LE CORSO ROUGE / THE WISHING RING, AN IDYLL OF OLD ENGLAND
LE CORSO ROUGE
(Francia/1914) R.: Maurice Tourneur e Charles Krauss. D.: 34'. Did. francesi
Sog.: dal romanzo omonimo di Pierre Sales. Int.: Charles Keppens (conte di St. Ermont), Henry Roussel (Montenervio), Maryse Dauvray (la contessa di St. Ermont/sua figlia Maïna), Renée Sylvaire (Léonide Barclay). Prod.: Éclair
35mm. L.: 703 m. D.: 34' a 18 f/s. Bn. Didascalie francesi / French intertitles
Da: CNC - Archives Françaises du Film
Accompagnamento al piano di Donald Sosin
Nel 1912, quando viene ingaggiato dalla Éclair, Maurice Tourneur ha già quindici anni di esperienza come illustratore, grafico, assistente di Auguste Rodin e di Pierre Pavis de Chavannes, direttore dei teatri parigini dell'Odéon e della Renaissance. Comincia dirigendo film per la serie degli adattamenti letterari e presto arriva a supervisionare l'intera serie. Il melodramma moderno Le Corso rouge è il suo terzo adattamento di un romanzo di Pierre Sales, dopo Mademoiselle Cent Millions e Le Puits mitoyen. Ultimo film francese di Tourneur prima della guerra, verrà distribuito solo il 2 luglio 1914, due mesi dopo che il regista ha raggiunto Émile Chautard, Ben Carré e altri a Fort Lee, dove la Éclair cerca di ricostruire il proprio studio americano devastato da un incendio. Poi la guerra arriva, la World Pictures di Lewis Selznick acquista gli studi Éclair e Tourneur diventa il regista numero uno della casa americana.
Il film narra un'avvincente storia in due tempi di inganno, tradimento e vendetta: la prima metà si svolge sulla Riviera intorno al 1890, la seconda negli stessi luoghi all'inizio degli anni Dieci. Attori dal passato teatrale interpretano i ruoli principali. Le Corso Rouge presenta diversi tratti stilistici distintivi. La prima scena si apre su un party ripreso in profondità di campo, caratteristica dei film francesi dell'epoca, ma inquadrato dall'alto. Gli specchi servono non solo a dilatare gli spazi interni, come nella scena in cui Montenervio sconvolge Léonide rivelandole che il conte è sposato, ma anche per includere nei momenti chiave personaggi fuori scena, come quando lo specchio della camera di Maïna mostra Montenervio appostato in corridoio (prima del secondo rapimento) o, più tardi, dopo che quest'ultimo è ormai sconfitto, un ampio specchio evidenzia il vecchio sullo sfondo, un 'eroe' che ha ormai perso importanza. Infine, quasi anticipando una scena simile di Eldorado (Marcel L'Herbier, 1921), le riprese dal vero di un corteo - da cui il titolo del film - incorniciano e si intrecciano con le scene che mostrano la contessa che scopre la relazione del conte, il primo rapimento e il tracollo del conte.
Richard Abel
In 1912, when he was hired at Éclair, Maurice Tourneur already had fifteen years of experience as a book illustrator, graphic designer, assistant to Auguste Rodin and Pierre Pavis de Chavannes, and theater director at the Odéon and Renaissance in Paris. He first began to direct films for the company's series of literary adaptations and then took over supervising the series from Emile Chautard. The modern melodrama Le Corso rouge was his third adaptation of a Pierre Sales novel, after Mademoiselle Cent Millions and Le Puits mitoyen. As Tourner's last pre-war French film, it was not released until 2 July 1914, nearly two months after he joined Émile Chautard, Ben Carré, and others in Fort Lee, as Éclair tried to rebuild its American studio after a disastrous fire. However, the war intervened; Lewis Selznick's
World Pictures acquired Éclair's liquidated facilities; and Tourneur quickly became the latter's premier filmmaker. Le Corso rouge tells an intriguing dou- ble story of deception, betrayal, and re- venge, with the first half set on the Riviera in the early 1890s and the second, in the same area in the early 1910s. Former theater actors play the major roles.
