THE MAN I KILLED
(L'uomo che ho ucciso/Broken Lullaby, USA/1932)
R.: Ernst Lubitsch. D.: 75'. V. inglese
T. it.: L'uomo che ho ucciso. Tit. alt. Broken Lullaby. Sog.: dall'omonimo testo teatrale di Maurice Rostand. Scen.: Samson Raphaelson, Ernest Vajda. F.: Victor Milner. Scgf.: Hans Dreier. M.: W. Franke Harling. Int.: Lionel Barrymore (Dr. Holderlin), Nancy Carroll (Elsa), Phillips Holmes (Paul Renard), Tom Douglas (Walter Holderlin), Louise Carter (Frau Holderlin), Zasu Pitts (Anna), Lucien Littlefield (Walter Schultz). Prod.: Ernst Lubitch per Paramount.
35mm. D.: 75'. Bn. Versione inglese / English version
Da: UCLA Film and Television Archive. Per concessione di / Courtesy of Universal Pictures
The Man I Killed è uno dei film di Lubitsch più ingiustamente sottovalutati. Il soggetto e il tono cupo lo pongono molto lontano dallo stile delle commedie sofisticate: i recensori d'epoca, tuttavia, accettarono il passaggio da The Love Parade, Monte Carlo e The Smiling Lieutenant a un film che ne costituiva l' "antitesi virtuale", una sorta di Niente di nuovo sul fronte occidentale "più intimo e personale".
L'ombra nera che pesa sul film è lo shock della guerra, il trauma di cui non è possibile liberarsi. Solo in trincea, il giovane soldato francese Paul Renard uccide con la baionetta un ragazzo tedesco, mentre questi lo guarda senza opporre resistenza. Le lettere del ragazzo rivelano che Walter, come Paul, era un musicista che prima della guerra viveva a Parigi, e che non voleva uccidere. Lungo tutto il film Paul si sente dire di dimenticare il passato. Ma il talento di Lubitsch per l'ellissi preannuncia il peggior futuro: gli occhi vuoti del protagonista mostrano i costi della guerra per i vincitori che non possono trovare la pace interiore. Nella notte le campane annunciano il primo anniversario dell'armistizio; cannoni fanno fuoco sul campo di battaglia; le campane suonano ancora, la folla festeggia; attraverso lo spazio lasciato libero dalla gamba amputata di un soldato, vediamo la cavalleria percorrere in parata gli Champs Elysées. Poi, in un ospedale, i letti scorrono uno dopo l'altro sotto i nostri occhi; quindi di nuovo cannoni che sparano. Un paziente si solleva di scatto, grida, si tiene la testa. Un prete dice ai soldati di dimenticare, di guardare avanti, ma noi vediamo la fondina gonfia d'una pistola, stivali con gli speroni. Paul confessa il suo omicidio per sottrarsi all'incubo che lo perseguita, ma l'assoluzione del sacerdote, in nome del dovere militare, non significa nulla per lui. Andrà in Germania, a chiedere perdono alla famiglia di Walter.
Nel ruolo di Paul, Phillips Holmes "si muove come stordito", scrisse (elogiandolo) Mordaunt Hall sul "New York Times", come distratto da suoni o visioni che nessuno puòpercepire - non diversamente dal protagonista assassino di An American Tragedy, appena interpretato per Sternberg. Quando Paul arriva nel paese tedesco, il suo eloquio e il suo fare esitanti innescano un gigantesco equivoco. I genitori e la ragazza di Walter, annichiliti dalla sua morte, si aggrappano alla speranza che Paul fosse un amico dei tempi di Parigi. Lo accolgono nella loro casa, gli fanno prendere il posto dell'uomo che ha ucciso. La bellezza dell'ironia lubitschiana non maschera mai quel che è davvero in gioco per questo sopravvissuto - il solo che non ha altra scelta, se non ricordare.
Janet Bergstrom
The Man I Killed is one of Ernst Lubitsch's most unjustly underappreciated films. Its somber tone and subject are miles from the sophisticated comedies that the émigré director would style in his own way in Hollywood. But contemporary reviewers accepted Lubitsch's move from The Love Parade, Monte Carlo and The Smiling Lieutenant to their "virtual antithesis," a drama that would be compared to All Quiet on the Western Front, but more "intimate and personal". The film is haunted by shellshock and trauma that cannot be wished away. Alone in the trenches, the young French soldier Paul Renard kills a young German with a bayonet as he looks at him without resisting. His letters show that Walter, like Paul, was a musician who lived in Paris before the war, who doesn't want to kill. Throughout the film, Paul is told to forget the past, but Lubitsch's gift for ellipsis warns of an even worse future; the hollow eyes of his protagonist show the cost of war for the victors who can find no inner peace.
After dark church bells announce the first anniversary of Armistice Day, cannons fire on the battlefield, church bells toll, a crowd cheers, a military parade is seen through a space left empty because of a soldier's missing leg, soldiers and cavalry in armed regalia move up the Champs Elysées. Inside a hospital, we see bed after bed, then cannons firing on the battlefield again. A patient bolts upright, screaming, holding his head. A priest tells the military men to forget the past and look ahead, but we see swords, a holster bulging with a pistol, riding boots with spurs. Paul wants to confess his murder and escape from its hold on him, but the priest's absolution, in the name of military duty, means nothing to him. Paul will go to Walter's family in Germany and appeal to them for forgiveness.
Phillips Holmes, who plays Paul, "moves as if dazed", wrote Mordaunt Hall appreciatively in the "New York Times", distracted by inner visions or sounds that no one can see, not unlike his previous role as the murderer in Sternberg's An American Tragedy. After Paul enters the anti-French German village, his hesitant speech and movements make possible a mistaken identity plot of huge proportions. Walter's parents and fiancée, deadened by his death, seize the hope that Paul knew him in Paris before the war. They take him into their family, as if he were the man he had killed. The beauty of Lubitsch's ironies never masks what is at stake for that war survivor, the only one who has no choice but to remember.
Janet Bergstrom
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