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In Piazza Maggiore i film di Alfred Hitchcock

9 luglio 2012

Cinque classici dal cilindro di Alfred Hitchcock: da La donna che visse due volte a Marnie, l’omaggio che la Cineteca di Bologna dedica al maestro del brivido, nel cartellone di Sotto le stelle del cinema, si compone di cinque imprescindibili tappe che in meno di un decennio (dal 1958 al 1964) danno vita all’ennesima stagione d’oro di Alfred Hitchcock.

Gli appuntamenti, tutti in Piazza Maggiore, alle ore 22: martedì 10 luglio è in programma La donna che visse due volte (1958); mercoledì 11 luglio, Intrigo internazionale (1959); giovedì 12 luglio, Psycho (1960); venerdì 13 luglio, Gli uccelli (1963); sabato 14 luglio, Marnie (1964).

Il tutto in versione originale con sottotitoli italiani, restituendo così la vera prova d’attore del ventaglio di star che Hitchcock mette in campo: dagli attori simbolo James Stewart (La donna che visse due volte) e Cary Grant (Intrigo internazionale) a quello hitchcockiano per eccellenza, Anthony Perkins (Psycho); dalla bellezza inarrivabile di Kim Novak (La donna che visse due volte) a quella sofisticata di Tippi Herden (Gli uccelli e Marnie), al volto terrorizzato di Janet Leigh sotto la doccia più famosa della storia del cinema, quella di Psycho.



Sotto le stelle del cinema


Martedì 10 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE (Vertigo, USA/1958, 128’) di Alfred Hitchcock
Con James Stewart, Kim Novak, Barbara Bel Geddes
Versione originale con sottotitoli italiani
Il cinema era per lui intrattenimento puro. Ma nessuno più di lui ha dato all’intrattenimento eleganza e profondità. Molte definizioni sono riduttive e vaghe: quella di Hitchcock quale ‘mago del brivido’ suona indecente. Basterebbe La donna che visse due volte a spiazzarci... Intanto ha un ritmo solenne, come mai è accaduto in un thriller. La scansione delle inquadrature, i tempi del montaggio obbediscono non alle azioni ma ai segreti dei personaggi; la cosiddetta suspense si sviluppa negando l’effetto- sorpresa. E il film, mentre svela a tre quarti dalla fine la chiave della vicenda, ci dice che a Hitchcock interessa qualcos’altro. Dopo averci catturati con una trama inverosimile, il maestro si rifiuta di portarla fino in fondo secondo i canoni, e ci costringe a seguirlo nel labirinto di un’ossessione personale. Perciò il momento rivelatore del film non è la scena in cima al campanile, ma quella in cui James Stewart, nella stanza d’albergo, aspetta che Kim Novak esca dal bagno trasformata da Judy in Madeleine, cioè nella donna scomparsa per colpa sua...
Allora sappiamo che Vertigo non è solo un film di morti. È anche – o soltanto – un film di vivi che non possono amare. E ci fa venire davvero i sudori freddi. Ma non perché c’è una porta che scricchiola o una mano che agita un coltello. Perché ci insinua un sospetto: forse il solo amore eterno di cui siamo capaci è quello per chi non ci appartiene più. L’amore che non muore è l’amore per un fantasma. (Gianni Amelio)
Copia proveniente da BFI
Serata promossa da Unipol Banca

Mercoledì 11 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
INTRIGO INTERNAZIONALE (North by Northwest, USA/1959, 136’) di Alfred Hitchcock
Con Cary Grant, Eva Marie Saint, James Mason
Versione originale con sottotitoli italiani
Oggi più nessuno contesta che North by Northwest sia uno dei più bei film di Hitchcock. Ma lo si abborda perlopiù in un modo tale da minimizzarlo ancora, su un piano o su un altro, agli occhi dello spettatore ordinario: sia descrivendolo come un sommo divertimento elaborato a partire da una sceneggiatura idiota, sia attribuendogli una profondità simbolica e psicanalitica. Ora, è in piena luce e in superficie che risiede il suo fascino, è al primo grado che la sceneggiatura è intelligente e complessa. Cosa racconta questo film, nel quale si possono rilevare tutti i tratti del sistema formale hitchcockiano, se non il dispiegarsi stesso della forma di questo cinema? Una macchinazione ordita dalla CIA sul postulato di un essere inesistente. Le spie nemiche cadranno nella trappola (insieme alla vittima loro designata) grazie a un avvenimento fortuito, casuale. […] E l’intera avventura scatta a partire da questo momento, con i suoi scarti fra i diversi tipi di sapere in gioco, i suoi ritmi dissimili negli equivoci incrociati, le interpretazioni di segni e le rivelazioni. [...] Tutto proseguirà dunque secondo queste diverse serie fino alle scene finali, che vedono, sul monte Rushmore, precipitare la congiunzione dei piccoli e dei grandi nomi, dei volti grandi e piccoli, dei volti-territorio e dei territori-volto. E tutto ciò nell’assoluta menzogna e nella trasparenza assoluta, nello splendore del cielo aperto. (Jean Narboni)
Copia proveniente da BFI
Serata promossa da Aeroporto Marconi Bologna

