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Il film che impressionò Pasolini prima di 'Salò'

21 marzo 2012
“Sono ancora commosso, sconvolto, faccio fatica a parlare perché, confesso, mi è successo raramente di vedere in questi ultimi anni un film così bello e così commovente”. È la voce di Pier Paolo Pasolini, per chi l’ha potuta ascoltare a Venezia, nel 1974, subito dopo la proiezione un film mai uscito in Italia, oggi rarissimo, diretto dal regista corso Paul Vecchiali.
Parliamo di Femmes, femmes e dell’influenza che questo film ebbe sull’ultima fatica pasoliniana, Salò o le 120 giornate di Sodoma, realizzato da PPP immediatamente dopo e per il quale scelse le due attrici protagoniste della pellicola di Vecchiali, Hélène Surgère e Sonia Saviange.
Ma non si ferma qui l’omaggio pasoliniano a Femmes, femmes: ne scrisse, esaltandolo, sulla “Nouvelle Revue Française”, e – soprattutto – scelse un intero dialogo che citò nel suo Salò.

La Cineteca di Bologna, che dedica l’intero mese di marzo al Cinema eretico di Pier Paolo Pasolini – questo il titolo della retrospettiva creata per i novant’anni dalla nascita di PPP –, recupera il capolavoro misconosciuto di Paul Vecchiali, costruendogli attorno la giornata di giovedì 22 marzo: alle ore 17.30 al Cinema Lumière (via Azzo Gardino, 65), apre il programma Salò o le 120 giornate di Sodoma (presentato dall’italianista Marco Antonio Bazzocchi), seguito dall’ultima intervista rilasciata da Pasolini, due giorni prima della morte, il 31 ottobre 1975, alla televisione francese.
Alle ore 22.30, quindi, Femmes, femmes di Paul Vecchiali, in versione originale francese con sottotitoli italiani, presentato da Stefano Casi.


Intervento di Pier Paolo Pasolini a Venezia nel 1974, alla presenza di Paul Vecchiali e del pubblico, subito dopo la proiezione di Femmes, femmes:
«Non è facile, confesso, introdurre il dibattito perché prima di tutto vorrei dire che sono felice di questo colpo di fortuna meraviglioso, di essere stato quasi casualmente una specie di ruota nell’ingranaggio che ha fatto sì che questo film fosse qui. È la prima volta che lo vedo, l’ho potuto vedere insieme con voi qualche minuto fa e sono ancora commosso, sconvolto, faccio fatica a parlare perché mi è raro, confesso, mi è successo raramente di vedere in questi ultimi anni un film così bello e così commovente. (…) Questa sera appena seduto sulla sedia e viste le prime immagini mi sono bastate le prime tre inquadrature per capire che siamo di fronte all’opera di un autore, di un autore assolutamente eccezionale. (…) Quello che mi ha colpito nel film è la straordinaria purezza stilistica. Mentre lo vedevo, lo dico così (…) in maniera emozionata, pensavo a Dreyer, pensavo a certi registi classici forse dimenticati come Machaty. (…) C’è ad un certo punto un motivo musicale che ricorda un vecchio film di Machaty. O addirittura pensavo a Murnau: forse l’incanto del bianco e nero. Ma lo stile cinematografico è veramente un grande stile, che sorprende. L’altra cosa sorprendente nel film è una incredibile fusione fra teatro e cinema; non so se stasera ho visto del teatro o ho visto del cinema. E questo, che potrebbe anche essere un difetto in un altro contesto ed in un’altra situazione, costituisce invece l’incanto dell’opera che abbiamo visto perché questa fusione è una fusione magica
Che io ricordi, esempi di film come questo in Italia non ce ne sono; e neanche credo che ce ne potrebbero essere perché appartiene ad un’altra cultura, profondamente ad un’altra cultura.
Non credo che in Italia si potrebbe fare un film come questo con due protagoniste, magari anche con due grandi attrici italiane tenute dentro una stanza a dire quello che dicono. Perché dietro a quella stanza, a parte il cimitero come simbolo visibile della morte che attende le due donne, (…) c’è tutta la Francia, c’è un tipo di cultura che fa sì che questo loro duetto eterno, questo loro rapporto non sia semplicemente una rappresentazione di carattere lirico, intimistico, e neorealistico, o una specie di picarismo immobile, ma fa sì che sia un dramma con un grandissimo background alle spalle. (...)
Ad un certo punto, ironicamente, nel film si citano degli altri registi; fra questi c’è Jacques Demy e Demy ha fatto un film che si chiama Les Parapluies de Cherbourg. E in un certo senso Demy è una spia: c’è tutta una vena ironica di carattere estremamente culturale che ha dietro le spalle non soltanto un certo cinema ed una certa cultura letteraria ma anche un certo tipo di spettacolo. Anche il cabaret francese è diverso da quello italiano; ora tutte queste cose messe insieme fanno sì che questo film possa essere stato pensato soltanto in Francia».


