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Immagini per riflettere sull’emigrazione contro i razzismi

9 maggio 2009

Il pacchetto sicurezza (con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina che anche secondo la Cei mette a rischio i diritti fondamentali quali istruzione e salute), immigrati intercettati e respinti verso la Libia, la proposta di istituire vagoni della metropolitana solo per milanesi in pieno stile apartheid sudafricana, queste sono alcune delle notizie presenti sui media in questi giorni. Tali iniziative contribuiscono a diffondere la convinzione che gli immigrati sono esseri diversi, "non persone", andando contro tutti i princìpi rivolti al dialogo e all’integrazione. Anche di questi argomenti si è parlato in questi giorni a Slow Food on Film, il festival in corso a Bologna fino a domani organizzato da Slow Food e Cineteca di Bologna. Lo spunto è stato dato dalla sezione "Il mondo perduto" che ha dedicato all’emigrazione italiana un interessante approfondimento. Sono state restaurate dalla Cineteca di Bologna e presentate opere di grande interesse storico-antropologico e umano, tra queste un filmato inedito di Mario Soldati dedicato allo spopolamento dell’isola di Orta decimata dalla emigrazione: Orta Mia del 1960. Una sezione pensata per ricordare che anche noi siamo stati, sino alla fine degli anni Settanta, emigranti. Come ha puntualizzato nel presentare i filmati l’antropologo Franco La Cecla, autore del libro La pasta e la pizza: "Non dobbiamo dimenticare che l’italiano è un popolo di emigranti, sino a qualche anno fa solo secondo ai cinesi. Nonostante questo il nostro Paese non ha ancora accettato i sui immigrati, non ha capito il valore della loro azione e quanto essi contribuiscano allo sviluppo della nazione. Molti degli atteggiamenti di oggi sono figli di questo non riconoscimento. Ci ricordiamo di loro solo per motivi elettorali. Non dobbiamo dimenticare che molti italiani sono emigrati non solo per loro stessi, ma per il bene del proprio Paese (per alcuni anni i biglietti dei bastimenti erano offerti dallo Stato). Nell’emigrazione si è per la prima volta costituita l’unità nazionale. Nei quartieri delle città estere abitati da italiani si trovano dai veneti ai siciliani, senza distinzioni. E il maggior simbolo di identità fu il cibo, prima di tutto la pasta".
Il tema dell’emigrazione ha fatto capolino in molte altre opere presentate in concorso. Pellicole provenienti da tutto il mondo che analizzano i motivi per cui molte donne e uomini sono costretti, contro voglia, a lasciare la loro terra d’origine e i loro cari per cercare la speranza in una vita dignitosa altrove: "Sono storie – ci dice Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia, tra i più assidui frequentatori delle sale del festival – di un’agricoltura spezzata, svuotata, snaturata dei valori più profondi e propri dei popoli. Conoscere queste realtà ci aiuta a capire meglio cosa sta succedendo nel mondo, a leggere con un’altra visione il peregrinare faticoso, pieno di difficoltà e umiliazioni, di molte persone: ci aiuta, forse, a fare scelte più giuste di quelle che si stanno facendo".

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