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Le immagini 'liberate' di 'Nel nome del Padre'

17 settembre 2011
“Non credo di aver tolto nulla di sostanziale al film, alcune parti sono rimaste intatte, come ad esempio la performance di Laura Betti. Ho alleggerito delle parti”.

Mantenendo il suo stile di uomo parco di parole seppure molto disponibile, Marco Bellocchio ha spiegato al pubblico intervenuto numeroso ieri sera al Cinema Lumière per la proiezione di Nel nome del padre, le ragioni che l’hanno portato a fare un director’s cut più corto della versione originale.

Ecco un altro passaggio delle dichiarazioni del regista: “Ma soprattutto tutti gli obblighi morali e politici, che sentivo in quel momento, in cui si stava spegnendo la spinta vitale del ’68, avevano sovraccaricato il film. Le immagini erano soffocate dagli obblighi morali e politici. Ho voluto liberare le immagini. Ho fatto un lavoro di riduzione. Ora il film è più vicino a Vigo che a Brecht, ma resta un film profondamente pessimista, disincantato rispetto alla possibilità di creare un mondo nuovo e migliore”.

Nel nome del padre, diretto da Bellocchio nel 1972, è ora in programmazione al Cinema Lumière alternato ad un altro notevole recupero d’autore, Il conformista, diretto dal suo collega e amico conterraneo Bernardo Bertolucci.

“Nel nome del padre è ambientato negli anni Cinquanta, in un collegio gestito dai preti dove l’arrivo di un convittore anticonformista e ribelle, scatena le tensioni latenti che sfoceranno nell’inutile rivolta dei servi e degli studenti. Ma proletari e borghesi non riusciranno a incontrarsi se non in un ultimo gesto iconoclasta.
Utilizzando i propri ricordi personali, Bellocchio costruisce un grottesco ritratto dell’universo chiuso di un collegio dove riproduce le dinamiche che allora animavano la società”.
(Paolo Mereghetti)


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Patrizia Minghetti
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