I TENENBAUM
(The Royal Tenenbaum, USA/2001) di Wes Anderson (110')
Introduce Giacomo Manzoli
Sceneggiatura: Wes Anderson, Owen Wilson. Fotografia: Robert Yeoman. Montaggio: Dylan Tichenor. Scenografia: David Wasco, Carl Sprague. Musica: Mark Mothersbaugh. Interpreti: Gene Hackman (Royal Tenenbaum), Anjelica Huston (Etheline Tenenbaum), Ben Stiller (Chas Tenenbaum), Gwyneth Paltrow (Margot Tenenbaum), Owen Wilson (Eli Cash), Luke Wilson (Richie Tenenbaum), Bill Murray (Raleigh St. Clair), Danny Glover (Henry Sherman), Seymour Cassel (Dusty), Alec Baldwin (voce narrante). Produzione: Wes Anderson, Barry Mendel, Scott Rudin per Touchstone Pictures.
Versione originale con sottotitoli italiani
I padri sono portatori di un amore sano e imperfetto e Royal (un Gene Hackman prodigioso) è inaffidabile e cordiale, mascalzone e dolce, canaglia e comprensivo. La famiglia è una cellula anomala e bizzarra. È un set privilegiato dell’analisi, della letteratura e del cinema. Fa, per questioni di dote e corredo (genetico), spettacolo. Le stanze dei figli e quelle dei genitori sono riproduzioni di cataloghi di oggetti, di enciclopedie cognitive, di collezioni di dischi, di copertine di libri. L’ineffabilità dei Tenenbaum non è l’orgoglio spigoloso degli Amberson e ha il talento finanziario di Chas (Ben Stiller con figli al seguito, antichi rancori, tuta rossa come vestito abituale e nell’armadio c’è anche una tuta da lutto), la vocazione di scrittrice per il teatro di Margot (Gwyneth Paltrow, pelliccia indossata come un accappatoio, occhi bistrati, molletta rossa tra i capelli, dito di legno, un marito neurologo alle prese con esperimenti incomprensibili), l’agilità del campione di tennis di Richie (fascia da competizione sulla fronte, innamorato infelice della sorellastra Margot, falconiere, imbarcato, per dimenticare, sulle navi da crociera). […] Wes Anderson al terzo film (uno dei picchi del cinema hollywoodiano recente), scritto con l’amico Owen Wilson […], mette in posa l’impossibilità della cosiddetta normalità e della presunta eccezionalità in una commedia sullo sconforto. Essere in una realtà che somiglia alla pagina di un libro, a una canzone dei Beatles o dei Rolling Stones, in una ballata di Bob Dylan o in un brano di Satie, ad una illustrazione del “New Yorker”, ad una parata di goffaggine, gaglioffaggine e genialità dell’ordinario. Anderson impagina i suoi personaggi (gli attori sono sublimi) come l’autore di un raffinato, snob, stupendo volume fotografico su quadri (la geometria e la gerarchia nelle inquadrature è tutta da studiare e da apprezzare) di un’esposizione a New York. Ritratti e autoritratto di un artista, da giovane.
(Emanuela Martini)
Innanzitutto mi vengono in mente i personaggi. In situazioni precise e spesso incongrue. Essendo affascinato dai geni, ho avuto l’idea di una famiglia che ne annoverasse tre in calzoni corti e che la vita aveva maltrattato. Ho riflettuto, ho rivisto i film di Truffaut, che adoro, L’orgoglio degli Amberson, di Orson Welles – anche lui un genio precoce segnato dalle vicissitudini della vita – ho immaginato Luke Wilson come un campione che crolla su un campo di tennis, ho ripensato a dei quadri dipinti da mio fratello, ho riascoltato delle canzoni di John Lennon, Bob Dylan, il Quartetto per archi in fa di Ravel, che ho subito voluto per il film, e, di argomento in argomento, Owen Wilson e io abbiamo creato la famiglia Tenenbaum.
(Wes Anderson)
Tariffe:
Ingresso libero
Documenti
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