LA FEBBRE DEL SABATO SERA
(Saturday Night Fever, USA/1977) di John Badham (118')
introduce Giacomo Manzoli
Soggetto: dall’articolo Tribal Rites of the New Saturday Night di Nik Cohn. Sceneggiatura: Norman Wexler. Fotografia: Ralf D. Bode. Montaggio: David Rawlins. Scenografia: Charles Bailey. Musica: Barry Gibb, Robin Gibb, Maurice Gibb, David Shire. Interpreti: John Travolta (Tony Manero), Karen Lynn Gorney (Stephanie Mangano), Barry Miller (Bobby C.), Joseph Cali (Joey), Paul Pape (Double J), Donna Pescow (Annette), Bruce Ornstein (Gus), Val Bisoglio (Frank), Julie Bovasso (Flo), Sam Coppola (Fusco). Produzione: Robert Stigwood per RSO (Robert Stigwood Organization.
Versione originale con sottotitoli italiani
Copia proveniente da Paramount
Restaurato in 4K nel 2016 da Paramount e dal regista John Badham presso i laboratori Technicolor e Deluxe a partire dal negativo originale 35mm e dalle tre matrici 35mm
Dave Kehr lo ha giustamente definito una “versione aggiornata al 1977 di Gioventù bruciata” e un “piccolo solido film, privo di complessità ma fatto con mestiere”. È però anche il dance movie di grande successo che catapultò John Travolta verso la fama dopo una breve carriera teatrale e televisiva (in particolare in I ragazzi del sabato sera). Da Follie d’inverno a Spettacolo di varietà fino a La La Land, la maggior parte dei musical rivela un lato maniaco-depressivo, una tendenza ad attraversare i vari stati d’animo dalla depressione all’euforia. La febbre del sabato sera esaspera in maniera singolare questo schema oscillando tra due visioni contrastanti: il quartiere di Bay Ridge a Brooklyn è una sorta di inferno in terra in cui gli abitanti trascorrono le giornate a umiliarsi reciprocamente, mentre la gloria e l’esaltazione vissute ballando nella discoteca 2001 Odissey assumono tratti paradisiaci e utopici. Chi ricorda il film con affetto tende a concentrarsi sul secondo aspetto, ma è l’interazione tra i due registri che gli conferisce energia.
La sceneggiatura di Norman Wexler (Joe, Serpico, Mandingo) si ispira a un articolo apparso sul “New York Magazine”, Tribal Rites of the New Saturday Night: l’autore, il critico musicale britannico Nik Cohn, una ventina d’anni dopo confessò che il pezzo era frutto d’invenzione più che d’osservazione.
Ma il film di John Badham – che nel director’s cut dura cinque minuti di più – fonda i suoi dettagli su un mondo perfettamente credibile. Diversamente dalla maggior parte dei musical, in La febbre del sabato sera le incursioni nella pura fantasia sono poche; forse l’unica è quella in cui Tony e Stephanie si baciano nel momento più intenso della gara di ballo. Va comunque detto che la scena di ballo culminante è un’altra: il precedente assolo di Tony, la sera in cui Stephanie non si fa vedere in discoteca. Come suggerì Jerry Lewis nella sua parodia di questa scena in Bentornato, picchiatello!, il tipo di fantasia suscitata dal ballo di Travolta è più solipsistica che romantica: l’affermazione di un trionfo solitario.
(Jonathan Rosenbaum)
Tariffe:
Ingresso libero
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