Proiezioni:
Lunedì 1 luglio 2013
Cinema Jolly
09.15
Sabato 6 luglio 2013
Cinema Jolly
18.15

MOST DANGEROUS MAN ALIVE

(USA/1961) R.: Allan Dwan. D.: 82'

Sog.: dal racconto The Steel Monster di Phillip Rock e Michael Pate. Scen.: James Leicester, Phillip Rock. F.: Carl Carvahal. M.: Carlo Lodato. Mus.: Louis Forbes. Int.: Ron Randell (Eddie Candell), Debra Paget (Linda Marlow), Elaine Stewart (Carla Angelo), Anthony Caruso (Andy Damon), Gregg Palmer (tenente Fisher), Morris Ankrum (capitano Davis), Tudor Owen (dottor Meeker), Steve Mitchell (Devola), Joel Donte (Franscetti). Prod.: Benedict Bogeaus per Trans-Global Films 35mm. D.: 82'. Col. Versione inglese / English version
Da: Sony Columbia per concessione di Park Circus


Come accade solo nei film di Dwan, dopo un paio di minuti siamo già in medias res. Un uomo di nome Eddie Cantell fugge da un convoglio di condannati a morte diretto a San Quintino; insignificante nell'aspetto, ha in realtà una storia alle spalle, è un self-made-man che ha costruito un impero e che ne è stato derubato mentre si trovava in prigione - una moderna parabola di successo con un finale altrettanto moderno, in un mondo governato da mani sempre più sporche. Gente di successo sono gli ex sodali di Eddie, banali criminali senza una sola idea o qualità - quel che sanno fare è solo rubare, uccidere e distruggere. La società ufficiale, a cominciare dalla polizia, completa il deprimente panorama. Le facce che vediamo in questo lucido film sono quasi una personificazione di quel connubio tra forze militari e industriali che fu la visione da incubo evocata da Eisenhower nel suo discorso d'addio alla presidenza, nel 1961. Così Eddie è stato incastrato con una falsa accusa e finirà con l'uccidere davvero un uomo, quasi come un automa, e con l'aiuto di coloro che vogliono farla finita con lui - ovvero tutti, dai poliziotti ai criminali (ammesso che sia possibile distinguere). Diventa un killer suo malgrado, il che non significa che a sua volta lui sia un tipo amabile o indifeso; è armato e pericoloso, ma pur sempre un pesce piccolo rispetto a quelli che gli stanno alle calcagna. Finché a Eddie non succede qualcosa che lo trasforma materialmente: colpito dalle radiazioni, diventa invincibile. Potrebbe essere già morto (forse qui c'è un'eco di The Walking Dead, lo strano incontro tra Michael Curtiz e Boris Karloff), dunque le armi non lo feriscono; è solo una patetica cavia al servizio della scienza. Il suo percorso di morte lungo quarantotto ore si svolge tra uffici anonimi e il deserto, il miglior deserto del cinema moderno. Quel che per Antonioni sarebbe stato un set è qui realtà bruciante e concreta - il paesaggio di un'anima. Eddie è il tipo di non-personaggio, un uomo qualsiasi intrappolato dagli eventi, che Dwan capiva così bene. Aveva persino una sua speciale 'marca' di attori, quasi non-attori, che interpretavano questi ruoli nell'ultima (e a questo punto possiamo dire più grande) stagione della carriera: John Payne, Ronald Reagan, in questo caso un certo Ron Randall che non si sarebbe fatto ricordare in nessun altro film. La sua faccia - come quelle dei personaggi di Edgar Ulmer - è la perfetta faccia di un uomo che sembra essere arrivato tra noi dal regno dei morti, che rivolge un'ultima occhiata alla terra e ai suoi abitanti e osserva uno scena- rio ben poco consolante o umano. La sua visione prevede anche una certa tensione erotica, come in Slightly Scarlet o in River's Edge. Eddie è diviso tra due donne - la dolce Elaine Stewart e la più minacciosa pupa del gangster Debra Paget, che promette: "Farò lo stesso a te...", e riceve dall'uomo  la  memorabile risposta:  "Puoi farmi di nuovo di carne e sangue?". L'inquietante  finale  chiude  la  vita  senza scampo di Eddie con un'enorme esplosione, una tempesta di fuoco nella quale la nostra non-persona semplicemente si dissolve. Eppure la sua vita continua, polvere tra le polveri nucleari, nell'alienazione e nella distanza, pericoloso agli altri e a se stesso. Questo toccante post-mortem è anche l'addio del regista Allan Dwan. Potrebbe essere l'inaudito post-scriptum a una fantastica carriera cinematografica - un film senza nessuna simpatia per la società esistente, firmato da un ottimista che aveva diretto centinaia di film sorretti da una commovente fiducia nell'integrità degli esseri umani.


Peter von Bagh

 

As only with Dwan, we are in medias res in a couple of minutes. A man called Eddie Candell escapes from a death convoy to San Quentin; he is non-descript in appearance but not without importance, as this self-made man built an economic empire that was robbed while he was in prison - a modern success story topped by a still more modern one in a world run by ever dirtier hands. The successful people, Eddie's followers, are plain crooks whose own ideas wouldn't accomplish a thing - they can only steal, murder and destroy. Official society, starting with the police, completes the grim view; their faces in this lucid film are almost like the personification of the  military-industrial complex that was to be- come Eisenhower's nightmare vision in his farewell speech, in 1961. So Eddie is first framed and will soon have killed a man, almost like an automaton, nicely assisted by those who want to finish him off - which means everybody, from the officials to criminals (if they can be separated). He doesn't choose to become a killer but clearly he is not sympathetic or harmless either; he's armed and dangerous, but of course a small fish compared to those after him. Except in what Eddie becomes materially: he is shellshocked by radiation and becomes invincible: he might be dead already (perhaps there are echoes of the strange Michael Curtiz-Boris Karloff collaboration called The Walking Dead) so weapons don't hurt him; he's just a pathetic guinea-pig in the service of progress. His 48-hour walk toward death takes place in anonymous offices or in the desert, the best in modern film. What would become a set for Antonioni is here burning, concrete, crushing reality - a soulscape.Eddie is the kind of trapped nondescript non-person that Dwan understands so well; he even had a special type of actor, almost non-actors, perform those roles in the final (and arguably greatest) part of his career: John Payne, Ronald Reagan, here a guy called Ron Randell whose name doesn't ring a bell from any other film. His face - as with the heroes of Edgar Ulmer's films - is perfect for a man who seems to have walked among us from the realm of death, presenting a last look at earth and its present inhabitants and encountering a not very consoling view. The vision has an erotic tension also, as it happens in Slightly Scarlet or River's Edge. Eddie stands between two women - a sweet Elaine Stewart and the more threatening gangster moll Debra Paget who promises: "I will make you the same..", answered memorably by the man: "Can you make me flesh and blood again?" The strange finale caps Eddie's  trapped life with an enormous explosion and fire storm where our non-person simply explodes. He survives as dust amid nuclear dust, alienated by and distanced from other people, dangerous to them and himself. His touching post-mortem is also director Allan Dwan's farewell.  This  might be the most amazing postscript to a fabulous film career - a film with no sympathy whatsoever for society, coming from an optimistic man who directed hundreds of films with touching confidence about the integrity of citizens.

Peter von Bagh

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