti penetrante, mette in luce la tormentata modernità del Giappone degli anni Trenta. Film musicali come Ongaku kigeki: Horoyoi jinsei [Vita ebbra, 1933], rivolti alla borghesia urbana, con il loro sofisticato uso del product placement e dei tie-in testimoniano di una moderna cultura dei consumi. Ma la P.C.L. si misurò anche con le problematiche sociali e le divisioni economiche e regionali del Giappone tra le due guerre in drammi realisti e di critica sociale come Futarizuma: Tsuma yo bara no yoni [Moglie, sii come una rosa, 1935] e Ani imoto [Ino e Mon, 1935].
Il J.O. Studio, con il quale la P.C.L. si sarebbe poi fusa a formare la Toho, condivideva le stesse tematiche, e nella rassegna è rappresentato da Ongaku eiga: Hyakumannin no gassho [Coro di un milione di voci, 1935], film musicale simile a quelli della P.C.L . per toni e ambientazione. Inoltre, avendo sede a Kyoto, la J.O produsse anche molti jidai-geki (film in costume) che sono per lo più andati perduti. Il jidai-geki era anche la specialità della Nikkatsu, società creata nel 1912 che tentò di fondere storie tradizionali e nuova tecnologia sonora declinando in uno stile tutto particolare il dramma in costume di stampo realistico. Questa produzione è esemplificata soprattutto dai film di due grandi registi, Sadao Yamanaka e Mansaku Itami, le cui creazioni sovversive sono rappresentate da Kochiyama Soshun (1936), pessimista e tetramente faceto, e dal satirico ed effervescente Kakita Akanishi (1935), prodotto dalla compagnia di Chiezo Kataoka ma distribuito dalla Nikkatsu. Nel loro insieme, i film prodotti dai tre studio non solo esemplificano l’evoluzione del sonoro ma esprimono eloquentemente le tensioni e le transizioni della società giapponese in un’epoca difficile.

Alexander Jacoby e Johan Nordström 

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