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Gian Maria Volonté

16 luglio 2013

L’exploit con i primi due capitoli della Trilogia del dollaro firmata da Sergio Leone (Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più), per poi divenire il volto simbolo del nostro cinema d’impegno civile.

Tre serate in Piazza Maggiore (sempre alle ore 22) promosse dalla Cineteca di Bologna per il cartellone di Sotto le stelle del Cinema con Gian Maria Volonté:

- primo appuntamento domani, mercoledì 17 luglio, con la versione restaurata del film Il caso Mattei (diretto da Francesco Rosi nel 1972; il restauro, realizzato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata della Cineteca di Bologna è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2012, in occasione del Leone d’Oro alla Carriera proprio a Francesco Rosi);

- giovedì 18 luglio, Gian Maria Volonté sarà invece nelle mani di Elio Petri per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), restaurato anch’esso dal laboratorio L’Immagine Ritrovato;


- venerdì 19 luglio, Francesco Rosi torna alla ricerca di una narrazione che ritragga i grandi momenti della storia d’Italia, e si ispira (nel 1979) qui a uno dei più grandi libri della nostra letteratura, Cristo si è fermato a Eboli, resoconto in prima persona dell’esilio subito dall’intellettuale e antifascista torinese Carlo Levi, capace di trovare nella cultura rurale del Sud quell’ispirazione artistica e politica che ne avrebbe poi segnato pensiero e produzione letteraria e pittorica.


Sotto le stelle del cinema

Mercoledì 17 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
IL CASO MATTEI (Italia/1972) di Francesco Rosi (116’)
Serata promossa da Mare Termale Bolognese

Pensai a un film perché del caso Mattei si parlava come di “un delitto o un incidente”. Non ho fatto il film per sostenere che Mattei fosse stato ucciso. La mia opera ha una struttura dialettica, in cui vivono sia la tesi dell’assassinio sia quella dell’incidente. L’idea mi venne durante una fase in cui ne parlavano alcuni giornali. Non molti, per la verità. Mattei è stato sempre un argomento toccato con molta prudenza, un tabù. Mi piaceva raccontare l’Italia del dopoguerra attraverso questo personaggio così problematico e controverso. […] Mi sono reso conto subito che dovevo raccontare il personaggio. Le parole migliori credo le abbia trovate il grande Indro Montanelli: “È vero, Mattei era più grigio di come l’ha fatto Volonté, ma la verità è che Mattei avrebbe voluto essere proprio così”. Aggiungo che per preparare il personaggio, lavorammo con Volonté molto più a lungo di quanto fosse necessario di solito. Ho voluto che prima di tutto Gian Maria si impadronisse dell’’idea’ Mattei, comprendesse chi era davvero perché fosse così importante. Dovevamo far capire al pubblico cosa aveva significato in quel momento per l’Italia, e allora Volonté, giorno dopo giorno, ‘diventava’ Mattei. Una mattina l’ho notato mentre camminava coi piedi un po’ piatti, e Gian Maria non li aveva affatto così. In quell’istante mi è tornata in mente una fotografia, una tra le tante che avevo dato a Volonté. Quando entrava in un personaggio, Gian Maria ne appuntava le immagini su un gran pannello da disegno. E anche per prepararsi a questo film aveva, in effetti, attaccato una foto che raffigurava Mattei dentro una tenda, in Arabia, seduto coi piedi divaricati, come se li avesse un po’ piatti. Volonté non smetteva mai di costruire il personaggio, durante l’intera durata delle riprese del film. Alla fine io, di fronte, non ebbi più Gian Maria, ma Mattei.
Francesco Rosi

Per fare il personaggio di Enrico Mattei ho dovuto certamente documentarmi anch’io. E in modo critico, facendomi un’idea del personaggio reale che Mattei era stato, un uomo che fatto cose importanti sul piano della politica economica nazionale ma che ha avuto anche i suoi limiti e il cui torto maggiore è stato forse di voler lottare da solo, in un paese come l’Italia dove non c’era – come ha scritto a suo tempo Moravia – una borghesia sufficientemente illuminata che potesse sostenerlo.
Gian Maria Volonté


Giovedì 18 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO (Italia/1970) di Elio Petri (112’)
Serata promossa da Unipol Banca

Il film è nato dall’idea mia e di Petri di scrivere ancora un film in cui ci fosse un buon ruolo per Gian Maria Volonté. Fu soprattutto il suo giudizio entusiastico che ci fece decidere. Indagine nacque in un clima arroventato, in un momento di grande euforia politica, di grandi speranze, che entusiasmo sia Petri sia me. Insomma, il film non è proprio immaginabile in un’epoca diversa, cioè dopo o prima del ’68.
Ugo Pirro