Several distinctive stylistic features mark Tourneur's film. The opening scene begins with a party in a 'deep space' set characteristic of French films at the time, but framed in a high-angle long shot. Mirrors serve not only to extend interior spaces, as in the scene where Montenervio startles Léonide, telling her the Count is married, but also to include off-screen characters at key moments, as when Maïna's dressing room mirror shows Montenervio lurking in the corridor (before the second kidnapping) and later, after the latter is subdued, a large mirror singles out the old man in the background, an unsung 'hero' fading in importance. Finally, as if foreshadowing a similar scene in Marcel L'Herbier's Eldorado (1921), on-location footage of a public cortege ‒ giving this film its title ‒ frames and is intercut with the Comtesse's discovery of the Count's affair, the first kidnapping, and the Count's collapse.
Richard Abel
THE WISHING RING, AN IDYLL OF OLD ENGLAND
(USA/1914) R.: Maurice Tourneur. D.: 61'. Did. inglesi
Sc.: Maurice Tourneur, Owen Davis. F.: John van den Broek. Int.: Vivian Martin (Sally), Alec B. Francis (il conte di Bateson), Chester Barnett (Giles, il figlio del conte), Gyp Williams (l'orfano). Prod.: World Film Corp.
35mm. L.: 1255 m. D.: 61' a 18 f/s. Bn. Didascalie inglesi / English intertitles
Da: Library of Congress
Accompagnamento al piano di Donald Sosin
Primo film americano di Tourneur, The Wishing Ring viene distribuito nel novembre 1914 e fa della World Pictures una delle principali compagnie di produzione-distribuzione della East Coast. Il film realizza una naturale integrazione delle pratiche filmiche americane e francesi. Se sono americani il soggetto, la costruzione scenografica e la recitazione 'naturale', di marca francese risultano invece mise-en-scène e tecniche di ripresa.
La sceneggiatura di Owen Davis adattava un suo testo teatrale, An Idyll of Old England, nel quale il conte di Bateson, padre integerrimo, si riconcilia con il figliol prodigo Giles grazie all'amore salvifico della figlia di un parroco, Sally - amore che trova il suo simbolo nell''anello dei desideri' di una zingara. La regia di Tourneur offre un'inedita intensità a un soggetto dal fascino nostalgico e piuttosto stravagante, soprattutto attraverso una sapiente disposizione degli attori nelle pittoriche profondità di campo di Ben Carré, dove il controluce trasforma le figure in silhouette.
"Tourneur dipinge con gli esseri umani" avrebbe scritto nel 1917 Charles Emerson Cook, e The Wishing Ring già esibisce la sua abilità nel mediare tra la tradizione dell'arte figurativa euopea e la prassi creativa degli studi americani. La sequenza d'apertura, oltre quaranta inquadrature senza una sola didascalia, tiene insieme i vari personaggi in mezza dozzina di spazi, secondo un modello di montaggio alternato definito soprattutto dai raccordi sullo sguardo. Il climax della sequenza, tuttavia, ricorre alla composizione in profondità. Molto opportunamente, Th Wishing Ring si chiude con una scena di riconciliazione che ben sintetizza le strategie di montaggio in continuità, illuminazione selettiva e composizione in profondità.
Richard Abel
Maurice Tourneur's first American film, The Wishing Ring, was released in November 1914 and established World Pictures as a major East Coast producerdistributor. It smoothly integrates American and French film practices at the time. If American personnel determined the story subject, scenario construction, and natural acting, the French exercised more control over the mise-en-scène and camera work.
Owen Davis adapted the scenario from his own play, An Idyll of Old England, in which a righteous father, the Earl of Bateson (Alec B. Francis), reconciles with his prodigal son, Giles (Chester Barnett), through the redeeming love of a parson's daughter, Sally (Vivian Martin) ‒ a love symbolized by a gypsy 'wishing ring'. Tourneur's directing gives a fresh poignancy to the scenario's mood of nostalgic, whimsical charm, particularly through his deft choreographing of the actors in Ben Carré's painterly 'deep space' sets or defined by single-source lighting that could turn figures into silhouettes. "Tourneur Paints with Human Beings", later wrote Charles Emerson Cook (in 1917) and The Wishing Ring already shows off his skill at mediating between European fine arts traditions and American studio filmmaking. The opening, a sequence of over forty shots without a single intertitle brings together the characters in half a dozen spaces in a model of continuity editing defined chiefly by eyeline matches and alternation. The climax of this opening, however, employs 'staging in depth'. Appropriately, The Wishing Ring ends with a reconciliation scene that synthesizes its strategies of continuity editing, selective lighting, and staging in depth.
Richard Abel
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