TOTÒ, PEPPINO E LA… MALAFEMMINA
(Italia/1956) di Camillo Mastrocinque (105')
Soggetto: Nicola Manzari. Sceneggiatura: Sandro Continenza, Nicola Manzari, Edoardo Anton, Francesco Thellung. Fotografia: Mario Albertelli. Montaggio: Gisa Radicchi Levi. Scenografia: Alberto Boccianti. Musica: Lelio Luttazzi. Interpreti: Totò (Antonio Caponi), Peppino De Filippo
(Peppino Caponi), Dorian Gray (Marisa), Teddy Reno (Gianni), Vittoria Crispo (Lucia), Nino Manfredi (Raffaele), Mario Castellani (Mezzacapa), Edoardo Toniolo (Remo), Corrado Annicelli (conte), Franco Rimoldi (vigile). Produzione: D.D.L.
Versione originale con sottotitoli inglesi
Copia proveniente da Istituto Luce Cinecittà per concessione di Movietime
La scena della lettera, secondo la testimonianza diretta di Teddy Reno, nasce all’inizio come ricordo manipolato di un episodio analogo nel film Miseria e nobiltà. Anni dopo, Ettore Scola rivelerà che nel testo ci sarebbe anche il suo zampino, ma il grosso è frutto della genialità d’antica scuola dei due protagonisti: centro comico del film, gorgo di vertiginosa buffoneria, devastante incursione nel linguaggio, soqquadro di sintassi e senso comune, è tra i momenti più celebri e citati del cinema italiano. Teddy Reno la vede nascere direttamente sul set, dopo un breve conciliabolo fra Totò e Peppino poco distante dai riflettori: “Uno diceva una battuta, l’altro si metteva a ridere, l’altro diceva una battuta, ridevano, non ridevano... A un certo momento mi sono accorto che ridevano tutti e due, erano soddisfattissimi. Al pomeriggio di quel giorno nessuno si aspettava la lettera, perché non era scritta nel cosiddetto copione: hanno preso di sorpresa tutti, compreso il produttore”. Si gira, e il risultato è talmente travolgente che un tecnico delle luci si lascia scappare una sonora risata rovinando la ripresa. Una commissione interna evita che il poveraccio venga licenziato ma Totò e Peppino, arrabbiati per l’interruzione, hanno bisogno di sbollire un paio di giorni prima di rifarla. La scena montata è probabilmente un misto dei due ciak, incollati tra loro grazie a pleonastici inserti di Vittoria Crispo, la sorella dei Caponi. Totò, Peppino e la... malafemmina è il secondo film della coppia, o forse il primo vero e proprio, perché La banda degli onesti era interpretata da un terzetto. Il duo si scopre qui miracolosamente e definitivamente complementare; l’impresa di mettere su uno stesso piano l’umanità di Peppino e la ‘disumanità’ di Totò riesce perché ciascuno cede qualcosa all’altro (Totò si lascia un poco addomesticare, Peppino accetta di misurarsi anche con l’assurdo), mantenendo però sempre le rispettive caratteristiche per giocarle in chiave di differenziazione. Affiatati dalle comuni esperienze giovanili e da un’amicizia che ha attraversato anche gli anni tempestosi della guerra, Antonio e Peppino si ritrovano fratelli nel cinema, e possono mettere in scena la loro opposizione basandosi su un’intimità quasi famigliare. Forse l’affiatamento fraterno è anche un riflesso dei rispettivi disagi esistenziali, dei difficili natali di Antonio e dei contrasti che Peppino ha da anni con Eduardo. Entrambi figli di padre incerto, sussurrato o messo in dubbio, sullo schermo l’uno trova in Peppino il fratello che non ha mai avuto, l’altro scopre in Totò il fratello che avrebbe voluto scegliersi. […] Dopo quello della lettera, altri momenti di Totò, Peppino e la... malafemmina sono da antologia: la trattativa con Mezzacapa (Mario Castellani) per risarcirgli un muro, l’arrivo intabarrati allan Stazione Centrale di Milano, il colloquio in piazza del Duomo col vigile milanese (non un vero ‘ghisa’ ma il ballerino di rivista Franco Rimoldi). (Alberto Anile)
Tariffe:
Ingresso libero
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