Agli inizi di febbraio 1970, in un clima percorso da grandissime tensioni (due mesi prima era scoppiata la bomba di Piazza Fontana a Milano; gli operai proseguivano le agitazioni iniziate nell’autunno caldo del ’69; le forze di polizia operavano repressioni durissime), il nuovo lungometraggio di Elio Petri, scritto con Pirro e interpretato da Volonté e Florinda Bolkan (preceduto da agitate visioni private, come racconta Pirro) viene proiettato in prima visione a Milano. L’effetto è dirompente: invece del temuto sequestro si assiste a un successo di pubblico enorme ed improvviso, nonché all’accendersi di un polemico dibattito in sede critica, che spaccò nettamente gli schieramenti. Lo stesso Petri fu colpito dal fatto che ‘critici extraparlamentari’ lo giudicarono un film al servizio della polizia, mentre altri, come Adelio Ferrero dalle pagine di Cinema Nuovo, lo ritennero sostanzialmente privo di effettive istanze critiche e totalmente estraneo alla denuncia politica. Tuttavia, sia tra gli estimatori che tra i detrattori del film, nessuno poté fare a meno di notare l’interpretazione del protagonista: “Volonté ha costruito il suo poliziotto con grande bravura, riuscendo a far coincidere in un ritratto memorabile i connotati psico-somatici del personaggio e dell’interprete” (Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, 13 febbraio 1970) […]. Indagine era, alla fine dell’anno, terzo nella classifica per incasso dei film italiani e di coproduzione, […] ed è uno tra i film italiani più premiati: ha ottenuto (oltre a riconoscimenti per la migliore interpretazione maschile) l’Oscar 1970 come miglior film in lingua non inglese.
Fabrizio Deriu

In generale, lavoro sui miei personaggi nel modo in cui chi fa un’inchiesta raccoglie tutta la documentazione possibile sull’argomento che lo interessa. La mia preparazione avviene dunque più su un piano giornalistico che drammatico, e si stabilisce a partire dallo stesso materiale raccolto e utilizzato dallo sceneggiatore per costruire il suo soggetto. È stato così anche per il commissario di Indagine: il suo modo di parlare, i suoi atteggiamenti, il suo linguaggio, perfino il suo modo di pettinarsi, corrispondono a una precisa tradizione che risale ai Borboni e di cui si ritrova tuttora l’immagine nei ministeri.
Gian Maria Volonté


Venerdì 19 luglio, ore 22, Piazza Maggiore
CRISTO SI È FERMATO A EBOLI (Italia/1979) di Francesco Rosi (150’)

Per tutta la prima parte del film, Volonté parla pochissimo, perché il pubblico deve identificarsi con lui nell’osservazione, nella scoperta del Sud. È uno straniero, uno del Nord, di fronte a una società enormemente diversa da quella da cui proviene, e che suscita curiosità, emozioni, sottili ironie e a volte anche soprassalti di commozione drammatica. Per tutta la prima parte del film il personaggio è quasi muto, e Volonté è davvero bravissimo a esprimere quello che non dice, il pubblico partecipa alle sue scoperte e alle sue emozioni.
Francesco Rosi

Il mondo contadino è l’unico legame tra Padre padrone (di Paolo e Vittorio Taviani, 1977), L’albero degli zoccoli (di Ermanno Olmi, 1978) e Cristo si è fermato a Eboli. Non si può comunque fare a meno di paragonare il capolavoro di Rosi con il mirabile poema contemplativo di Olmi e il racconto di formazione dei fratelli Taviani. Tutto quanto però li distingue. Non soltanto la regia, ma anche il discorso stesso, ancora una volta dialettico in Rosi, in quanto contrappone due culture e ritrae la scoperta progressiva di un mondo tramite uno sguardo estraneo (i volti dei contadini ripresi nelle ultime inquadrature dai finestrini dell’automobile rinviano ai quadri che aprono il film e che lo hanno ispirato). La vita rurale è stata sempre al centro delle preoccupazioni del regista, seguendo un’analoga legge di causalità, come abbiamo notato. Come capire la città e il potere centrale senza studiare la campagna, il posto più sperduto in cui si fa ancora sentire? […] Nell’angolo più sperduto della Lucania, ove neppure Cristo è penetrato, la presenza del fascismo si fa sentire nelle divisioni sociali, nei rapporti di forza, nel ruolo della società civile quale lo intendeva Gramsci parlando dei dannati della terra. […] Lo stile di Rosi – quanto quello di Lang, Losey, Mizoguchi, Boorman, non sono poi tanti – è cosmico. Non perché susciti tempeste o faccia volteggiare la sua macchina da presa, ma perché riesce a far sentire il peso d’una scenografia, a giocare con suoni e luci, a farci percepire la presenza di cose e di esseri umani, le mille vibrazioni del mondo.
Michel Ciment

Il salto da Cadaveri eccellenti a Cristo si è fermato a Eboli è un salto nell’osservazione e nell’emozione pura […]. Rosi ha un senso della composizione tra i più grandi della storia del cinema; lo spettatore è tenuto in uno stato di esaltazione emotiva perché non c’è inquadratura che non rafforzi l’atmosfera. Rosi è consapevole del peso che ha la morte di un essere umano, e tutto il suo ultimo film è pervaso dalla scomparsa della figura della madre. L’aria è piena di vita e di morte, il brusio e lo stridio di piccioni che prendono il volo e atterrano, il ronzio degli insetti. La macchina da presa ci fa da guida, e noi ci fidiamo dei suoi movimenti. C’è sempre qualche altra cosa da svelare: Rosi sta scoprendo la vita.
Pauline Kael



Sotto le stelle del Cinema
21 giugno – 30 luglio
Piazza Maggiore

Sotto le stelle del Cinema fa parte di Bè – Bologna Estate 2013

Ufficio stampa Cineteca di Bologna
Andrea Ravagnan
(+39) 0512194833
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