NOTHING SACRED

(Nulla sul serio, USA/1937) R.: William Wellman. D.: 77'. V. inglese

 

T. it.: Nulla sul serio. Scen.: Ben Hecht. F.: W. Howard Greene. M.: James E. Newcom. Scgf.: Lyle Wheeler. Mus.: Oscar Levant. Int.: Carole Lombard (Hazel Flagg), Fredric March (Wally Cook), Walter Connolly (Oliver Stone), Charles Winninger (Dr. Downer), Sig Ruman (Dr. Eggelhoffer), Frank Fay (maestro di cerimonie), Margaret Hamilton (donna nel drugstore), Olin Howland (facchino alla stazione), Billy Barty (bambino che morde). Prod.: David O. Selznick per Selznick International Pictures
35mm. D.: 77'. Versione inglese / English version
Da: Disney Pictures 

 

"Satira screwball" (Pauline Kael) e commedia acida sul giornalismo, Nothing Sacred è uno dei titoli più celebri di Wellman e dei più estranei al suo canone. La commedia non è il suo territorio, e nel tessuto cangiante delle declinazioni di genere (sofisticata, svitata, romantica) il film s'impone come uno strappo. Resta una commedia listata a lutto, anche se fin dall'inizio sappiamo che la malattia di Hazel Flagg è prima una diagnosi sbagliata, poi una sarabanda mediatica; ma un cupo nervosismo vibra nell'aria, quel verbo to die che rotola senza pietà di bocca in bocca, medici che arrivano come corvi e giornalisti come avvoltoi, e tutti i fiori sparsi per le inquadrature, a saturarle di colori pastello che nel Technicolor del 1937 assumono una sfumatura marcescente. Non c'è nulla di sacro a consolarci, nemmeno l'amore: "Mi ami?" chiede Hazel. "Non è amore. È interesse anormale per i criminali", risponde Wally. La battuta in realtà nel film non c'è, appartiene a una prima stesura della sceneggiatura di Ben Hecht (cfr. Giaime Alonge, Scrivere per Hollywood, dove veniamo a sapere che a "ripulire i dialoghi" fu chiamata Dorothy Parker), ma coglie bene il mood antisentimentale e provocatorio che è cifra del film. Cronisti truffatori, direttori di giornale che sono la versione comica e ulcerosa d'un gangster, prime pagine usate per incartare il pesce, tutto in una New York pronta ad applaudire l'entertainment offerto da una fotogenica moribonda (siamo in una farsa guydebordiana?) - che a sua volta è un'imbrogliona da strapazzo. Con molta acutezza James Harvey rileva che questa città non è tanto oggetto di satira morale, quanto di una visione "alla Holden Caulfield": come per il personaggio di Salinger, New York è soprattutto un posto pieno di phonies. Però New York è anche un sogno, il sogno di Hazel Flagg, il sogno che solo la morte può comprare; Wellman, anche qui maestro di riprese aeree, ne scopre in emozionanti prospettive la trama di pietra e vetro dei grattacieli, l'Hudson e il Chrysler Building, la Statua della Libertà subito fuori dal finestrino... La pura e cruda satira di Nothing sacred è concentrata nei primi quindici minuti, tra i vertici assoluti del cinema di Wellman e del cinema americano anni Trenta, e il suo bersaglio è la provincia. Sfuggendo a un destino di necrologi, l'ex-primo cronista Wally prende il treno per il Vermont e si ritrova in un sinistro aldilà, una fantasia di regressione, un mondo di passanti arcigne e deformi, diffidenza ottusa, yep e nope, covate malefiche di ragazzini che azzannano i polpacci degli intrusi. C'è molta provincia asfittica e grottesca nella commedia americana anni Trenta (in L'adorabile nemica di Boleslawski, o persino in Frank Capra): ma qui siamo per un attimo alle soglie dell'horror, questo è l'American Gothic di Grant Wood che ha preso improvviso movimento. Il film è una delle prime produzioni indipendenti di David O. Selznick, il suo Vermont è un po' anche la versione colorata e allucinata del Kansas nel Mago di Oz: e vi troneggia infatti Margaret Hamilton, futura strega dell'Ovest. 

Paola Cristalli 

 

A "screwball satire" (Pauline Kael) and a biting comedy about journalism, Nothing Sacred is one of Wellman's most celebrated films and one of the least related to his own canon. Comedy was not his terrain - this film rips right through the delicate fabric of the Thirties' genre variations (sophisticated, screwball, romantic). It remains a black-tinged comedy even if we know right from the start Nothing Sacred that Hazel Flagg's illness is first an incorrect diagnosis, and then a hype; but dark tension fills the air, the verb to die mercilessly drops from mouth to mouth, doc- tors show up like crows and journalists like vultures, and flowers colored with the pastel of early Technicolor are strewn about the shots, imbuing them with a sense of decay. There is nothing sacred to console us, not even love: "Do you love me?" asks Carole Lombard. "It isn't love. It's an abnormal interest in criminals", answers Fredric March. That line does not actually appear in the film. It is in an early draft of Ben Hecht's screenplay (cf. Giaime Alonge, Scrivere per Hollywood, where we discover that Dorothy Parker was called on "to clean up the dialogue"), but it captures the film's anti-sentimental and defiant mood. Muckraking journalists, newspaper editors who are the comic, ulcerous version of gangsters, front pages used for wrapping fish, all set in a New York ready to applaud the entertainment provided by a photogenic dying girl (are we in a Guy Debordian farce?) - who in turn is a small time crook. James Harvey perceptively observed that this city is not so much subject to moral satire as it is to a vision like Holden Caulfield's: as for Salinger's character, New York is above all a place full of phonies. New York, however, is also a dream, Hazel Flagg's dream, the dream that only death can buy. Wellman uses his masterful ability with aerial shots to reveal thrilling city views, the skyscrapers' pattern of stone and glass, the Hudson River and the Chrysler Building, the Statue of Liberty right outside the plane window... The pure and raw satire of Nothing Sacred is concentrated in the film's first fifteen minutes, between the heights of Wellman's cinema and American film of the 1930s, and its target is rural life. Just barely escaping a career in the obituaries, reporter Wally takes a train to Vermont and finds himself in a sinister afterworld, a step-back-in-time fantasy with grim and misshapen passers-by,blunt distrust, yep and nope, broods of kids biting the calves of intruders. Grotesque and stifling provincial life figures frequently in American comedies of the 1930s (e.g. in Boleslawski's Theodora Goes Wild or even in some of Frank Capra's works): but here we stand - even if only for a moment - on the threshold of horror, as if Grant Wood's American Gothic all of a sudden started moving... The film was one of David O. Selznick's first independent productions: his Vermont is also a bit like a hallucinatory color version of the Wizard of Oz's Kansas, and it features Margaret Hamilton, soon-to-be the Wicked Witch of the West.

Paola Cristalli

Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli
Dettagli sul luogo:
Via Marconi, 14
Numero posti: 362
Aria condizionata
Info: 051224605