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JACKIE

(Cile-Francia-USA/2016) di Pablo Larraín (100')

Sceneggiatura: Noah Oppenheim. Fotografia: Stéphane Fontaine. Montaggio: Sebastián Sepúlveda. Scenografia: Jean Rabasse. Musica: Mica Levi. Interpreti: Natalie Portman (Jacqueline Kennedy), Peter Sarsgaard (Robert Kennedy), Greta Gerwig (Nancy Tuckerman), Billy Crudup (il giornalista), John Hurt (il prete), Richard E. Grant (Bill Walton), Max Casella (Jack Valenti), Beth Grant (Lady Bird Johnson), John Carroll Lynch (Lyndon B. Johnson) Caspar Phillipson (John Fitzgerald Kennedy). Produzione: Juan de Dios Larraín, Darren Aronofsky, Mickey Liddell, Scott Franklin, Ari Handel per Jackie Productions Limited.
Versione originale con sottotitoli italiani


All’indomani della morte del marito, Jacqueline Lee Bouvier in Kennedy rilascia un’intervista per raccontare il presidente e per costruirne il mito nazionale. La sua opera di creatrice d’immagine è culminata nel solenne funerale, in processione a Washington davanti ai potenti della Terra.
Per Larraín e il suo sceneggiatore Noah Oppenheim, Jackie è la vera artefice del mito di Kennedy. Un personaggio postmoderno, della società dello spettacolo. Mentre Bob Kennedy si interroga sul fallimento o almeno sull’incompiutezza dell’esperienza presidenziale (Cosa abbiamo fatto davvero? Cosa abbiamo lasciato in eredità?), Jackie vive paradossalmente, in questa tragedia che la travolge, il trionfo della propria missione. “Sto solo facendo il mio lavoro” dice, e il suo lavoro è creare una nuova regalità (“majesty”, dice in originale), inventare una tradizione.
Colpisce, del film di Larraín, non solo l’eleganza della regia o la bravura degli interpreti (Natalie Portman virtuosistica), ma la sottigliezza politica. I giorni del lutto sono intarsiati di flashback, e in fondo questa trasferta americana rende più limpido il discorso disincantato di Larraín sul potere, la verità, i media. In No il pubblicitario batteva Pinochet con una campagna spregiudicata, puntando su un mondo roseo d’evasione. In Neruda il poeta-esteta trionfava idealmente sulla dittatura grazie all’arte del trasformismo e della menzogna (artistica). Jackie crea quella che oggi si chiamerebbe una ‘narrazione’ (o, come dice lei, “un grande spettacolo”) […]. Il nuovo corpo del sovrano democratico e di massa, ci racconta Larraín, è fatto di stoffa pop. La morte catturata da una cinepresa può essere ri-consacrata da un funerale in diretta televisiva. (Emiliano Morreale)


Piena di stile, desiderabile, sofisticata, Jacqueline Kennedy è stata una delle donne più fotografate e presenti nella cronaca del XX secolo. Eppure sappiamo poco di lei. Estremamente discreta e imperscrutabile, è forse la donna famosa meno conosciuta dell’era moderna. Mi piace pensare che non avremo mai certezze su di lei. Non conosceremo mai il suo profumo, o che luce avesse negli occhi quando la incontravi. Tutto ciò che possiamo fare è cercare. E mettere insieme un film fatto di frammenti. Brandelli di ricordi. Luoghi. Idee. Immagini. Persone. Il Presidente Kennedy morì giovane – il tempo in cui rimase in carica venne interrotto bruscamente, i pochi successi conseguiti rischiavano di essere presto dimenticati. Persino mentre era offuscata dal dolore della perdita, Jacqueline Kennedy sapeva che qualcuno avrebbe dovuto portare a compimento la sua storia. Nel corso di pochissimi giorni riuscì a trasformare suo marito in una leggenda. Definì la sua immagine e rafforzò quella che sarebbe stata la sua eredità politica. E facendo questo divenne lei stessa un’icona, conosciuta per sempre in tutto il mondo con il solo nome di battesimo… Jackie. (Pablo Larraín)

Proiezioni:
Domenica 5 agosto 2018
Piazza Maggiore
21.30
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema 2018
Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

Cartolina dell'evento

Tipo di File: PDF Dimensione: 1.17 Mb