Giovedì 12 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
PSYCHO (USA/1960, 109’) di Alfred Hitchcock
Con Anthony Perkins, Janet Leigh, Vera Miles, John Gavin
Versione originale con sottotitoli italiani
Ho sempre pensato che sullo schermo bisogna mostrare il minimo per ottenere il massimo sul pubblico. A volte è necessario mostrare un po’ di violenza, ma soltanto se vi è una forte motivazione. Per esempio, in Psycho è presente questo assassinio impressionistico in una doccia [...]. Ora, una volta mostrata quella scena, ho instillato nelle menti degli spettatori un’apprensione riguardo l’esistenza di un assassino in modo che, col procedere del film, ho potuto ridurre e praticamente eliminare l’ulteriore violenza perché desideravo che la minaccia fosse soltanto percepita. Una volta mostrato al pubblico quello che potremmo chiamare un esempio, ho fatto in modo che essi potessero immaginare la violenza. Non ho più avuto bisogno di mostrarla. [...] Psycho è stato concepito soprattutto per depistare lo spettatore. Lo spettatore doveva pensare che il film parlasse di una ragazza che rubava 40.000 dollari. Questo era intenzionale. All’improvviso, inaspettatamente, la donna veniva pugnalata a morte. Molte persone si sono lamentate per l’eccessiva violenza. Ma questo era intenzionale perché, con il procedere del film, la violenza veniva ridotta e trasferita nella mente degli spettatori. [...] In questo modo il pubblico, quando verso la fine vede la ragazza che si aggira per la casa, ha voglia di gridare: “Attenta!”. Il pubblico prova ancora la stessa paura che lei venga catturata o assalita. Così, inserendo un picco di violenza all’inizio e poi diminuendola, il pubblico fa lavorare la propria mente. (Alfred Hitchcock)
Copia proveniente da BFI

Venerdì 13 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
GLI UCCELLI (The Birds, USA/1963, 119’) di Alfred Hitchcock
Con Rod Taylor, Tippi Hedren, Jessica Tandy
Versione originale con sottotitoli italiani
Se si hanno occhi per vedere, orecchie per ascoltare e un cuore per sentire, Gli uccelli è un film magnifico. Di una bellezza ammaliante che, secondo il procedimento caro a Hitchcock da La finestra sul cortile e messo a punto con Vertigo, ci trascina lentamente, dolcemente, ma irresistibilmente, dalla dimensione del quotidiano verso i territori lontani del fantastico. È un film musicale. Inizia con un andante piacevole, grazioso, seducente, che con una minima modulazione, diventa poco a poco grave, strano, angosciante. Poi improvvisamente esplode un allegro vivace, vorace, rapace, che a sua volta si appesantisce, assumendo risonanze terrificanti. Infine, si conclude con una corona tra le più minacciose che si possano immaginare. [...] Questo film – il più compiuto, il più meditato, il più profondo di Hitchcock, insieme a Psycho – è l’austera riflessione di un uomo che si interroga sui rapporti tra l’umanità e il mondo. Rapporti considerati da tutte le possibili angolazioni, tanto quella metafisica, occulta, filosofica, scientifica, psicoanalitica (in questo film la psicoanalisi è fondamentale) quanto semplicemente quella naturale. Riflessione pessimista, apocalittica. È la più grave accusa contro la nostra società materialista, alla quale non accorda che poche speranze prima della catastrofe. (Jean Douchet)
Copia proveniente da BFI

Sabato 14 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
MARNIE (USA/1964, 130’) di Alfred Hitchcock
Con Tippi Hedren, Sean Connery, Diane Baker
Versione originale con sottotitoli italiani
Thriller in chiave psicoanalitica, è l’ultimo film in cui Hitchcock poté avvalersi del contributo di due collaboratori storici come il direttore della fotografia Robert Burks e il compositore Bernard Hermann. Il ruolo difficile e ambiguo della protagonista, inizialmente pensato per Grace Kelly, fu poi affidato a Tippi Hedren, con la quale il regista instaurò un difficile rapporto di amore/odio. “Universalmente criticato al momento della sua uscita, Marnie (1964) è uno dei risultati più grandi e oscuri di Alfred Hitchcock. Tippi Hedren, in una performance imperniata sulla pura e ansiosa vulnerabilità, è una ladra compulsiva; Sean Connery è il gentiluomo del sud che la coglie in flagrante e la costringe a sposarlo. L’analisi dei tentativi di controllo sessuale supera quella dei film di Fassbinder, a cui Marnie somiglia tematicamente, andando oltre la semplice dicotomia tra forte e debole, verso un oscuro, mutevole territorio di masochismo, antagonismo di classe, trasgressione religiosa, e inconscio collettivo. La messinscena tende all’astrazione pittorica, in quanto Hitchcock utilizza volumi imponenti, colori svuotati e ambientazioni volutamente irreali, spazialmente distorte. Tema e tecnica si incontrano ai più alti livelli dell’arte cinematografica” (Dave Kehr).
Copia proveniente da BFI

Sotto le stelle del cinema
Bologna, 19 giugno – 30 luglio 2012

Spettacoli:
Piazza Maggiore: ore 22 (dal 19 giugno al 16 luglio); ore 21.45 (dal 17 al 30 luglio)
ingresso gratuito

Ufficio stampa Cineteca di Bologna
Andrea Ravagnan
(+39) 0512194833
cinetecaufficiostampa@comune.bologna.it

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