Proiezioni:
Domenica 30 giugno 2013
Cinema Jolly
09.15
Venerdì 5 luglio 2013
Cinema Jolly
18.15

SILVER LODE

(La campana ha suonato, USA/1954) R.: Allan Dwan. D.: 80'

T. it.: La  campana  ha  suonato. Scen.: Karen De Wolf. F.: John Alton. M.: James Leicester. Scgf.: Van Nest Polglase. Mus.: Louis Forbes. Int.: John Payne (Dan Ballard), Lizabeth Scott (Rose Evans), Dan Duryea (Fred McCarthy), Dolores Moran (Dolly), Emile Meyer (sceriffo Woolley), Robert Warwick (giudice Cranston), John Hudson (Mitch Evans), Harry Carey Jr. (Johnson), Alan Hale Jr. (Kirk), Stuart Whitman (Wicker), Frank Sully (Paul Herbert), Morris Ankrum (Zachary Evans). Prod.: Benedict Bogeaus per Pinecrest Productions. Pri. pro.: 24 giugno 1954. 35mm. D.: 80'. Col. Versione inglese / English version
Da: George Eastman House per concessione di Sikelia Productions

 

"Se c'è un tema comune alla sua intera opera" scrive Peter Bogdanovich nell'introduzione all'intervista con Allan Dwan "ha molto a che fare con la varietà dei suoi personaggi, con l'ottimismo, con l'umanità; ritroviamo dovunque la sua generosità e il suo humour spesso geniale". I film di Dwan parlano di persone semplici, delle loro vite e della loro innocenza, vite normali e dignitose in cui si riflette "un senso profondo dello spirito umano, indomito e immortale". E dunque, che cos'è successo alla gente in Silver Lode? Il film ci arriva come un messaggio da un'epoca dura - gli anni del maccartismo, dei quali è una finissima testimonianza, pur se all'epoca fu accolto come banale titolo di seconda classe (John Payne al posto di John Wayne...). Tra i tanti grandi western del più grande decennio che il genere abbia conosciuto, nessuno più di Silver Lode sembra fedele alla norma; Serge Daney ha parlato di una air de famille dell'epoca, l'epoca del 'western interiore', a un tempo arcaico e raffinato, con un che di magico nel suo dipanarsi sempre intorno alla "storia di un segreto". Siamo all'inizio  di un periodo favoloso nella produzione di Dwan: dieci film in cinque anni con il produttore Benedict Bogeaus e (soprattutto) con il leggendario direttore della fotografia John Alton (seguiranno film come Cattle Queen of Montana, Tennessee's Partner, Slightly Scarlet, The River's Edge).Silver Lode è un capolavoro singolare e tempestivo, non solo l'occasionale incontro con  una sceneggiatura di particolare qualità. L'immagine che Dwan qui riesce a comunicare con tanta forza è profondamente e personalmente sentita, prima ancora che portata sullo schermo: l'immagine della pace mentale, del paradiso perduto. La bellezza concettuale di tutto ciò è che quest'immagine prismatica emerge direttamente dalla mise-en-scène,  come ha indicato Jacques Lourcelles scrivendo che il film è "di un classicismo assoluto": "Sul piano drammatico, Dwan utilizza con genialità e forse con più intensità di quanto si sia mai fatto la disciplina e la costrizione delle tre unità di luogo, tempo e azione. Per quel che riguarda la regia propriamente detta, essa assicura il trionfo del découpage classico, arricchito di prodigiosi piani-sequenza in movimento che danno rilievo ai momenti più forti dell'intreccio". Parlando del film Dwan era, secondo il suo stile, modesto: "Non era proprio un film politico, come è stato detto. Piuttosto la descrizione satirica di una piccola comunità ipocrita. Il tema mi piaceva molto: un uomo viene falsamente accusato, e altrettanto falsamente verrà scagionato". Forse Silver Lode non era proprio un film politico, ma i suoi snodi ironici funzionano comunque - il ritratto di una stagione politica e del suo vacuo paesaggio mentale non è meno vigorosa per il fatto che veste i panni del western. L'apparente distanza è anzi quasi un vantaggio: acuisce il senso di terrore psicologico, di conformismo brutale, del male che serpeggia in forma demagogica attraverso tutte le sacre istituzioni: la scuola, l'ufficio del sindaco, il tribunale, la chiesa. Nessuna speranza arriva da nessuna parte: la corrente di menzogne, reticenze, vigliaccherie, avidità e false testimonianze è ininterrotta. È il riflesso del profondo disgusto per una civiltà che si è corrotta, per cittadini mentalmente infiacchiti e aggressivi che si trasformano con sconcertante facilità in una massa pronta al linciaggio. Infine, quel dettaglio sempre citato: il cattivo, interpretato dal magnifico Dan Duryea, ha persino un nome familiare: McCarthy...

Peter von Bagh



"If there's a single unifying theme to Dwan's work", writes Peter Bogdanovich in the introduction to his interview with Allan Dwan, "it has a lot to do with the amazing diversity of people and with an optimistic sense of humanity; his generosity and of-ten genial humor are there throughout". The films are about the lives of simple people and their innocence, ordinary and dignified lives reflected with a "profound sense of the essential indomitability and deathlessness of the human spirit". Well,  looking  at  Silver  Lode:  whateverhappened to people? Evidently the film delivers a message from hard times - the years of McCarthyism about which Dwan's film is, from any angle, one of the finest testimonies, even if it was seen at the time as a routine programmer - John Payne instead of John Wayne. Among the many fine westerns of the genre's great- est decade, no film seems to be more ordinary; Serge Daney hailed the air de famille of that period, the return of "the days of the intimate western", inseparably archaic and refined, and creating the magic of a "story about a secret". Daney addressed his words as well to the beginning of a fabulous period in Dwan's oeuvre: ten films (in five years) with the producer Bogeaus Benedict and (mostly) the legendary cinematographer John Alton (including films like The Cattle Queen of Montana, Tennessee's Partner, Slightly Scarlet, The River's Edge). Silver Lode is both a timely and an original masterpiece, not at all just a happy accident of a good script. Dwan projects an image that is so deep that there is no need to show it: peace of mind, a sense of paradise lost. The beauty of the concept is that the prismatic image arises directly from the mise-en-scène, as Jacques Lour- celles indicates when he wrote that the film has "an absolute classicism": "Dramatically, Dwan uses with genius and perhaps with more intensity than anyone before him in the cinema the  constraint and the discipline of the three unities. As to the mise-en-scène properly speaking, it creates the triumph of the kind of shot arrangement known as 'classical', enriched by prodigious single shot sequences with a moving camera that punctuate the strongest moments in the story". Dwan himself was, as were his ways, modest: "This is not, properly speaking, a political film, as it has been called. It is more of a satirical description of a hypocritical small community. I like the theme a lot: a man is condemned for false reasons and he is also set free for false reasons". Perhaps Silver Lode was not a political film, but its ironic twists come to the same thing - the portrait of a political age and its soulless mindscape is no less vigorous for being veiled by the Western setting. The distanced format is even an asset; it heightens the sense of mental terror, brutal uniformity and demagogic evil lurking in all the sacred institutions: school, the Mayor's office, the court, church. There is no hope from any of them, only lying, pretensions, cowardly behavior, greediness and a stream of false testimonies. Deepdislike is targeted against a civilization gone wrong: mentally lazy and aggressive good citizens turn so easily into a lynch mob. Finally, one nice detail, never overlooked: the villain, played by the magnificent Dan Duryea, even has a familiar name - McCarthy...

Peter von Bagh

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