Presentazione a cura di Roberto Chiesi:
«Femmes femmes (1974) è il quarto film di Paul Vecchiali, regista corso (classe 1930), di cui in Italia sono usciti solo tre titoli, Corpo a cuore (1979), Una donna per tutti (1986) e Encore – Once More (1988), su un’opera che ne conta quarantaquattro.
Omaggio al cinema francese degli anni Trenta a cui Vecchiali ha dedicato anche un poderoso e importante volume (L’Encinéclopédie, Editions de l’Oeil, 2010), il film evoca la magica, lunare dimensione in cui vivono Sonia (Sonia Saviange) e Hélène (Hélène Surgère), due donne non più giovani, due attrici di scarsa fortuna che condividono lo stesso appartamento, dominato da una strana atmosfera e dalle fotografie delle dive in cui hanno proiettato le loro illusioni.
Se Sonia insegue ancora sogni e fantasie, Hélène ha scelto la rinuncia. Le uniche altre presenze nella casa sono Ferdinand, un eterno bambino mammone che non riesce ad avere un rapporto normale con la moglie, e madame Durand, la vecchia proprietaria. Le due protagoniste, sole nel loro appartamento, recitano per se stesse e per un pubblico immaginario, finché l’irruzione della realtà non le costringe ad affrontare la strada. Ma un evento imprevisto – un colpo di scena – imprime una direzione diversa alla loro storia.
Girato in soli sedici giorni, Femmes, femmes nacque non solo dalla sceneggiatura firmata dallo stesso regista e da Noël Simsolo ma anche dall’apporto delle due primattrici Hélène Surgère e Sonia Saviange (sorella del regista) che collaborarono all’ideazione dei dialoghi.
Fu Laura Betti, innamoratasi del film, a segnalarlo a Pier Paolo Pasolini che ne rimase folgorato, tanto da partecipare al dibattito che seguì la proiezione di Femmes, femmes il 27 ottobre 1974 a Venezia, dove Giacomo Gambetti aveva organizzato la prima retrospettiva dedicata a Vecchiali.
Ma Pasolini non si limitò a esaltare il film durante il dibattito: pochi mesi dopo scrisse un testo critico sul film, che venne pubblicato prima in Francia (dalla “Nouvelle revue française” di Gallimard) che in Italia e scelse le due attrici protagoniste per il suo Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), assegnando a Hélène Surgère il ruolo della signora Vaccari, ossia una delle crudeli narratrici, e a Sonia Saviange la parte della pianista destinata al suicidio. In Salò, con un procedimento metacinematografico inedito per Pasolini, c’è anche una sequenza dove il film di Vecchiali viene citato esplicitamente».


Il cinema eretico di Pasolini

Giovedì 22 marzo, Cinema Lumière (via Azzo Gardino, 65 – Bologna)

Ore 17, Cinema Lumière
SALÒ O LE 120 GIORNATE DI SODOMA (Italia/1975) di Pier Paolo Pasolini (116’)
Geniale ‘tradimento’ di Sade e audace dissimulazione storica (la Repubblica Sociale è solo un ‘cartone’ metaforico), l’ultimo film di Pasolini aggredisce lo spettatore precipitandolo in un incubo senza pietà e senza vie di salvezza, dove i rituali di perversioni e violenze rimandano surrettiziamente al presente. Mostra aberrazioni perpetrate secondo un regolamento da collegio infernale, dove ogni etica è pervertita nel suo contrario e la ‘soluzione finale’ pedagogica consiste nella creazione di una nuova umanità, indifferente e assuefatta all’orrore.
PASOLINI: ULTIMA INTERVISTA 31.10.1975 (1975) di Philippe Bouvard (9’)
L’ultima intervista rilasciata da Pasolini alla televisione (francese), dove si misura con un intervistatore ostile e presenta Salò.
Copia proveniente da CSC – Cineteca Nazionale
Introduce Marco Antonio Bazzocchi

Ore 22.30, Cinema Lumière
FEMMES, FEMMES (Francia/1974) di Paul Vecchiali (120’)
“Mi è successo raramente di vedere in questi ultimi anni un film così bello e così commovente. […] Lo stile cinematografico è veramente un grande stile che sorprende. L’altra cosa sorprendente nel film è una incredibile fusione fra teatro e cinema; non so se stasera ho visto del teatro o ho visto del cinema. E questo, che potrebbe anche essere un difetto in un altro contesto ed in un’altra situazione, costituisce invece l’incanto dell’opera che abbiamo visto perché questa fusione è una fusione magica”. (Pier Paolo Pasolini)
Versione originale con sottotitoli italiani
Introduce Stefano Casi


Il cinema eretico di Pasolini
Dal 5 al 26 marzo
Cinema Lumière (via Azzo Gardino, 65 – Bologna)

Info
(+39) 0512194826
fondazione.cinetecadibologna.it

Ufficio stampa Cineteca di Bologna
Andrea Ravagnan
tel (+39) 0512194833
cinetecaufficiostampa2@comune.bologna.it

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